Crespi d'Adda
28 ottobre 2021
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Resoconto
La città del signor Crespi
Visita a Crespi d’Adda
Un giovedì di fine ottobre, su un ottimo pullman quasi pieno e con un bel sole calduccio siamo partiti per una frazione di Capriate San Gervasio (BG) che si chiama Crespi d’Adda.
La denominazione deriva dal nome del suo visionario fondatore Cristoforo Benigno Crespi e dal fiume Adda che tanta parte ha nella storia di questo villaggio operaio di fine ottocento.
Al nostro arrivo una bravissima guida ci ha introdotto nei segreti di Crespi d’Adda che sembrano un avvincente romanzo ma che, invece, sono storia.
Il signor Crespi era un industriale tessile di Busto Arsizio che, a un certo punto, decise di espandersi anche in altri territori lombardi creando nel 1878 una fabbrica in questa zona della bergamasca dove l’Adda fa da confine col milanese; una zona perfetta per i suoi scopi, proprio per la vicinanza del fiume che gli ha consentito di costruire una centrale idroelettrica da cui generare l’energia necessaria a muovere le sue macchine filatrici.
La fabbrica nel tempo si è arricchita di altre attività: dopo la filatura è arrivata la tessitura e, infine, anche la tintura dei tessuti.
Ma al signor Crespi non bastò metter su una bella fabbrica e volle anche che, attorno a questa, si sviluppasse un intero quartiere per dare ai suoi operai una casa e alle loro famiglie anche una scuola, una chiesa, un medico, un dopolavoro, una caserma dei Carabinieri e perfino un cimitero.
C’era anche un lavatoio per evitare che le donne dovessero andare fino al fiume per lavare i panni.
Tutto a sue spese.
Inizialmente costruì palazzine di due piani con diversi alloggi e poi villette per tre/quattro famiglie con un giardinetto e la possibilità di fare l’orto.
Non era tutto rose e fiori, come ci ha chiarito la nostra bravissima guida: c’erano infatti anche i lati meno positivi.
Innanzitutto, secondo l’usanza del tempo, le donne operaie guadagnavano meno degli uomini e meno ancora i bambini che venivano impiegati dopo la quinta elementare.
Le case poi erano diverse a seconda dell’occupante: più belle e grandi le villette dei capisquadra e ancora più ricche di ornamenti e spaziose quelle dei dirigenti.
Una gabbia d’oro, secondo alcuni, perché avere intorno tutto quanto serve alla vita teneva le persone come imprigionate nel villaggio.
La villa Crespi, oggi disabitata ma ancora in ottimo stato di conservazione, sembra un castello: era dotata persino di telefono come si conveniva alla casa del “signor padrone”. Spirito del tempo!
L’avventura del villaggio operaio di Crespi d’Adda è finita nel 1929 in occasione del grande crack della Borsa americana.
Le villette sono state acquistate dai discendenti di quegli operai riuniti in cooperativa, oppure vendute sul libero mercato.
La fabbrica ha continuato a funzionare fino agli anni ’70 e la centrale idroelettrica vent’anni di più (ma nel 2010 ha ripreso con moderni macchinari).
Oggi il sito è Patrimonio Mondiale dell’Umanità, sito Unesco fin dal 1995, visitato da turisti italiani e stranieri.
Deve perciò essere mantenuto nelle condizioni originarie e non può essere destinato ad attività in contrasto con la sua vocazione.
Eppure il signor Percassi (quello che voleva costruire il mega centro commerciale a Segrate e che ha poi dovuto vendere il progetto agli australiani di Westfield) sta meditando di acquistate la fabbrica per farne sede di negozi...
In definitiva, un’oretta di pullman, tre ore avvincenti di visita, circa sei chilometri di camminata: grazie, soprattutto a Ornella per la perfetta organizzazione!
Santina Bosco
Visita a Crespi d’Adda
Un giovedì di fine ottobre, su un ottimo pullman quasi pieno e con un bel sole calduccio siamo partiti per una frazione di Capriate San Gervasio (BG) che si chiama Crespi d’Adda.
La denominazione deriva dal nome del suo visionario fondatore Cristoforo Benigno Crespi e dal fiume Adda che tanta parte ha nella storia di questo villaggio operaio di fine ottocento.
Al nostro arrivo una bravissima guida ci ha introdotto nei segreti di Crespi d’Adda che sembrano un avvincente romanzo ma che, invece, sono storia.
Il signor Crespi era un industriale tessile di Busto Arsizio che, a un certo punto, decise di espandersi anche in altri territori lombardi creando nel 1878 una fabbrica in questa zona della bergamasca dove l’Adda fa da confine col milanese; una zona perfetta per i suoi scopi, proprio per la vicinanza del fiume che gli ha consentito di costruire una centrale idroelettrica da cui generare l’energia necessaria a muovere le sue macchine filatrici.
La fabbrica nel tempo si è arricchita di altre attività: dopo la filatura è arrivata la tessitura e, infine, anche la tintura dei tessuti.
Ma al signor Crespi non bastò metter su una bella fabbrica e volle anche che, attorno a questa, si sviluppasse un intero quartiere per dare ai suoi operai una casa e alle loro famiglie anche una scuola, una chiesa, un medico, un dopolavoro, una caserma dei Carabinieri e perfino un cimitero.
C’era anche un lavatoio per evitare che le donne dovessero andare fino al fiume per lavare i panni.
Tutto a sue spese.
Inizialmente costruì palazzine di due piani con diversi alloggi e poi villette per tre/quattro famiglie con un giardinetto e la possibilità di fare l’orto.
Non era tutto rose e fiori, come ci ha chiarito la nostra bravissima guida: c’erano infatti anche i lati meno positivi.
Innanzitutto, secondo l’usanza del tempo, le donne operaie guadagnavano meno degli uomini e meno ancora i bambini che venivano impiegati dopo la quinta elementare.
Le case poi erano diverse a seconda dell’occupante: più belle e grandi le villette dei capisquadra e ancora più ricche di ornamenti e spaziose quelle dei dirigenti.
Una gabbia d’oro, secondo alcuni, perché avere intorno tutto quanto serve alla vita teneva le persone come imprigionate nel villaggio.
La villa Crespi, oggi disabitata ma ancora in ottimo stato di conservazione, sembra un castello: era dotata persino di telefono come si conveniva alla casa del “signor padrone”. Spirito del tempo!
L’avventura del villaggio operaio di Crespi d’Adda è finita nel 1929 in occasione del grande crack della Borsa americana.
Le villette sono state acquistate dai discendenti di quegli operai riuniti in cooperativa, oppure vendute sul libero mercato.
La fabbrica ha continuato a funzionare fino agli anni ’70 e la centrale idroelettrica vent’anni di più (ma nel 2010 ha ripreso con moderni macchinari).
Oggi il sito è Patrimonio Mondiale dell’Umanità, sito Unesco fin dal 1995, visitato da turisti italiani e stranieri.
Deve perciò essere mantenuto nelle condizioni originarie e non può essere destinato ad attività in contrasto con la sua vocazione.
Eppure il signor Percassi (quello che voleva costruire il mega centro commerciale a Segrate e che ha poi dovuto vendere il progetto agli australiani di Westfield) sta meditando di acquistate la fabbrica per farne sede di negozi...
In definitiva, un’oretta di pullman, tre ore avvincenti di visita, circa sei chilometri di camminata: grazie, soprattutto a Ornella per la perfetta organizzazione!
Santina Bosco