Casentino
18 - 21 aprile 2023
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Resoconto
TOUR DEL CASENTINO
Arte, spiritualità, storia, natura e gastronomia sono i leit motiv del tour nel Casentino.
Il primo giorno siamo partiti alla volta del Santuario di Chiusi della Verna che è posto su un aspro monte tagliato a picco fra boschi di faggeti e abeti.
Il Santuario si è presentato dentro la massicciata con un’articolata architettura.
Qui San Francesco nel 1224 si ritirò per i consueti periodi di silenzio e preghiera e ricevette le stimmate.
Questo monte fu donato dal conte Orlando Catalani a San Francesco nel Castello di San Leo in occasione di un incontro per un’investitura.
Il Santuario custodisce diversi tesori di arte Robbiana e infatti al suo interno si trovano varie opere di Andrea della Robbia, rappresentazioni di Madonne con il Bambino in terracotta e invetriate (un sistema veramente innovativo per l’epoca che consentiva la conservazione nel tempo del manufatto).
Abbiamo percorso un lungo corridoio che porta alla cappella delle stimmate con 21 affreschi del ‘900 a opera di Baccio Maria Bacci che raffigurano i momenti salienti della vita del Santo.
Siamo giunti poi nella piccola cappella dove si trova il punto esatto in cui San Fracesco ricevette le stimmate.
All’esterno, in un anfratto della roccia in un luogo umido e vischioso, abbiamo visitato la piccola grotta dove San Francesco dormiva e riposava.
In una lastra di marmo si trova la citazione di Dante che ricorda questo episodio “nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo che le sue membra due anni portarno” (Paradiso XI 106-108).
L’impegnativa eredità di San Francesco diventa il principale messaggio che la comunità desidera trasmettere a tutti coloro che visitano la Verna.
Soddisfatti, ma stanchi e infreddoliti, siamo tornati all’hotel Park per la sistemazione.
Il secondo giorno abbiamo visitato Sansepolcro, città che ha dato i natali a Piero della Francesca e, dopo l’incontro con la piacevole guida, abbiamo visitato il Borgo (situato al confine con le regioni Umbria e Marche).
Lo stesso viene fatto risalire al X secolo e, secondo la tradizione locale, fu opera di Arcano e di Egidio: due pellegrini di ritorno dalla Terra Santa che vi fondarono una comunità monastica attorno alla quale si sviluppò poi il borgo.
Il centro presenta la bellissima piazza della Torre dove si affacciano due fra gli edifici più antichi: Palazzo Pichi (XVI sec.) e palazzo Giovagnoli (XII sec.) nonché la trecentesca Cattedrale di San Giovanni Evangelista nella cui sacrestia si trova un tabernacolo di terracotta invetriata di Andrea della Robbia, una pala raffigurante l’ascensione di Cristo di Pietro Vannucci detto il Perugino e un crocefisso di Bartolomeo La Gatta.
Siamo passati per il Palazzo, in stile rinascimentale, dove visse Piero della Francesca e dove fu rinvenuto un dipinto raffigurante Ercole, unico soggetto pagano della sua produzione, ora esposto a Boston.
A Sansepolcro il museo è stato il pezzo forte della città: ospitato presso il Palazzo trecentesco dei Conservatori, è ricco di opere d’arte.
Nella prima sala si trova il ritratto di Piero della Francesca di Santi di Tito e un dipinto che ritrae il pittore in età avanzata intento all’insegnamento della geometria di Angelo Tricca.
Nelle altre sale abbiamo ammirato un polittico con Maria protettrice al centro, il viso di San Giuliano e l’ascensione di Cristo di Piero della Francesca.
Dello stesso Palazzo abbiamo trovate esposte antiche chiavi, chiavistelli e meccanismi ferrei di chiusura delle porte.
Siamo partiti in seguito per Anghiari, divenuta famosa per la battaglia combattuta fra fiorentini e milanesi nel 1440 e poi riprodotta da Leonardo da Vinci per il salone del Palazzo Vecchio di Firenze.
Il borgo è situato a soli 5 km dall’Umbria dalla parte della Val Tiberina.
Ci siamo incamminati lungo le antiche mura fino ad arrivare alla chiesa di Santa Maria delle Grazie o della “Propositura” dove abbiamo potuto apprezzare un dipinto raffigurante l’ultima cena e la lavanda dei piedi del pittore fiorentino Antonino Sogliani e un altro dipinto “La deposizione dalla Croce” di Bartolomeo Ubaldini.
Nel pomeriggio ci siamo trasferiti a Monterchi principalmente per ammirare la Madonna del parto di Piero della Francesca: si tratta di un affresco originariamente posto nella cappella del locale cimitero e poi, per ragioni conservative, trasferito in un ampio salone delle ex scuole.
Si tratta di un affresco unico nel suo genere perché non era mai stata rappresentata la Madonna gravida.
Sempre a Monterchi siamo stati al Museo delle Bilance e dei Pesi che occupa palazzo Massi e che espone strumenti di pesi, misure e capacità che ripercorrono la storia dal 1400 al 1948.
Nacque grazie alla passione e alla disponibilità di Velio Ortolani, straordinario collezionista che mise a disposizione parte della sua raccolta, una dei più importanti del modo.
Il pezzo più antico è del ‘400, il più recente (una bilancia a braccia uguali) del 1948.
Il terzo giorno ci siamo recati nel Borgo antico di Poppi con visita principalmente al Castello che, posto su un’altura e di proprietà dei Conti Guidi, rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura medievale.
Lo stesso fu testimone della famosa battaglia di Campaldino (1289), fra fiorentini e Aretini, a cui prese parte anche Dante Alighieri.
Al castello, cinto da mura a merlatura guelfa, si accede attraverso la porta del leone.
Nella suggestiva corte interna spiccano una grande scalinata quattrocentesca con ballatoi in legno e pregevoli soffitti originali mentre alle pareti si notano numerosi stemmi delle casate che si sono succedute nel casentino.
Ai piani superiori troviamo il Salone delle Feste con soffitto a capriate e travi finemente decorate.
Da evidenziare è la cappella per i suoi meravigliosi affreschi, raffiguranti le storie del vangelo, attribuiti a Taddeo Gaddi, allievo di Giotto.
Infine ci ha stupito la biblioteca Rilliana, dotata di 25 mila volumi antichi e 800 manoscritti di cui 150 medievali e 700 incunaboli.
Insomma un vero tuffo nel passato, culturale, artistico e storico.
Laciato il Castello, siamo entrati nel centro storico ed è stato molto piacevole camminare nel suo saliscendi, tipico dei borghi collinari e, attraverso numerosi porticati, siamo arrivati alla Badia di San Fedele.
Questa Chiesa è una delle strutture più interessanti del Casentino da un punto di vista storico-architettonico per le opere che conserva.
La badia è dedicata al Beato Torello, patrono di Poppi e protettore dei fanciulli, i cui resti sono conservati nella cripta della chiesa stessa.
Fra i dipinti, una particolare attenzione va rivolta alla Madonna con il Bambino che ha un volto da adulto e il saio francescano di Mastro della Maddalena ma anche all’Ascensione della Madonna di Ottavio Vannini e a un bellissimo crocefisso di Gian Battista Naldini.
Abbiamo proseguito poi per una breve visita per la Chiesa della Madonna del Morbo: è una piccola chiesa che si trova nel centro storico e dove si venera una Madonna che pare abbia protetto gli abitanti da una pestilenza.
La struttura è molto particolare: la Cupola è a pianta esagonale circondata su tre lati da un elegante porticato.
Ci siamo successivamente recati a un birrificio artigianale dove il proprietario ci ha illustrato tutti i procedimenti per la lavorazione delle materie prime e per la trasformazione e la produzione delle varie birre con degustazione delle stesse.
In questo birrificio abbiamo anche assaporato diversi manicaretti toscani abbinati alle loro birre compresa quella alle castagne.
Nel pomeriggio siamo partiti alla volta di Camaldoli.
In questo monastero, che ha come regole fondamentali l’esperienza monastica benedettina, si viveva nella solitudine, nella preghiera e nella comunità.
La comunità di Camaldoli, fondata da San Romualdo intorno al 1025, è immersa nella pace della foresta e ha come caratteristica quella di avere due polarità: infatti è costituita dal Sacro eremo e dal Monastero o Cenobio.
Inizialmente l’eremo era costituito da sole 5 celle e prevedeva spazi per alcuni momenti in comune.
Poi si iniziò a costruire, tre km più a valle, il monastero e, accanto allo stesso abbiamo potuto visitare la sua antica farmacia: luogo di grande fascino dove i monaci lavorano e preparavano le erbe medicinali.
Oggi è possibile acquistare anche prodotti per la cosmesi, i vini, oli e liquori.
L’ultimo giorno siamo stati a Stia lungo la via Maior che collega Firenze al Casentino.
Appena scesi dal pullman ci ha colti di sorpresa una magnifica cascata formata dal fiume Staggia, affluente dell’Arno, che qui scorre nelle vicinanze.
Abbiamo percorso l’antica piazza Tanucci, che fu il set del film “Il Ciclone” di Pieraccioni, dove si affaccia la Pive di Santa Maria Assunta in stile romanico.
All’interno abbiamo ammirato un dipinto della Vergine con Bambino della scuola di Cimabue, un trittico con Annunciazione di Maria di Bicci di Lorenzo e una Madonna con Bambina di Andrea della Robbia.
In tarda mattinata abbiamo visitato il Museo della Lana.
Questo lanificio, mirabile esempio di archeologia industriale, ha ripreso vita non più come luogo di produzione ma come centro di diffusione della cultura tessile del Casentino.
All’ingresso abbiamo trovato un’esperta guida che ci ha illustrato tutti i procedimenti della lavorazione della lana nel corso dei secoli e i vecchi macchinari: dalla tosatura, alla cardatura, alla filatura e alla tessitura finale.
Inoltre abbiamo visionato documenti, cartacei e oggetti legati all’attività produttiva del lanificio con testimonianze sia sulla vita del lanificio stesso che degli uomini che vi lavoravano.
Nel ‘900 i macchinari hanno iniziato a funzionare grazie alla energia idroelettrica con turbine essendo la fabbrica ubicata nelle vicinanze di un fiume.
Il simbolo forte di questo lanificio è il pregiato panno casentino, una particolare lavorazione della lana in rilievo.
Anche Andrey Herpburn indossò un cappotto di questo panno nella classica colorazione rosso-arancio nel film “Colazione da Tiffany”.
Abbiamo proseguito il nostro itinerario visitando i resti del Castello di Romena che, originariamente appartenuto ai Conti Guidi, si raggiunge lungo una strada sterrata affiancata da splendidi e tipici cipressi toscani.
Originariamente il castello aveva tre alti torri con 11 torrini ed era cinto da mura.
E’ quasi certo che Dante vi soggiornò nel suo esilio.
Il Poeta cita tale località nel XXX canto dell’Inferno collocando tra gli assetati il falsario Mastro Adamo che qui falsificò i fiorini e per questo fu condannato e arso vivo.
Anche D’Annunzio, nel 1902, frequentò questo Castello come ospite dell’attuale famiglia Goretti De Flamini, componendo il Libro III della Laudi, Alcione.
Nel tardo pomeriggio, soddisfatti, abbiamo fatto ritorno a casa.
Potrei concludere con una citazione di Dante: “Con il soggiorno in Casentino ho lasciato l’odio per i miei nemici, ho perdonato il male subito e ora sento l’amore come energia positiva per me e per l’universo in rapporto a tutto il creato, la natura, gli uomini”.
Ed io aggiungerei: ”dopo aver nutrito la mente non abbiamo nemmeno trascurato la pancia che abbiamo ampiamente ristorato con gustosi pranzetti presso aziende agrituristiche di cui abbiamo apprezzato i rinomati e tipici prodotti locali.
Grazia Maria Albertini
Arte, spiritualità, storia, natura e gastronomia sono i leit motiv del tour nel Casentino.
Il primo giorno siamo partiti alla volta del Santuario di Chiusi della Verna che è posto su un aspro monte tagliato a picco fra boschi di faggeti e abeti.
Il Santuario si è presentato dentro la massicciata con un’articolata architettura.
Qui San Francesco nel 1224 si ritirò per i consueti periodi di silenzio e preghiera e ricevette le stimmate.
Questo monte fu donato dal conte Orlando Catalani a San Francesco nel Castello di San Leo in occasione di un incontro per un’investitura.
Il Santuario custodisce diversi tesori di arte Robbiana e infatti al suo interno si trovano varie opere di Andrea della Robbia, rappresentazioni di Madonne con il Bambino in terracotta e invetriate (un sistema veramente innovativo per l’epoca che consentiva la conservazione nel tempo del manufatto).
Abbiamo percorso un lungo corridoio che porta alla cappella delle stimmate con 21 affreschi del ‘900 a opera di Baccio Maria Bacci che raffigurano i momenti salienti della vita del Santo.
Siamo giunti poi nella piccola cappella dove si trova il punto esatto in cui San Fracesco ricevette le stimmate.
All’esterno, in un anfratto della roccia in un luogo umido e vischioso, abbiamo visitato la piccola grotta dove San Francesco dormiva e riposava.
In una lastra di marmo si trova la citazione di Dante che ricorda questo episodio “nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo che le sue membra due anni portarno” (Paradiso XI 106-108).
L’impegnativa eredità di San Francesco diventa il principale messaggio che la comunità desidera trasmettere a tutti coloro che visitano la Verna.
Soddisfatti, ma stanchi e infreddoliti, siamo tornati all’hotel Park per la sistemazione.
Il secondo giorno abbiamo visitato Sansepolcro, città che ha dato i natali a Piero della Francesca e, dopo l’incontro con la piacevole guida, abbiamo visitato il Borgo (situato al confine con le regioni Umbria e Marche).
Lo stesso viene fatto risalire al X secolo e, secondo la tradizione locale, fu opera di Arcano e di Egidio: due pellegrini di ritorno dalla Terra Santa che vi fondarono una comunità monastica attorno alla quale si sviluppò poi il borgo.
Il centro presenta la bellissima piazza della Torre dove si affacciano due fra gli edifici più antichi: Palazzo Pichi (XVI sec.) e palazzo Giovagnoli (XII sec.) nonché la trecentesca Cattedrale di San Giovanni Evangelista nella cui sacrestia si trova un tabernacolo di terracotta invetriata di Andrea della Robbia, una pala raffigurante l’ascensione di Cristo di Pietro Vannucci detto il Perugino e un crocefisso di Bartolomeo La Gatta.
Siamo passati per il Palazzo, in stile rinascimentale, dove visse Piero della Francesca e dove fu rinvenuto un dipinto raffigurante Ercole, unico soggetto pagano della sua produzione, ora esposto a Boston.
A Sansepolcro il museo è stato il pezzo forte della città: ospitato presso il Palazzo trecentesco dei Conservatori, è ricco di opere d’arte.
Nella prima sala si trova il ritratto di Piero della Francesca di Santi di Tito e un dipinto che ritrae il pittore in età avanzata intento all’insegnamento della geometria di Angelo Tricca.
Nelle altre sale abbiamo ammirato un polittico con Maria protettrice al centro, il viso di San Giuliano e l’ascensione di Cristo di Piero della Francesca.
Dello stesso Palazzo abbiamo trovate esposte antiche chiavi, chiavistelli e meccanismi ferrei di chiusura delle porte.
Siamo partiti in seguito per Anghiari, divenuta famosa per la battaglia combattuta fra fiorentini e milanesi nel 1440 e poi riprodotta da Leonardo da Vinci per il salone del Palazzo Vecchio di Firenze.
Il borgo è situato a soli 5 km dall’Umbria dalla parte della Val Tiberina.
Ci siamo incamminati lungo le antiche mura fino ad arrivare alla chiesa di Santa Maria delle Grazie o della “Propositura” dove abbiamo potuto apprezzare un dipinto raffigurante l’ultima cena e la lavanda dei piedi del pittore fiorentino Antonino Sogliani e un altro dipinto “La deposizione dalla Croce” di Bartolomeo Ubaldini.
Nel pomeriggio ci siamo trasferiti a Monterchi principalmente per ammirare la Madonna del parto di Piero della Francesca: si tratta di un affresco originariamente posto nella cappella del locale cimitero e poi, per ragioni conservative, trasferito in un ampio salone delle ex scuole.
Si tratta di un affresco unico nel suo genere perché non era mai stata rappresentata la Madonna gravida.
Sempre a Monterchi siamo stati al Museo delle Bilance e dei Pesi che occupa palazzo Massi e che espone strumenti di pesi, misure e capacità che ripercorrono la storia dal 1400 al 1948.
Nacque grazie alla passione e alla disponibilità di Velio Ortolani, straordinario collezionista che mise a disposizione parte della sua raccolta, una dei più importanti del modo.
Il pezzo più antico è del ‘400, il più recente (una bilancia a braccia uguali) del 1948.
Il terzo giorno ci siamo recati nel Borgo antico di Poppi con visita principalmente al Castello che, posto su un’altura e di proprietà dei Conti Guidi, rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura medievale.
Lo stesso fu testimone della famosa battaglia di Campaldino (1289), fra fiorentini e Aretini, a cui prese parte anche Dante Alighieri.
Al castello, cinto da mura a merlatura guelfa, si accede attraverso la porta del leone.
Nella suggestiva corte interna spiccano una grande scalinata quattrocentesca con ballatoi in legno e pregevoli soffitti originali mentre alle pareti si notano numerosi stemmi delle casate che si sono succedute nel casentino.
Ai piani superiori troviamo il Salone delle Feste con soffitto a capriate e travi finemente decorate.
Da evidenziare è la cappella per i suoi meravigliosi affreschi, raffiguranti le storie del vangelo, attribuiti a Taddeo Gaddi, allievo di Giotto.
Infine ci ha stupito la biblioteca Rilliana, dotata di 25 mila volumi antichi e 800 manoscritti di cui 150 medievali e 700 incunaboli.
Insomma un vero tuffo nel passato, culturale, artistico e storico.
Laciato il Castello, siamo entrati nel centro storico ed è stato molto piacevole camminare nel suo saliscendi, tipico dei borghi collinari e, attraverso numerosi porticati, siamo arrivati alla Badia di San Fedele.
Questa Chiesa è una delle strutture più interessanti del Casentino da un punto di vista storico-architettonico per le opere che conserva.
La badia è dedicata al Beato Torello, patrono di Poppi e protettore dei fanciulli, i cui resti sono conservati nella cripta della chiesa stessa.
Fra i dipinti, una particolare attenzione va rivolta alla Madonna con il Bambino che ha un volto da adulto e il saio francescano di Mastro della Maddalena ma anche all’Ascensione della Madonna di Ottavio Vannini e a un bellissimo crocefisso di Gian Battista Naldini.
Abbiamo proseguito poi per una breve visita per la Chiesa della Madonna del Morbo: è una piccola chiesa che si trova nel centro storico e dove si venera una Madonna che pare abbia protetto gli abitanti da una pestilenza.
La struttura è molto particolare: la Cupola è a pianta esagonale circondata su tre lati da un elegante porticato.
Ci siamo successivamente recati a un birrificio artigianale dove il proprietario ci ha illustrato tutti i procedimenti per la lavorazione delle materie prime e per la trasformazione e la produzione delle varie birre con degustazione delle stesse.
In questo birrificio abbiamo anche assaporato diversi manicaretti toscani abbinati alle loro birre compresa quella alle castagne.
Nel pomeriggio siamo partiti alla volta di Camaldoli.
In questo monastero, che ha come regole fondamentali l’esperienza monastica benedettina, si viveva nella solitudine, nella preghiera e nella comunità.
La comunità di Camaldoli, fondata da San Romualdo intorno al 1025, è immersa nella pace della foresta e ha come caratteristica quella di avere due polarità: infatti è costituita dal Sacro eremo e dal Monastero o Cenobio.
Inizialmente l’eremo era costituito da sole 5 celle e prevedeva spazi per alcuni momenti in comune.
Poi si iniziò a costruire, tre km più a valle, il monastero e, accanto allo stesso abbiamo potuto visitare la sua antica farmacia: luogo di grande fascino dove i monaci lavorano e preparavano le erbe medicinali.
Oggi è possibile acquistare anche prodotti per la cosmesi, i vini, oli e liquori.
L’ultimo giorno siamo stati a Stia lungo la via Maior che collega Firenze al Casentino.
Appena scesi dal pullman ci ha colti di sorpresa una magnifica cascata formata dal fiume Staggia, affluente dell’Arno, che qui scorre nelle vicinanze.
Abbiamo percorso l’antica piazza Tanucci, che fu il set del film “Il Ciclone” di Pieraccioni, dove si affaccia la Pive di Santa Maria Assunta in stile romanico.
All’interno abbiamo ammirato un dipinto della Vergine con Bambino della scuola di Cimabue, un trittico con Annunciazione di Maria di Bicci di Lorenzo e una Madonna con Bambina di Andrea della Robbia.
In tarda mattinata abbiamo visitato il Museo della Lana.
Questo lanificio, mirabile esempio di archeologia industriale, ha ripreso vita non più come luogo di produzione ma come centro di diffusione della cultura tessile del Casentino.
All’ingresso abbiamo trovato un’esperta guida che ci ha illustrato tutti i procedimenti della lavorazione della lana nel corso dei secoli e i vecchi macchinari: dalla tosatura, alla cardatura, alla filatura e alla tessitura finale.
Inoltre abbiamo visionato documenti, cartacei e oggetti legati all’attività produttiva del lanificio con testimonianze sia sulla vita del lanificio stesso che degli uomini che vi lavoravano.
Nel ‘900 i macchinari hanno iniziato a funzionare grazie alla energia idroelettrica con turbine essendo la fabbrica ubicata nelle vicinanze di un fiume.
Il simbolo forte di questo lanificio è il pregiato panno casentino, una particolare lavorazione della lana in rilievo.
Anche Andrey Herpburn indossò un cappotto di questo panno nella classica colorazione rosso-arancio nel film “Colazione da Tiffany”.
Abbiamo proseguito il nostro itinerario visitando i resti del Castello di Romena che, originariamente appartenuto ai Conti Guidi, si raggiunge lungo una strada sterrata affiancata da splendidi e tipici cipressi toscani.
Originariamente il castello aveva tre alti torri con 11 torrini ed era cinto da mura.
E’ quasi certo che Dante vi soggiornò nel suo esilio.
Il Poeta cita tale località nel XXX canto dell’Inferno collocando tra gli assetati il falsario Mastro Adamo che qui falsificò i fiorini e per questo fu condannato e arso vivo.
Anche D’Annunzio, nel 1902, frequentò questo Castello come ospite dell’attuale famiglia Goretti De Flamini, componendo il Libro III della Laudi, Alcione.
Nel tardo pomeriggio, soddisfatti, abbiamo fatto ritorno a casa.
Potrei concludere con una citazione di Dante: “Con il soggiorno in Casentino ho lasciato l’odio per i miei nemici, ho perdonato il male subito e ora sento l’amore come energia positiva per me e per l’universo in rapporto a tutto il creato, la natura, gli uomini”.
Ed io aggiungerei: ”dopo aver nutrito la mente non abbiamo nemmeno trascurato la pancia che abbiamo ampiamente ristorato con gustosi pranzetti presso aziende agrituristiche di cui abbiamo apprezzato i rinomati e tipici prodotti locali.
Grazia Maria Albertini