Chiavari
14 settembre 2019
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Resoconti
SI RICOMINCIA… DA CHIAVARI
Con settembre abbiamo ripreso la bella consuetudine di effettuare un’uscita di un’intera giornata per scoprire o rivedere interessanti località non troppo lontane da Milano: siamo andati a Chiavari, ridente cittadina ligure sulla Riviera di Levante.
Abbiamo un po’ tralasciato l’aspetto più propriamente vacanziero e marino per scoprirne aspetti meno noti.
Scoperte archeologiche dicono che la località è stata abitata fin dalla preistoria mentre il suo andamento di strade parallele, intersecate ad angolo retto da brevi vicoli, rimanda ad un insediamento romano anche se il momento del suo maggior sviluppo è stato il Medioevo.
Dante, nel Canto XIX del Purgatorio, cita una “fiumana bella ch’intra Siestri e Chiaveri s’adima”.
Il fiume è l’Entella, conosciuto un tempo anche col nome di Lavagna.
Chiavari, come avamposto dell’espansionismo di Genova verso Levante, doveva contrastare la potente famiglia dei Fieschi, signori di Lavagna e del suo entroterra.
Fu quindi munita di mura, torri, castello, portici e palazzi d’impronta gotica che caratterizzano tuttora la fisionomia della città.
Passeggiando sotto i portici (dagli archi acuti con pilastri, colonne e capitelli di diverso tipo), un tempo botteghe di artigiani (ricordiamo Via dei Remolari cioè dei fabbricanti di remi) e ora sede di eleganti negozi di marchi famosi, abbiamo scoperto una traccia di questo passato: il pittoresco laboratorio di un artigiano che un tempo scolpiva le polene delle navi.
Contento di parlare del suo lavoro, ci ha accompagnato, attraverso le sue vivaci sculture, fino all’ultimo esemplare di polena: non una figura paurosa come quelle delle navi vichinghe, ma una molto mediterranea, sensuale e colorata sirena emergente dall’acqua che tutti abbiamo fotografato divertiti.
Un secolo importante è il Seicento quando si sviluppa la devozione per la Madonna dell’Orto che diverrà la protettrice della città.
C’era un antico dipinto della Madonna col Bambino in un’edicola all’esterno delle mura rivolta verso la zona degli orti.
Dopo varie apparizioni, guarigioni, segni prodigiosi (bellissimo il volo di rondini che preannunciò la fine di una pestilenza), ne fu approvato il culto e si decise di costruire una chiesetta a protezione dell’immagine che è divenuta via via un grandioso santuario, ricco di decorazioni ed opere d’arte, ora sede di cattedra vescovile.
Il Sei/Settecento sono i secoli d’oro della città: si hanno la costruzione di chiese fastose, di palazzi nobiliari, il rinnovamento edilizio e la ripresa economica.
Risale ai primi anni dell’Ottocento un’importante attività: la produzione di seggioline a imitazione dei modelli parigini da parte di Gaetano Descalzi e di suo figlio Campanino.
Solide, eleganti e soprattutto leggere, superarono (come si legge in un documento della Società Economica di Chiavari) “di gran lunga le parigine e salirono a grande rinomanza”.Siamo stati nel laboratorio di una delle due famiglie che ne continuano la produzione.
Accomodati sulle famose seggioline, abbiamo ascoltato i segreti della loro robustezza e leggerezza (meno di due chili) affinati in due secoli di attività.
Si usa il legno di ciliegio o di faggio, stagionato naturalmente per quattro/cinque anni, si sfrutta l’elasticità e l’andamento naturale del legno, con incastri ben studiati.
La seduta è in paglia di Vienna.
Oggi si ha un ritorno di interesse, si aggiornano le linee pur nella fedeltà allo stile e il loro valore commerciale è notevole.
Recentissimo invece è il progetto di recupero di una tradizione delle valli dell’entroterra: la coltivazione di otto varietà di nocciole che hanno rappresentato una preziosa fonte di sostentamento e caratterizzato con pittoreschi terrazzamenti il paesaggio.
Dalle nocciole, colte manualmente e selezionate, viene messa ora in commercio la Crema Chiavarina, profumata, ricca di antiossidanti naturali e soprattutto molto gustosa, che abbiamo apprezzato nel laboratorio della pasticceria come commiato dalla città.
Ci è rimasto però un po’ di rimpianto per aver visto solo da lontano il mare.
Laura Re
Con settembre abbiamo ripreso la bella consuetudine di effettuare un’uscita di un’intera giornata per scoprire o rivedere interessanti località non troppo lontane da Milano: siamo andati a Chiavari, ridente cittadina ligure sulla Riviera di Levante.
Abbiamo un po’ tralasciato l’aspetto più propriamente vacanziero e marino per scoprirne aspetti meno noti.
Scoperte archeologiche dicono che la località è stata abitata fin dalla preistoria mentre il suo andamento di strade parallele, intersecate ad angolo retto da brevi vicoli, rimanda ad un insediamento romano anche se il momento del suo maggior sviluppo è stato il Medioevo.
Dante, nel Canto XIX del Purgatorio, cita una “fiumana bella ch’intra Siestri e Chiaveri s’adima”.
Il fiume è l’Entella, conosciuto un tempo anche col nome di Lavagna.
Chiavari, come avamposto dell’espansionismo di Genova verso Levante, doveva contrastare la potente famiglia dei Fieschi, signori di Lavagna e del suo entroterra.
Fu quindi munita di mura, torri, castello, portici e palazzi d’impronta gotica che caratterizzano tuttora la fisionomia della città.
Passeggiando sotto i portici (dagli archi acuti con pilastri, colonne e capitelli di diverso tipo), un tempo botteghe di artigiani (ricordiamo Via dei Remolari cioè dei fabbricanti di remi) e ora sede di eleganti negozi di marchi famosi, abbiamo scoperto una traccia di questo passato: il pittoresco laboratorio di un artigiano che un tempo scolpiva le polene delle navi.
Contento di parlare del suo lavoro, ci ha accompagnato, attraverso le sue vivaci sculture, fino all’ultimo esemplare di polena: non una figura paurosa come quelle delle navi vichinghe, ma una molto mediterranea, sensuale e colorata sirena emergente dall’acqua che tutti abbiamo fotografato divertiti.
Un secolo importante è il Seicento quando si sviluppa la devozione per la Madonna dell’Orto che diverrà la protettrice della città.
C’era un antico dipinto della Madonna col Bambino in un’edicola all’esterno delle mura rivolta verso la zona degli orti.
Dopo varie apparizioni, guarigioni, segni prodigiosi (bellissimo il volo di rondini che preannunciò la fine di una pestilenza), ne fu approvato il culto e si decise di costruire una chiesetta a protezione dell’immagine che è divenuta via via un grandioso santuario, ricco di decorazioni ed opere d’arte, ora sede di cattedra vescovile.
Il Sei/Settecento sono i secoli d’oro della città: si hanno la costruzione di chiese fastose, di palazzi nobiliari, il rinnovamento edilizio e la ripresa economica.
Risale ai primi anni dell’Ottocento un’importante attività: la produzione di seggioline a imitazione dei modelli parigini da parte di Gaetano Descalzi e di suo figlio Campanino.
Solide, eleganti e soprattutto leggere, superarono (come si legge in un documento della Società Economica di Chiavari) “di gran lunga le parigine e salirono a grande rinomanza”.Siamo stati nel laboratorio di una delle due famiglie che ne continuano la produzione.
Accomodati sulle famose seggioline, abbiamo ascoltato i segreti della loro robustezza e leggerezza (meno di due chili) affinati in due secoli di attività.
Si usa il legno di ciliegio o di faggio, stagionato naturalmente per quattro/cinque anni, si sfrutta l’elasticità e l’andamento naturale del legno, con incastri ben studiati.
La seduta è in paglia di Vienna.
Oggi si ha un ritorno di interesse, si aggiornano le linee pur nella fedeltà allo stile e il loro valore commerciale è notevole.
Recentissimo invece è il progetto di recupero di una tradizione delle valli dell’entroterra: la coltivazione di otto varietà di nocciole che hanno rappresentato una preziosa fonte di sostentamento e caratterizzato con pittoreschi terrazzamenti il paesaggio.
Dalle nocciole, colte manualmente e selezionate, viene messa ora in commercio la Crema Chiavarina, profumata, ricca di antiossidanti naturali e soprattutto molto gustosa, che abbiamo apprezzato nel laboratorio della pasticceria come commiato dalla città.
Ci è rimasto però un po’ di rimpianto per aver visto solo da lontano il mare.
Laura Re
SILENZIO E SPIRITUALITA’ NEL COMPLESSO DI SAN SALVATORE
L’uscita che apre il nuovo anno di attività del MTE non vuole essere solo una gita tra amici ma anche un momento di raccoglimento e riflessione.
Per questo è sembrato più adatto lasciare le ricche e decorate chiese chiavaresi per il suggestivo complesso religioso e artistico di San Salvatore dei Fieschi sopra Lavagna, cittadina che solo la lunghezza di un ponte separa da Chiavari.
Il piccolo borgo sorge su una collinetta, coltivata a viti e ulivi, che lo isola dal traffico del fondovalle e ne fa un luogo appartato e silenzioso adatto alla contemplazione del paesaggio e alla meditazione.
La Basilica, il palazzo dei Conti e alcuni edifici cinquecenteschi costituiscono una suggestiva scenografia che evoca un passato con luci e ombre.
La nostra guida ci ha parlato delle “lavagnine”, le umili donne che, scalze per non scivolare, trasportavano in testa le pesanti lastre di ardesia dalle cave fino al porto.
Abbiamo dedicato loro un pensiero sul caratteristico sagrato eseguito, con ciottoli policromi e con tecnica tipicamente ligure, a cerchi e motivi geometrici, prima di entrare nella chiesa.
La basilica fu eretta a partire dal 1245 per volere di due papi della famiglia Fieschi e, danneggiata e ripresa durante l’aspro conflitto con l’imperatore Federico II, mostra oggi una facciata a fasce alternate di ardesia e marmo bianco alleggerita da un ampio rosone traforato.
Al posto della cupola si alza una imponente torre campanaria che, forse, aveva anche una funzione di avvistamento.
L’interno, austero e immerso nella penombra, invita al raccoglimento e alla preghiera indirizzando lo sguardo verso il fondo dove due monofore, un tondo e una croce, aperti nella nuda parete di pietra, illuminano l’abside dando luce all’altare, punto focale della basilica.
Davanti all’altare sono stati letti brani di San Bernardo Abate, per farci meditare e rivolgerci a Maria, sulla morte e resurrezione di Cristo.
Non poteva mancare alla fine la preghiera sempre commovente e vera della “nostra terza età”.
Laura
L’uscita che apre il nuovo anno di attività del MTE non vuole essere solo una gita tra amici ma anche un momento di raccoglimento e riflessione.
Per questo è sembrato più adatto lasciare le ricche e decorate chiese chiavaresi per il suggestivo complesso religioso e artistico di San Salvatore dei Fieschi sopra Lavagna, cittadina che solo la lunghezza di un ponte separa da Chiavari.
Il piccolo borgo sorge su una collinetta, coltivata a viti e ulivi, che lo isola dal traffico del fondovalle e ne fa un luogo appartato e silenzioso adatto alla contemplazione del paesaggio e alla meditazione.
La Basilica, il palazzo dei Conti e alcuni edifici cinquecenteschi costituiscono una suggestiva scenografia che evoca un passato con luci e ombre.
La nostra guida ci ha parlato delle “lavagnine”, le umili donne che, scalze per non scivolare, trasportavano in testa le pesanti lastre di ardesia dalle cave fino al porto.
Abbiamo dedicato loro un pensiero sul caratteristico sagrato eseguito, con ciottoli policromi e con tecnica tipicamente ligure, a cerchi e motivi geometrici, prima di entrare nella chiesa.
La basilica fu eretta a partire dal 1245 per volere di due papi della famiglia Fieschi e, danneggiata e ripresa durante l’aspro conflitto con l’imperatore Federico II, mostra oggi una facciata a fasce alternate di ardesia e marmo bianco alleggerita da un ampio rosone traforato.
Al posto della cupola si alza una imponente torre campanaria che, forse, aveva anche una funzione di avvistamento.
L’interno, austero e immerso nella penombra, invita al raccoglimento e alla preghiera indirizzando lo sguardo verso il fondo dove due monofore, un tondo e una croce, aperti nella nuda parete di pietra, illuminano l’abside dando luce all’altare, punto focale della basilica.
Davanti all’altare sono stati letti brani di San Bernardo Abate, per farci meditare e rivolgerci a Maria, sulla morte e resurrezione di Cristo.
Non poteva mancare alla fine la preghiera sempre commovente e vera della “nostra terza età”.
Laura