Sacra di San Michele
28 settembre 2024
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Resoconto
LA SACRA DI SAN MICHELE
Con un cielo terso e un sole splendente, siamo giunti allo stupendo santuario che si erige a picco sul monte Pirchiriano (da Pir=fuoco): uno sperone roccioso a 962 metri s.l.m. dove la leggenda racconta sia comparsa una fiamma, accompagnata da un'intensa luce, percepita fin dall’antichità come presenza sacra.
Nei primi secoli del cristianesimo vennero edificate tre cappelle, attualmente inglobate nella chiesa come cripta.
La Sacra si trova in val di Susa, in una traiettoria leggendaria chiamata: la via di San Michele Arcangelo, che unirebbe idealmente ben sette santuari dall'Irlanda fino a Israele.
L'Arcangelo soldato avrebbe tracciato questa linea con la sua spada, spezzando di netto il percorso delle forze del Male.
Nel 1100 arrivarono i monaci benedettini che costruirono dapprima il loro convento e poi vi edificarono la chiesa che sta proprio in cima alla roccia più elevata.
Lo stile preponderante è ovviamente il Romanico.
Per accedervi è necessario percorrere un lungo e ripido scalone che ha fisicamente provato alcuni di noi.
È presente in ogni parte un grande valore simbolico, con segni visibili e chiari, almeno per l'epoca in cui venivano utilizzati.
Lo scalone, in cui venivano esposti anche i corpi dei monaci defunti, rappresenta le fatiche, il dolore, le difficoltà dell'esistenza terrena, che conducono a un cammino di purificazione che termina nel portale d'arrivo, scolpito nel medioevo con costellazioni e segni dell'oroscopo, indicanti l'appartenenza universale e che introduce all'aperto, ossia alla spiritualità, al Paradiso, rappresentato dalla chiesa stessa.
Dopo il 1300 la Sacra ebbe un declino che culminò con l'abbandono totale nel ‘600, venendo poi definitivamente saccheggiata a fine ‘700 dall'esercito francese.
Nel 1800 però, per volontà del sovrano Carlo Felice di Savoia, venne restaurata e messa in sicurezza dai contrafforti di Alfredo D’Andrade e affidata ai Padri Rosminiani, che tutt’ora l'hanno in custodia e vi risiedono.
All'interno, a fianco dell'altare, spicca il quadro cinquecentesco di San Michele che brandisce la spada per colpire il Demonio; mentre nell'abside, la statua dell'Arcangelo Gabriele annuncia a Maria il Salvatore, indicando anche la luce che penetra dal finestrone centrale e che inonda puntualmente la navata proprio il giorno della festa dedicata ai tre Arcangeli (29 settembre).
Nell'uscita di un'intera giornata non poteva certo mancare un ottimo pranzo, gustato particolarmente perché accompagnato da un duo di bravi musicisti e dalle danze di alcune coppie coraggiose!
Infine, visita a un allevamento bovino con piccolo caseificio annesso, per concludere poi con qualche passo sul pontile del vicino lago di Avigliana.
Mentre tornavamo, “l'amico sole” ci ha accompagnati fino all'arrivo, regalandoci un magico tramonto.
Elisa Vigevano
Con un cielo terso e un sole splendente, siamo giunti allo stupendo santuario che si erige a picco sul monte Pirchiriano (da Pir=fuoco): uno sperone roccioso a 962 metri s.l.m. dove la leggenda racconta sia comparsa una fiamma, accompagnata da un'intensa luce, percepita fin dall’antichità come presenza sacra.
Nei primi secoli del cristianesimo vennero edificate tre cappelle, attualmente inglobate nella chiesa come cripta.
La Sacra si trova in val di Susa, in una traiettoria leggendaria chiamata: la via di San Michele Arcangelo, che unirebbe idealmente ben sette santuari dall'Irlanda fino a Israele.
L'Arcangelo soldato avrebbe tracciato questa linea con la sua spada, spezzando di netto il percorso delle forze del Male.
Nel 1100 arrivarono i monaci benedettini che costruirono dapprima il loro convento e poi vi edificarono la chiesa che sta proprio in cima alla roccia più elevata.
Lo stile preponderante è ovviamente il Romanico.
Per accedervi è necessario percorrere un lungo e ripido scalone che ha fisicamente provato alcuni di noi.
È presente in ogni parte un grande valore simbolico, con segni visibili e chiari, almeno per l'epoca in cui venivano utilizzati.
Lo scalone, in cui venivano esposti anche i corpi dei monaci defunti, rappresenta le fatiche, il dolore, le difficoltà dell'esistenza terrena, che conducono a un cammino di purificazione che termina nel portale d'arrivo, scolpito nel medioevo con costellazioni e segni dell'oroscopo, indicanti l'appartenenza universale e che introduce all'aperto, ossia alla spiritualità, al Paradiso, rappresentato dalla chiesa stessa.
Dopo il 1300 la Sacra ebbe un declino che culminò con l'abbandono totale nel ‘600, venendo poi definitivamente saccheggiata a fine ‘700 dall'esercito francese.
Nel 1800 però, per volontà del sovrano Carlo Felice di Savoia, venne restaurata e messa in sicurezza dai contrafforti di Alfredo D’Andrade e affidata ai Padri Rosminiani, che tutt’ora l'hanno in custodia e vi risiedono.
All'interno, a fianco dell'altare, spicca il quadro cinquecentesco di San Michele che brandisce la spada per colpire il Demonio; mentre nell'abside, la statua dell'Arcangelo Gabriele annuncia a Maria il Salvatore, indicando anche la luce che penetra dal finestrone centrale e che inonda puntualmente la navata proprio il giorno della festa dedicata ai tre Arcangeli (29 settembre).
Nell'uscita di un'intera giornata non poteva certo mancare un ottimo pranzo, gustato particolarmente perché accompagnato da un duo di bravi musicisti e dalle danze di alcune coppie coraggiose!
Infine, visita a un allevamento bovino con piccolo caseificio annesso, per concludere poi con qualche passo sul pontile del vicino lago di Avigliana.
Mentre tornavamo, “l'amico sole” ci ha accompagnati fino all'arrivo, regalandoci un magico tramonto.
Elisa Vigevano