Articoli del giornalino n.2/2025 - Marzo/Aprile
In cammino nella speranza
Il giubileo del 2025 è incentrato sulla speranza. Peregrinantes in spem è scritto sul logo del giubileo.
Ma che cosa è la speranza? Per trovare una risposta sono andato alla fonte e ho cercato nella Bibbia: la parola “speranza” viene riportata 129 volte. Nell’Antico Testamento 67 volte: assente dai primi sette libri, viene nominata per la prima volta nel libro di Ruth, poi nei libri sapienziali, in particolare in Giobbe (11 volte) e infine nei profeti. Nei vangeli compare solo due volte, in Giovanni, nei colloqui di Gesù con i farisei in relazione all’Antico Testamento. Compare invece ben 40 volte nelle lettere paoline. Perché la parola speranza è praticamente assente dai vangeli? San Paolo ci suggerisce la risposta: nella speranza siamo stati salvati. Ora ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? (Rm 8,24). Gesù è speranza viva. I discepoli lo vedevano, dialogavano con lui, condividevano la vita di ogni giorno. Il regno di Dio è in mezzo a voi, dice Gesù (Lc 17,21). Quando lui è presente c’è la pienezza della vita. Anche oggi il regno di Dio è in mezzo a noi, ma assomiglia a un seme nascosto nel terreno. Seppellito sotto coltri di egoismi, ha bisogno di calore, di cura, per venire alla vita e germogliare. Così la speranza, bambina da nulla, prende per mano le sorelle maggiori, fede e carità e le doppia, le decuplica, le allarga all’infinito.” (Charles Peguy). E il seme germoglia, diventa albero rigoglioso dove gli uccelli del cielo trovano accoglienza e fanno il loro nido. Poi viene l’inverno: rami spogli, braccia tese verso il cielo, nudità di un dolore. Ma sotto una coltre di gelo, celato in un silenzio, riposa un seme di speranza e, a primavera, germoglia a nuova vita. Così è la nostra storia personale, la storia dell’umanità: momenti di luce si alternano a periodi di buio e difficoltà; siamo un popolo in cammino nella speranza. Nella fatica del cammino, domande affollano la mente. Qual’è la ragione profonda della nostra speranza? Verso quale meta tendiamo? Quale speranza doniamo a chi ci è accanto? Domande che suggeriscono molte-plici cammini: ognuno deve dare la propria risposta; poiché ognuno è una parola unica scritta nel libro della Vita. Si tratta allora di chinarsi e rac-cogliere, ad una ad una, le lettere sparse sul terreno per comporre parole nuove; alcune ci sembreranno senza senso, altre aride o scialbe; allora dobbiamo avere il coraggio di buttarle via e ricominciare da capo. Fino a quando una parola che forse ci appare incomprensibile, si illuminerà di una luce: scopriremo che, in un’altra lingua, ha un significato compiuto, è la nostra parola. Quando avremo imparato il linguaggio dell’amore. In questa ricerca, in questo cammino, chiediamo di essere bambine da nulla; per lascarci prendere per mano da Gesù e, inondati dalla luce del suo spirito, diventare trasparenza dell’amore del Padre, per disegnare insieme arcobaleni di speranza nel cielo della vita. Pietro Pinacci |
LA BOIRON E L'OMEOPATIA
L'ingresso all'azienda farmaceutica Boiron, succursale di Segrate, è già una festa per gli occhi: quadri e composizioni coloratissime nonché alcune piante rigogliose colpiscono la nostra attenzione come gli uffici che trasmettono serenità e allegria grazie all'originalità di decori e arredi. La Boiron nasce a Lione in Francia e si distingue subito per una particolare attenzione, umanissima, al cliente cui servono terapie idonee e rispettose dell’individualità e della fragilità che accompagnano un qualunque “malanno", dal più banale al più serio. A un certo punto, inizio anni duemila, c’è un'intuizione: unire l’originalità delle cure omeopatiche a quella di ogni opera d'arte e nasce “Omeoart”, un'associazione che si propone di organizzare mostre d'arte che abbiano due finalità: quella di “parlare" al malato, accostandolo a nuove terapie e quella di creare opere d'arte col recupero di materiali altrimenti destinati alla discarica. “Felicità” e “benessere” son le parole chiave di questa nuova esperienza ma io aggiungerei anche “bellezza” che allieta da sempre l'animo umano, contribuendo anche a una maggior salute fisica e mentale. Da questo, al successivo Omeoart Urban in accordo col Comune di Segrate per contribuire ad allestire aree bambini e arredare il verde pubblico, il passo è breve. L'Omeopatia nasce dallo studio del medico tedesco Hahnemann che ne gettò le basi verso la fine dell'800. Nel 1932 i gemelli Boiron sperimentarono l'efficacia anche scientifica di questo metodo di cura dando il via all'azienda farmaceutica che porta il loro nome. La dottoressa Silvia Nencioni, amministratore delegato della Boiron italiana, ci introduce nell'ambito più specifico della costituzione di un medicinale omeopatico. Le materie prime si ottengono dai tre regni: animale, vegetale, minerale. Per non dilungarmi troppo, riferisco l'ambito di raccolta più comune: 1.200 tipi diversi di piante con il 97% di vegetali freschi di origine montana, biologicamente privi di qualunque tipo di inquinamento e raccolti nel periodo balsamico su base stagionale. Questi prodotti entrano in 24h in laboratorio e sono in produzione entro 48h. Il rimanente 3% è costituito da piante essiccate provenienti da altri continenti e non coltivabili in Europa. La raccolta avviene grazie all'esperienza e professionalità di 120 botanici. Inizia quindi il processo per creare la base di ogni farmaco, ossia la tintura madre. La pianta macera in acqua e alcool da dieci a venti giorni, segue una prima filtrazione, una spremitura e una seconda filtrazione. Poi avviene la diluizione, che è il principio base dell'omeopatia. Avete presente, quando li acquistate, la sigla 2CH, 30CH, ecc...? Ecco, quelli sono i parametri di quanto è stato diluito il prodotto, sempre in atmosfera controllata e soggetto a dinamizzazioni, per ottenere una miscellanea perfetta. Successivamente si inseriscono in globuli o granuli composti di lattosio e saccarosio (caratteristica di durezza antiurto) con una tripla impregnazione e si consumano lasciandoli in zona sublinguale (la più ricettiva del corpo) fino al completo disfacimento che avviene nel giro di pochissimo. A Segrate si procede solo al confezionamento in tubicini e alla distribuzione dei prodotti che sono stivati in un magazzino lindo e ordinato, come abbiamo potuto constatare di persona, in cui spiccano in particolar modo i flaconi delle varie tinture madri, riservati ai grossisti o alle farmacie galeniche, cioè in grado di preparare prodotti finiti. In Italia sono considerati farmaci a tutti gli effetti, possono quindi essere prescritti dai medici e anche essere, come gli altri, portati in detrazione fiscale. La Boiron vende 3.500 tipi di prodotti in tutto il mondo. Elisa Vigevano |
Adriano Olivetti
e una nuova società La bella cronaca di Grazia Maria sul numero di febbraio del giornalino, riguardante la visita alla Olivetti di Ivrea, mi ha fatto riprendere in mano un libretto scritto da Adriano Olivetti nel 1949 dal titolo: “Democrazia senza partiti”, l’edizione è quella della “Comunità Editrice” del 2013. Quarantasette pagine con le quali Olivetti, dopo aver fondato il “Movimento Comunità”, esprime il suo convincimento che la politica, e soprattutto la democrazia, per funzionare bene non hanno bisogno dei partiti. Inizia scrivendo che: “L’Italia procede ancora nel com-promesso… dei grandi piani e delle modeste realizzazioni. Riconosciamo una mancanza di idee, una carenza di uomini, una crisi di partiti.” Settantacinque anni dopo abbiamo la stessa situazione, se non addirittura peggiorata. Nessuno ha sviluppato le proposte di Adriano Olivetti, il suo movimento non ha avuto un gran seguito, ma la sua idea che si possa fare politica democratica senza bisogno dei partiti non è morta. Lo dimostrano i numerosi siti in internet che sono facilmente consultabili. Ad esempio quello dell’associazione “Democrazia senza partiti”, nel cui statuto è previsto un sistema elettorale “che ponga al centro i Sindaci direttamente eletti dai cittadini”. E lo dimostra anche quanto aveva scritto la filosofa francese Simone Weil nel suo “Manifesto per la soppressione dei partiti politici”. Per capire bene come Olivetti presenti il suo progetto, anche nei dettagli operativi, è necessario leggere il suo “Ordine politico delle Comunità” che è il programma fondamentale per la realizzazione di una nuova società. Dunque Adriano Olivetti ha gettato un seme che non è andato perso; forse ci vorrà del tempo prima che germogli e diventi una pianta robusta, ma è probabile che il futuro gli dia ragione. Enrico Sciarini |
Dalla Castiglia ai Paesi Baschi
15-22 Settembre 2024 Parte II Il quinto giorno partiamo per Oviedo, passando prima per Santander, capitale della Cantabria e da Santillana del Mar, caratteristica cittadina nota per i nobili palazzi dal sapore medievale. Scherzosamente è detta la "città delle tre bugie" perché scomponendo il nome non è santa (Santi), non è piana (llana) e non ha il mare (del Mar) perché è senza spiagge nel territorio comunale. L'arrivo a Oviedo ci emoziona perché costellata da numerose chiese medievali e da importanti edifici barocchi. Molti di questi monumenti nel loro insieme sono stati dichiarati Patrimonio dell'umanità. La Cattedrale di Oviedo, con la sua splendida torre gotica, è il monumento simbolo della città: si tratta di un edificio religioso dalla storia millenaria che ha rivestito un ruolo primario nella cristianità spagnola del Medioevo. Tra i tesori della Cattedrale ha un profondo significato religioso il Santo Sudario, il lenzuolo che avrebbe coperto il volto del Cristo morto. Siamo un po’ sfortunati, purtroppo, perché l'ostensione del sudario avviene solo 3 volte l'anno: oltre al Venerdì Santo, il 14 Settembre e il 22 Settembre... purtroppo oggi è il 19 Settembre, ce lo perdiamo per poco... ma l'emozione di entrare nella Camera Santa è comunque molto forte! Inoltre è il giorno di San Matteo, patrono della città, che di giorno ospita una pittoresca sfilata di carri che celebra gli emigrati spagnoli verso il Sud America e la sera si trasforma in un magnifico teatro di festa! Il sesto giorno si parte per Leon, capitale dell'omonima regione, la cui cattedrale gotica, sorta su antiche rovine romane, affascina per i suoi 1.800 metri quadrati di vetrate. Non meno piacevole è visitare il resto della deliziosa cittadina, con la Basilica di San Isidoro e la casa Botinas, il capolavoro di un giovane Gaudì, che ora ospita un museo. Il tempo scorre veloce e in un attimo siamo arrivati al settimo giorno della nostra splendida vacanza. Arriviamo a Salamanca: ci avevano detto che saremmo rimasti affascinati da questa magnifica cittadina ma che fosse così bella forse non se lo aspettava nessuno di noi! E' una città universitaria, meta di migliaia di studenti spagnoli e stranieri, che è riuscita a conservare tutto il suo sapore medievale, impreziosita dall'illuminazione notturna che la valorizza ancora di più. Ricca di simbologia, è rappresentata da una simpatica rana, che solo dopo abbiamo capito a cosa si riferisse: sulla magnifica facciata dell'università, decorata così sapientemente che sembra ricamata, si nasconde una ranocchia... la leggenda narra che gli studenti che l'avessero trovata avrebbero superato con successo il loro esame universitario... noi l'abbiamo trovata (con qualche suggerimento di Juan) e chissà se ci porterà fortuna! In un attimo arriva l'ottavo e ultimo giorno che ci riserva ancora una piacevolissima sorpresa con Avila, la famosa città natale di Santa Teresa, caratterizzata da una strepitosa cinta muraria che racchiude edifici religiosi e strade acciottolate e che ci regala anche gustose tipicità gastronomiche come le Yemas de Santa Teresa, caratteristici dolcetti all'uovo. Dopo pranzo ci dirigiamo verso l'aeroporto di Madrid, tristi per la fine della nostra avventura, ma profondamente arricchiti dall'unicità e dal fascino della storia, della cultura e delle tradizioni del nord della Spagna; di una Spagna inaspettatamente diversa dall’immaginario comune, impreziosita dalle dominazioni e dalle influenze dei popoli che l’hanno occupata nel corso dei secoli. Ci sarebbe ancora tantissimo da raccontare, ma preferiamo serbarlo tra i nostri ricordi e lasciarlo scoprire a chi deciderà di intraprendere questo fantastico viaggio dopo di noi. Patrizia Vantaggiato |
MILANO NEGLI ANNI SETTANTA
Negli anni settanta ero ancora un’adolescente e, passeggiando nel grande Parco Sempione di Milano per raggiungere la biblioteca pubblica, ho fatto la conoscenza con un giovane lavoratore occupato presso un cantiere edilizio della nostra zona, scoprendo con il tempo che era anche un eccellente studente universitario. Lui frequentava la biblioteca per rimanere tranquillo a studiare perché viveva in una stanza con tantissime persone perché non aveva le possibilità economiche per mantenersi un appartamento indipendente. Insieme trascorrevamo delle ore felici attraversando le vie di Milano per scoprire i posti più emozionanti e interessanti. Con la corriera ci recavamo presso il Parco Forlanini per sdraiarci sul prato che profumava d’erba e di fiori, per lasciarci baciare dal sole o accarezzare dal vento. Eravamo affascinati dagli aerei che dalla pista di Linate prendevano il volo, oppure atterravano, immaginando i passeggeri delle varie nazionalità riconoscendo lo stemma della società aerea. A piedi arrivavamo presso l’Idroscalo per noleggiare un pedalò e cullarci sulle onde del lago artificiale. Ammiravamo il tramonto del sole e le stelle che brillavano in cielo fino all’apparire delle prime lucciole che danzavano felici, illuminando anch’esse e rendendo più romantica l’atmosfera che ci circondava e alla chiusura dei cancelli dovevamo uscire per prendere il mezzo e tornare a casa. Ci muovevamo con il tram per recarci lungo i Navigli per ammirare gli artisti che dipingevano i loro quadri e li esponevano nei cortili o sulla strada che costeggiava il canale artificiale. Nel parco Sempione vedevamo l’affascinante Acquario con la sua varietà di pesci colorati. Andavamo presso l’Arena, dove si svolgevano delle gare sportive, il Castello Sforzesco e da via Dante in piazza Duomo dove disegnavano i ritratti alle persone o paesaggi e i Madonnari nella pavimentazione stradale. In via della Spiga esponevano della bellissima merce, inaccessibile per le nostre tasche, mentre lungo corso Buenos Aires si trovavano dei magazzini molto meno costosi e accattivanti ai nostri occhi. Sempre in centro c’era un signore anziano che ripeteva in continuazione con un altoparlante del giudizio universale e della fine del mondo che stava arrivando. L’illuminazione nel centro di Milano era particolare nel periodo Natalizio, con il suo albero gigantesco decorato con le palline arancioni che sembravano delle arance mature. Insieme impazzivamo per i musei milanesi e le persone che facevano spettacolo all’aperto anche in pieno inverno, come il fachiro Mustafà il mangiafuoco, un giovane con il petto nudo, i pantaloni in stile indiano e il turbante in testa: spezzava le catene, camminava sui vetri e sputava fuoco. Ci recavamo insieme presso i giardini pubblici di Porta Venezia dove allora si trovava il parco zoologico poi trasferito per mancanza di spazio. Si trovavano tanti animali tra cui una grande elefantessa di nome Bombay. Lei calciava il pallone e schiacciava con le grosse zampe un organo su misura per lei. Le facevano indossare degli enormi occhiali e con la sua proboscide accettava le noccioline di cui era ghiotta e sovente la infilava nelle borsette per curiosare se trovava qualcosa di commestibile, anche se ben alimentata dai guardiani. Lei era abituata perché proveniva da un circo equestre indiano. Aveva un piccolo elefantino che la imitava divertendo il pubblico. Mi ricordo un anziano signore di nome Luciano con la bombetta rossa, i grossi baffi e la voce baritonale, un’artista di strada che suonava la fisarmonica e la moglie muoveva una manovella per attivare la pianola e una scimmietta che saltellava dietro i passi della musica. Loro allietavano tutti i passanti con la musica, la voce sempre gentile e le cantastorie con i bigliettini che erano simili a quelli che si trovavano dentro le confezioni dei baci Perugina. Era un appuntamento da non perdere perché attirava una moltitudine di grandi e piccini e riempiva le giornate festive. Gianna Distefano Tratto dal libro: Ricordi sparsi di Gio, Gianna Distefano, Rudis Edizioni. |
Riceviamo e volentieri ci associamo alla bella idea…
Ogni mattina incontro il mondo
Al mattino è la radio sveglia che mi dice che è ora di alzarsi e così, fatte le solite cose che tutti facciamo appena svegli, vado al bar a fare colazione. Un caffè macchiato e il mio libro (o ebook che sia) fanno parte del rito mattutino: almeno un’ora di lettura interrotta di tanto in tanto per guardarmi intorno e così, mentre rifletto sulle cose che sto leggendo, vedo intorno a me il mondo: ci sono latino americani, arabi, cinesi, coreani, filippini e, naturalmente, segratesi a denominazione di origine controllata e garantita. Ognuna di queste categorie è poi suddivisibile in ulteriori sottocategorie ma tutte classificabili alla voce umanità. Il nostro fattore comune da un punto di vista lavorativo è la collaborazione che è un’altra categoria comprendente badanti, addetti alle pulizie, commercianti, impiegati, la specie in via d’estinzione e non protetta degli operai e via dicendo. Tutti però fanno parte dello stesso progetto: far funzionare la comunità e il lavoro, quale che sia, è tutto altrettanto utile alla comunità. Almeno dal mio punto di vista. Così ogni mattina incontro il mondo. Bruno Russo |
Ecco un po’ di umorismo spontaneo…