Articoli del giornalino n.4/2024 - Settembre/Ottobre
VIAGGIO A PRAGA
Praga ci accoglie con una giornata di sole e una temperatura ideale per essere visitata. Si sa che il sole accoglie i giovani e belli e noi lo siamo!!! Praga (in ceco Praha), cuore dell’Europa e capitale della repubblica Ceca, è situata sul fiume Moldava. Sull’origine del suo nome ci sono diverse teorie. Praha deriverebbe dalla parola slava pràh (guado perché il primo insediamento umano sorgeva in corrispondenza nel punto in cui era possibile attraversare la Moldava). La più diffusa sostiene invece che il nome della città sia da far risalire alla principessa Libuse che disse al popolo di costruire una città alla soglia della foresta (Prah in ceco significa soglia). Dai tempi più remoti Praga è crogiolo di etnie diverse ed è vissuta fondendo l’elemento ceco con quello ebraico e tedesco offrendo spazi ai movimenti religiosi, ai traffici, ai commerci e all’industria. Per iniziare il nostro tour, la nostra “energica” e simpatica guida Giovanna (Jana), ci ha condotto al castello di Praga che assomiglia a una piccola città ed è il castello dalla superficie più estesa del mondo. Abbiamo visitato il Palazzo Reale dove avveniva la “defenestrazione”: modo sbrigativo per eliminare i propri nemici buttandoli fuori dalla finestra. A seguire la cattedrale di San Vito dove lascia sbalorditi un monumento funebre completamente in argento e splendidamente lavorato e dedicato a San Giovanni Nepomuceno. Personalmente ho trovato emozio-nante vedere rappresentate anche due statue raffiguranti i minatori che avevano duramente estratto l’argento per la realizzazione del monumento. Non lontano dalla cattedrale di San Vito si snoda un vicolo pittoresco con sedici casette in miniatura. E’ detto anche “vicolo degli orafi” o “degli alchimisti”. Per centinaia di anni qui ha vissuto gente semplice, artigiani o domestici in servizio al borgo del castello, oggi divenuti negozi di souvenir. Qui ha vissuto lo scrittore Franz Kafka a cui piaceva la quiete della stradina. Ai tempi del superstizioso imperatore Rodolfo II, qui vivevano e avevano i loro laboratori alchimisti che cercavano l’elisir di lunga vita e la pietra filosofale. La mattina del secondo giorno, con Jana abbiamo passeggiato per questa città pulita, ordinata e piena di scolaresche (anche italiane) in gita; abbiamo scoperto giardini nascosti, oasi nella città vecchia dove i praghesi si rilassano; abbiamo visitato la chiesa di San Nicolas, capolavoro di architettura barocca e la chiesa di Santa Maria della Vittoria ove è custodito il famoso Gesù Bambino di Praga. La statua è di legno ricoperta di stoffa e di cera, alta 47 cm e rivestita in abiti regali con le insegne da sovrano, nell’atto di benedire. Venne portata dalla Spagna dalla duchessa Maria Manriquez de Lara nel 1556 in occasione del suo matrimonio e in seguito fu donata ai Carmelitani nel 1628 dalla principessa Polissena Lobkowitz. Cosa dire poi del ponte Carlo, uno dei simboli di Praga: su entrambe le rive ha due poderose torri ed è un ponte pedonale lungo 516 metri e largo 10, in stile gotico. E’ una galleria d’arte con 30 sculture fra cui la statua di San Giovanni Nepomuceno, predicatore alla corte di re Venceslao che lo fece annegare nella Moldava. I passanti, noi compresi, hanno toccato per scaramanzia il rilievo collocato sul piedistallo della statua. Non ci è mancato nulla, neanche una rilassante crociera sul fiume Moldava sulle note del poema sinfonico del 1874 scritto da Bedrich Smetana e una cena in una meravigliosa birreria stile liberty all’interno della casa municipale di Praga che è un enorme edificio storico edificato tra il 1905 ed il 1911: oggi nei suoi splendidi locali vengono organizzate mostre, concerti, balli, ecc… L’ultimo giorno Jana ci ha fatto scoprire altre meraviglie praghesi come la casa danzante, costruita nel 1996 che è considerata uno dei pilastri dell’architettura moderna e che è stata ispirata allo stile di danza della coppia Fred Astaire (torre di pietra) e Ginger Rogers (torre di vetro). Grandi preferenze ha ottenuto l’atmosfera della grande piazza della città vecchia, cuore pulsante dell’antico centro di Praga, crogiolo di monumenti e di architetture, dove si trova l’orologio astronomico datato 1410, costruito da Mikulas di Kadan. A ogni ora sfilano il corteo degli apostoli e un galletto gracchiante (vista l’età), sbatte le ali e canta. I praghesi del tempo non dovevano avere un buon carattere visto che accecarono e poi uccisero l’orologiaio in modo che nessun altro avesse un orologio come il loro!!! Per concludere abbiamo fatto la visita all’antico ghetto ebraico dove, durante gli anni dell’occupazione nazista di Praga, morirono il 90% degli ebrei. Entrando nella sinagoga ci è stato raccomandato il silenzio: non ce n’era bisogno perché tutti noi siamo ammutoliti nel vedere, sulle sue pareti, come su una tappezzeria, scritti fitto fitto, tutti i nomi dei morti nei campi di sterminio. Il motto dei nazisti era “il lavoro è vita”, quindi i senior e i bambini non servivano! Una suggestione del tutto particolare ha suscitato il vecchio cimitero ebraico. Per la ristrettezza degli spazi, un pittoresco ammasso di pietre e lastre tombali. Ci è stato spiegato che in alcune zone dell’area cimiteriale sono stati stratificati addirittura nove livelli di sepoltura. Spero che questo sia stato un arrivederci e, in attesa dell’aereo in forte ritardo, cosa c’era di meglio che una partita di burraco? Paola e Claudio |
TREZZO SULL'ADDA E QUEL “DIAVOLO”
I celti, primi abitanti insediatisi sulle rive dell'Adda, fiume lombardo a carattere torrentizio, avevano costituito un primo nucleo abitativo chiamandolo nella loro lingua gutturale Trek o Trek che significa promontorio. Qui, costituitisi in “fare", per interderci, clan dominarono la zona. Un piccolissimo ma interessante museo a lato del Castello ci accoglie con al centro la figura di un bel longobardo, rosso di pelo e di vestito; peccato sia finto. Un'urna cineraria celtica cesellata, il reperto più antico del territorio milanese, ci racconta scene di caccia. Nel 200 a.C. i romani sconfiggono i celti e li scacciano dal territorio. Successivamente la zona diventa di dominio dei longobardi, VI – VII secolo d. C. e ne veniamo a conoscenza grazie al ritrovamento di cinque tombe ma da una di loro in particolar modo veniamo attratti perché si tratta, per quell'epoca, di un personaggio importante e “fuori misura”: un gigante di quasi due metri d'altezza. Tant’è vero che, per farcelo stare nella cassa di legno (sepoltura tradizionale), viene rannicchiato in una postura a dir poco buffa. Le prime notizie del Castello visconteo, di cui rimangono pochi ruderi saccheggiati per la costruzione di palazzi nobiliari e la rocca, risalgono a Federico Barbarossa che lo fece erigere nel 1154. Verso il 1300 lo occupò e ristrutturò il ferocissimo Bernabò Visconti, non casualmente chiamato Diavolo. A proposito: leggetevi il bellissimo romanzo storico “Il diavolo e la vipera" dedicato a lui e al nipote e ne gusterete di cotte e di crude, altro che le moderne telenovele! Infatti, quando le numerosissime sue amanti diventavano scomode, le faceva danzare al centro di un palco che nascondeva una botola, direttamente collegata, tramite un pozzo, con l'Adda e al termine del quale, cadendo, venivano affettate da un intrico di lame taglienti che le accoglieva per il riposo eterno. Che brava persona! Proprio come certi potenti dei nostri giorni: segno che la storia si ripete. Ebbe quindici figli legittimi e quindici illegittimi: almeno, questi son quelli di cui si hanno notizie. Coi suoi fratelli si spartì il territorio milanese e a Trezzo fece costruire un arditissimo ponte che univa le due sponde dell'Adda, anche quello con copiosa perdita di vite umane, la cui base era in “Ceppo d' Adda" appunto, una pietra durissima con la quale è costruita la rocca stessa su cui siamo saliti, ammirando a 360° il bellissimo panorama circostante e la vista dall'alto dello snodarsi del fiume. Nel ‘500 i francesi vi posero un assedio, ma furono sconfitti dalle bombarde degli spagnoli e altre armi da guerra progettate … indovinate un po' … dal nostro grande Leonardo da Vinci che qui risiedette per un certo periodo. La piazza d'armi aveva, naturalmente, un ponte levatoio per la difesa e i disegni che rappresentano la battaglia del 13 gennaio 1513 sono conservati alla Pinacoteca Ambrosiana nel preziosissimo Codice Atlantico leonardesco. Dopo un lauto e davvero buon pranzo, ci siamo imbarcati su un battello che ci ha portato a navigare in alcune anse dell'Adda dove vengono protetti uccelli acquatici di varie specie: gallinella d'acqua, airone cinerino, svassi e cormorani. Siamo arrivati fino alla centrale idroelettrica Taccani, magnificamente costruita nell'800 e ancor oggi in attività. Un bel colpo d'occhio a conclusione di una splendida giornata insieme! Elisa |
RICORDI DELLA CASA AL MARE
Questo è un ricordo realmente vissuto da piccola, nel periodo delle mie vacanze scolastiche. Durante la mia infanzia trascorrevamo il periodo estivo presso la casa del mare, accarezzati dalla sua brezza, si vedeva il mare e se ne sentiva il profumo. Eravamo affascinati da questo mondo fantastico con i giochi collettivi sulla spiaggia, con la sabbia e l’acqua del mare per costruire delle torri e dei castelli circondati dalle mura e dall’acqua. La nostra casa era bellissima perché noi ammiravamo il sole tramontare dietro l’orizzonte del mare e le stelle e la luna specchiarsi nell’acqua limpida e illuminata dai fari del lungomare e dalle navi di passaggio. I pescatori la sera con le barche partivano e la mattina seguente tornavano con il pescato e lo esponevano per gli acquirenti urlando i prezzi e la qualità a squarciagola e il loro grido attirava la gente numerosa che, incuriosita, osservava la merce esposta e ordinava il pesce preferito per il ristoro dei loro familiari e l’osteria di Marina di Ragusa. Dal terrazzo della casa del mare noi nipotini ci sentivamo re e regine, principi e principesse, sulla torre del nostro palazzo che guardava le onde del mare, il sorgere della luna, le stelle brillare con la sua luminosità, le nuvole danzare e la spiaggia affollarsi di gente. La famiglia di mia madre possedeva una proprietà dove si trovava anche un campo di piantagioni di carrube che erano raccolte da una moltitudine di uomini, donne e bambini chiamati a collaborare per l’occasione. Inserivano le carrube in grossi sacchi di iuta, le trasportavano con un carretto trainato da una mula e le depositavano in una stanza della casa colonica che fungeva da deposito. Poi erano messe nei sacchi che, uno sopra l’altro, formavano dei gradini su cui noi figli e nipoti dei proprietari ci divertivamo a salire per arrivare in cima e ammirare da una piccola finestra il paesaggio campagnolo, come se ci trovassimo nella torre di un antico castello. I lavoranti nell’ora di pranzo si nutrivano di peperoni e patate, pesce o carne arrostita, olive, formaggio, vino e si dissetavano con l’acqua. Mia nonna preparava i cibi in una grossissima padella posta su delle braci e li serviva con del pane preparato in casa. Oppure serviva della pasta di maccheroni con il sugo fresco che era considerato un piatto prelibato, come la pasta con le sarde e il finocchietto selvatico, pane grattugiato e fritto, olio, sale e peperoncino. Non possedendo le posate per tutti, prendeva delle canne, le appuntiva e le trasformava in forchette. Finita la raccolta, che si svolgeva appunto in agosto, si trasportavano i sacchi per la spedizione ferroviaria e navale. Con le carrube si preparavano: medicinali, dolci, marmellate, succhi, cosmetici e zucchero per pasticcerie. Gianna Distefano Brano tratto dal libro: Ricordi sparsi di Gio, Gianna Distefano, Rudis Edizioni. |
Spreco alimentare
Il programma dell’ONU per l’Ambiente (UNEP) ha reso noto i dati relativi allo spreco alimentare nel 2022 che sono stati pubblicati da alcune agenzie giornalistiche e dall’Associazione Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).
Di seguito quanto ne risulta.
“Rapporto Unep: nel mondo si spreca un miliardo di pasti al giorno”.
L’Italia, con 110 chili pro capite l’anno, è il Paese europeo più sprecone dopo il Portogallo.
Un miliardo di pasti al giorno è finito nella spazzatura nell’arco del solo 2022 mentre 783 milioni di persone nello stesso anno soffrivano la fame e circa un terzo dell’umanità era alle prese con problemi di insicurezza alimentare.
“Lo spreco dentro casa”
Proprio le mura di casa sarebbero responsabili della maggior parte dello spreco (631 milioni di tonnellate), seguite dalla ristorazione (290 milioni) e dai canali di vendita (131 milioni).
In media ogni persona spreca 79 kg di cibo l’anno.
Giappone e Regno Unito dimostrano che cambiare è possibile: hanno ridotto lo spreco alimentare rispettivamente del 31% e del 18%.
L’ASviS nel suo articolo ci informa che le riduzioni degli sprechi in Giappone e nel Regno Unito sono frutto dell’aumento dei dati raccolti e la cooperazione tra pubblico e privato.
Va bene la raccolta dei dati e la collaborazione, ma temo che non sia sufficiente.
Sono invece convinto che lo spreco sia alimentato dalla pubblicità sempre più pervasiva e finanziata da aziende che hanno come scopo principale la vendita dei loro prodotti.
Ritengo che la pubblicità dovrebbe essere, anche e soprattutto, informativa/educativa proprio perché ha un forte potere sulle scelte della clientela.
Le agenzie pubblicitarie dovrebbero rendersi conto che una forma meno invadente e più educativa potrebbe essere vantaggiosa anche per loro.
Enrico Sciarini
Il programma dell’ONU per l’Ambiente (UNEP) ha reso noto i dati relativi allo spreco alimentare nel 2022 che sono stati pubblicati da alcune agenzie giornalistiche e dall’Associazione Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).
Di seguito quanto ne risulta.
“Rapporto Unep: nel mondo si spreca un miliardo di pasti al giorno”.
L’Italia, con 110 chili pro capite l’anno, è il Paese europeo più sprecone dopo il Portogallo.
Un miliardo di pasti al giorno è finito nella spazzatura nell’arco del solo 2022 mentre 783 milioni di persone nello stesso anno soffrivano la fame e circa un terzo dell’umanità era alle prese con problemi di insicurezza alimentare.
“Lo spreco dentro casa”
Proprio le mura di casa sarebbero responsabili della maggior parte dello spreco (631 milioni di tonnellate), seguite dalla ristorazione (290 milioni) e dai canali di vendita (131 milioni).
In media ogni persona spreca 79 kg di cibo l’anno.
Giappone e Regno Unito dimostrano che cambiare è possibile: hanno ridotto lo spreco alimentare rispettivamente del 31% e del 18%.
L’ASviS nel suo articolo ci informa che le riduzioni degli sprechi in Giappone e nel Regno Unito sono frutto dell’aumento dei dati raccolti e la cooperazione tra pubblico e privato.
Va bene la raccolta dei dati e la collaborazione, ma temo che non sia sufficiente.
Sono invece convinto che lo spreco sia alimentato dalla pubblicità sempre più pervasiva e finanziata da aziende che hanno come scopo principale la vendita dei loro prodotti.
Ritengo che la pubblicità dovrebbe essere, anche e soprattutto, informativa/educativa proprio perché ha un forte potere sulle scelte della clientela.
Le agenzie pubblicitarie dovrebbero rendersi conto che una forma meno invadente e più educativa potrebbe essere vantaggiosa anche per loro.
Enrico Sciarini
LA STAZIONE CENTRALE: LA STORIA DI TUTTI
Prima d'iniziare a raccontare il tour del 17 aprile, sento il piacere di ringraziare le persone che pensano e programmano questi tour cittadini. Io toccai il suolo milanese scendendo da un treno circa alle 2 del mattino nel febbraio del 1956 ed eravamo in cinque perché il sesto componente della famiglia si era fermato a Padova per … amore. Dal treno all'arrivo avevo osservato il grande arco in struttura di profilati e la copertura trasparente. Il papà in testa, gli altri in coda e io per ultimo, prendemmo l'ampia scalinata che ci portò in piazza duca d'Aosta. Sui fianchi della scalinata i due stretti piani inclinati in marmo permettevano alle valigie di scivolare fino al piano terra. La costruzione della stazione ferroviaria Centrale di Milano si rese necessaria già nel 1800 e nel 1911 furono presentati 43 progetti tra i quali fu scelto quello dell'architetto toscano Ulisse Stacchini. La sua inaugurazione avvenne nel luglio del 1931. La rete ferroviaria che vi parte permette il collegamento con quasi tutte le capitali europee. Il suo stile si può considerare neoclassico ... con molte varianti. Per lo spirito commerciale milanese, il tragitto che si percorre sopra al lungo cavalcavia interno alla città, si può considerare come una rapida carrellata tra le attività e le imprese cittadine. La stazione ha al suo interno una ricca collezione d'opere d’arte composta da sculture, bassorilievi, dipinti, mosaici e pannelli rivestiti in piastrelle di maiolica che sfuggono al viaggiatore impegnato a percorrere nel tempo più breve possibile il suo tragitto. E' questa una regola che viene quasi automatica al contatto con la dinamicità tipica milanese. Sotto l'aspetto tecnico, le grandi arcate costruite in profilati d'acciaio controventati e accoppiati con chiodi a caldo, furono per quel tempo un lavoro importante al pari di quello della copertura, rivestita in materiale trasparente, con le aperture verticali a unghietta poste, nella parte alta delle arcate, nel senso longitudinale per permettere a tutt'oggi un buon giro d'aria (indispensabile ai tempi delle locomotive). Dalla costruzione originale su due piani alle forme attuali su tre livelli, sono stati inseriti dei nastri inclinati mobili elettrici (tapis roulant) che facilitano sia la salita che discesa ai viaggiatori permettendo loro di trasportarsi a mano anche le valigie ormai tutte munite di rotelle. Anche l'insieme dei negozi si è molto arricchito nelle varie tabelle merceologiche. Mentre passavamo al secondo piano abbiamo visto una coda ordinata di persone che sfruttavano il cambio automatico. Dall'entrata dei tornelli della stazione al secondo piano, girandosi verso l'entrata, nella parte alta, si sono notati dei pannelli in mattonelle di ceramica che riportano diversi paesaggi nazionali: quattro sono vedute di Milano dai quattro punti cardinali e altre, riportano viste di Firenze, Roma e Venezia. Sono però viste ormai nel secolo scorso e hanno quindi una immagine … antica. Dal pianerottolo della scala del secondo piano, osservando la parte alta del muro dell'entrata, vi si notano sculture in bassorilievo e, nella parte destra, c’è quella dell'architetto Ulisse Stacchini, riconoscibile per la sua bella barba, rappresentato seduto come fosse a un congresso. Anche la nostra guida Monica Torri, che ringraziamo per l'ottima e precisa spiegazione, è laureata in architettura e per due buone ore ci ha spiegato, con calma e precisione, date, riferimenti e dettagli narrandoci anche del trattamento riservato dai tedeschi agli ebrei di Milano che, su carri bestiame, venivano spediti da qui ai campi di concentramento forniti solo di un pacchetto di gallette per tutta la durata del viaggio che, a volte, raggiungeva anche i sette giorni. Un particolare che ha colpito è che il fronte della stazione é orientato direttamente verso il Duomo. Il nome di “Centrale” deriva dal fatto che Milano aveva (e ha tutt'ora) anche altre stazioni ferroviarie: la Nord che va verso l'aereoporto di Malpensa, quella di porta Vittoria, di Porta Romana, di porta Genova e di porta Garibaldi. Durante l'applauso che abbiamo fatto come segno di ringraziamento e di gradimento alla nostra guida, ho fatto con Anna una riflessione e ci siamo ripromessi di non perderci il prossimo giro perché … è storia che abbiamo vissuto tutti. Armandanna |
Visto il clima torrido, ecco qualche freddura presa dalla rete…
I numeri precedenti
Ecco i numeri precedenti: clicca sopra per vederli!