Dubai e crociera negli Emirati
16-23 febbraio 2019
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Resoconto
UN ALTRO ISLAM
Entrando nelle sale del Louvre di Abu Dhabi, nella prima teca, si trovano tre piccole statuette rappresentanti tre maternità interpretate da culture e religioni diverse: una Madonna con bambino che, se non ricordo male, è in stile normanno; una divinità egizia, Iside, con bambino che forse rappresenta il Faraone e una statuetta di arte centroafricana.
Sono tre piccoli capolavori che in qualunque altra parte del mondo, a parte la differenza di epoche e di forma artistica, potrebbero quasi passare inosservate ma che, in un paese arabo, assumono invece un grande valore.
Queste tre opere ci fanno scoprire un Islam diverso da quello che leggiamo tutti i giorni sui giornali o vediamo nei notiziari in televisione: ci mostrano infatti un Islam aperto al mondo, che accetta e che accoglie (speriamo non solo per questioni di vile danaro) anche chi ha culture e credenze religiose diverse.
Continuando la visita, scopriamo che, in un’altra sala, nella stessa bacheca tra una copia del Corano e un testo sacro dell’antica Cina, è esposta anche una copia della Torah, il libro sacro del popolo ebraico da sempre in conflitto con il mondo islamico che mai mi sarei aspettato di trovare in un paese arabo.
Questo ci fa comprendere come, oltre al petrolio, lo sviluppo di questa area del mondo islamico sia dovuto alla sua apertura mentale.
La stessa apertura mentale che abbiamo trovato, dopo avere visitato la bellissima Moschea di Muscat, nelle signore che ci hanno accolto offrendoci, come da loro usanza, the e datteri.
Una di esse toglieva il velo alle signore del nostro gruppo dicendo loro che erano più belle senza.
La Moschea di Muscat (sembra uno scioglilingua) è un gioiello di arte islamica che ha dimensioni inferiori alla grande Moschea di Abu Dhabi (che può accogliere più di quarantamila fedeli) ma che annovera cinque minareti (che stanno a rappresentare i cinque pilastri dell’Islam) e conserva il più grande tappeto al mondo tessuto in un unico pezzo (quello della Moschea di Abu Dhabi, a causa delle sue dimensioni, è stato realizzato in varie pezzature unite tra loro in loco).
Della Moschea di Muscat rammento anche lo splendido lampadario centrale raffigurante tanti piccoli minareti e realizzato in cristalli Swarovsky e le decorazioni delle pareti e del soffitto.
Sotto l’aspetto artistico mi ha impressionato molto più della sua sorella maggiore che deve la sua fama anche alle sue dimensioni e al grande lampadario centrale, il più grande del mondo, del peso di quindici tonnellate.
Comunque molto belle entrambe queste Moschee mentre meno buono è il ricordo del guardiano che, alla Moschea di Abu Dhabi, non ci ha permesso di avvicinarci alla tomba dell’Emiro a causa del velo scivolato dalla testa di qualche nostra signora che ha così mostrando il conturbante spettacolo dei suoi capelli!
Ma tant’è: la loro cultura è questa e a noi spetta di rispettarla anche se non sarebbe male che loro facessero altrettanto con la nostra.
E il Burji Kalifa?
E’ un freddo pannellone di vetro e acciaio che non mi ha trasmesso nessun’altra emozione se non quella di poter dire di avere visto il grattacielo più alto del mondo da vicino.
Molto più divertente è risultata la salita alla Cornice (The Frame) dalla quale guardare lo sky line della città vecchia da un lato e di quella nuova
dall’altro ed emozionante è stato anche il camminare sul pavimento di cristallo trasparente a centocinquanta metri d’altezza.
Tutto bello: i luoghi e la gente così diversi dai nostri standards di vita quotidiana ma soprattutto il miglior condimento di ogni piatto è stata la compagnia con un gruppo di giovani, di meno giovani e di diversamente giovani con i quali ho vissuto nove giornate bellissime, senza un attimo di noia, all’insegna del sapersi divertire anche dopo aver compiuto i diciannove anni.
Un saluto da Guido Renato.
Paolo Ardrizzi
Entrando nelle sale del Louvre di Abu Dhabi, nella prima teca, si trovano tre piccole statuette rappresentanti tre maternità interpretate da culture e religioni diverse: una Madonna con bambino che, se non ricordo male, è in stile normanno; una divinità egizia, Iside, con bambino che forse rappresenta il Faraone e una statuetta di arte centroafricana.
Sono tre piccoli capolavori che in qualunque altra parte del mondo, a parte la differenza di epoche e di forma artistica, potrebbero quasi passare inosservate ma che, in un paese arabo, assumono invece un grande valore.
Queste tre opere ci fanno scoprire un Islam diverso da quello che leggiamo tutti i giorni sui giornali o vediamo nei notiziari in televisione: ci mostrano infatti un Islam aperto al mondo, che accetta e che accoglie (speriamo non solo per questioni di vile danaro) anche chi ha culture e credenze religiose diverse.
Continuando la visita, scopriamo che, in un’altra sala, nella stessa bacheca tra una copia del Corano e un testo sacro dell’antica Cina, è esposta anche una copia della Torah, il libro sacro del popolo ebraico da sempre in conflitto con il mondo islamico che mai mi sarei aspettato di trovare in un paese arabo.
Questo ci fa comprendere come, oltre al petrolio, lo sviluppo di questa area del mondo islamico sia dovuto alla sua apertura mentale.
La stessa apertura mentale che abbiamo trovato, dopo avere visitato la bellissima Moschea di Muscat, nelle signore che ci hanno accolto offrendoci, come da loro usanza, the e datteri.
Una di esse toglieva il velo alle signore del nostro gruppo dicendo loro che erano più belle senza.
La Moschea di Muscat (sembra uno scioglilingua) è un gioiello di arte islamica che ha dimensioni inferiori alla grande Moschea di Abu Dhabi (che può accogliere più di quarantamila fedeli) ma che annovera cinque minareti (che stanno a rappresentare i cinque pilastri dell’Islam) e conserva il più grande tappeto al mondo tessuto in un unico pezzo (quello della Moschea di Abu Dhabi, a causa delle sue dimensioni, è stato realizzato in varie pezzature unite tra loro in loco).
Della Moschea di Muscat rammento anche lo splendido lampadario centrale raffigurante tanti piccoli minareti e realizzato in cristalli Swarovsky e le decorazioni delle pareti e del soffitto.
Sotto l’aspetto artistico mi ha impressionato molto più della sua sorella maggiore che deve la sua fama anche alle sue dimensioni e al grande lampadario centrale, il più grande del mondo, del peso di quindici tonnellate.
Comunque molto belle entrambe queste Moschee mentre meno buono è il ricordo del guardiano che, alla Moschea di Abu Dhabi, non ci ha permesso di avvicinarci alla tomba dell’Emiro a causa del velo scivolato dalla testa di qualche nostra signora che ha così mostrando il conturbante spettacolo dei suoi capelli!
Ma tant’è: la loro cultura è questa e a noi spetta di rispettarla anche se non sarebbe male che loro facessero altrettanto con la nostra.
E il Burji Kalifa?
E’ un freddo pannellone di vetro e acciaio che non mi ha trasmesso nessun’altra emozione se non quella di poter dire di avere visto il grattacielo più alto del mondo da vicino.
Molto più divertente è risultata la salita alla Cornice (The Frame) dalla quale guardare lo sky line della città vecchia da un lato e di quella nuova
dall’altro ed emozionante è stato anche il camminare sul pavimento di cristallo trasparente a centocinquanta metri d’altezza.
Tutto bello: i luoghi e la gente così diversi dai nostri standards di vita quotidiana ma soprattutto il miglior condimento di ogni piatto è stata la compagnia con un gruppo di giovani, di meno giovani e di diversamente giovani con i quali ho vissuto nove giornate bellissime, senza un attimo di noia, all’insegna del sapersi divertire anche dopo aver compiuto i diciannove anni.
Un saluto da Guido Renato.
Paolo Ardrizzi