San Maurizio al Monastero Maggiore
16 novembre 2023
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Resoconto
Camminando tra affreschi e antica vestigia
Visita al monastero di San Maurizio
Metti una città come Milano: la città per eccellenza dei capolavori nascosti.
Metti una chiesa, conosciuta da pochi, in centro a Milano.
Metti che un giorno, un gruppo di persone decidano di visitarla e se ne innamorino per i suoi capolavori, la sua storia, la sua particolarità.
Arrivati in corso Magenta 15 ci troviamo davanti la Chiesa del Monastero di S. Maurizio.
La sua facciata è sobria, “attenta a non attirare l'attenzione”.
Ma, superata la soglia, si svela per quello che è.
San Maurizio è molto particolare nella sua struttura e colpisce per la sua originalità.
Era infatti la chiesa dell’ex Monastero Maggiore, il più vasto e antico cenobio femminile di Milano e fu iniziata nel 1503 non solo per la cittadinanza ma anche per le monache di clausura che però non potevano entrare in contatto con il pubblico.
Ecco allora la singolare divisione della chiesa in due metà: quella verso la strada (la parte destinata ai fedeli) è separata da un tramezzo dal cosiddetto Coro delle Monache, riservato alle sole religiose (che sentivano Messa e si comunicavano grazie a una grata posta sul tramezzo stesso).
Il convento era abitato da figlie di famiglie facoltose, obbligate al monachesimo per non disperdere il patrimonio.
Al suo interno ogni centimetro quadrato è un capolavoro e ogni opera è connessa con storie e personaggi.
Fu affrescata dai migliori artisti rinascimentali che operavano a Milano tra il 1510 e il 1575 circa molti dei quali dimostrano in alcune citazioni di aver subito il fascino della pittura di Leonardo da Vinci.
In particolare gli affreschi di Bernardino Luini e figli sono la maggiore testimonianza dell'arte di questo artista a Milano.
Tra i tanti capolavori ve ne raccontiamo solo alcuni perché chi ancora non conosce questa chiesa deve andare a visitarla di persona.
Sull’altare maggiore “l’Adorazione dei Magi”, di Antonio Campi, ha sostituito una precedente opera di Bernardino Luini. Ad attirare l'attenzione dello spettatore non è tanto lo sguardo di S. Giuseppe o la curiosità del bambino Gesù, ma il sedere del cavallo dipinto in primo piano, un'insolita scelta del pittore che andava contro le convenzioni dell’epoca.
L'invenzione piacque molto a Caravaggio che infatti copiò l'idea nel dipinto la "Conversione di Saulo".
Stupendi gli affreschi sul tramezzo, tra cui “il martirio di San Maurizio” e “San Sigismondo che offre a San Maurizio il modello della chiesa”.
Nella cappella dei Besozzi c'è un affresco che mostra la decapitazione di Santa Caterina d’Alessandria.
Si narra che Bernardino Luini si fosse ispirato agli eventi di cronaca e scelse per il volto della santa quello di Bianca Maria Gaspardone, nota a tutti come la contessa di Challant.
Oltre ai tradimenti e alle tante relazioni extraconiugali, la contessa fu accusata di aver richiesto l’uccisione di uno dei suoi amanti e per questo fu decapitata presso una delle porte laterali del Castello Sforzesco.
Nel Coro delle monache ad attirare l'attenzione è il grande affresco “l’arca di Noè” con tanto di unicorni e “l'Annunciazione” che mostra, al posto della tradizionale colomba, un Gesù bambino che vola verso Maria.
Finita la visita della chiesa, siamo usciti e, camminando abbiamo potuto ammirare le vestigia romane sulla quale il Monastero è stato costruito e anche qui abbiamo conosciuto una parte di Milano sconosciuta a partire dal circo.
Poche città romane potevano vantare di possedere un circo, poiché era simbolo di un grande potere economico e militare visto il costo del mantenimento di una struttura così grande e dei cavalli.
Nel Nord Italia, oltre a Milano, solo Aquileia possedeva un circo.
Il circo romano di Milano era principalmente utilizzato per gare sportive a cavallo (guidati sia da bighe che da quadrighe) ed eccezionalmente per combattimenti tra gladiatori.
Abbiamo quindi unito una visita culturale a una bella passeggiata per vie di Milano che nessuno di noi conosceva.
A conferma che Milano ha tanto da offrire.
Ora, tornati a casa, ci prepariamo per la prossima gita al palazzo Serbelloni
Claudia Delissandri
Visita al monastero di San Maurizio
Metti una città come Milano: la città per eccellenza dei capolavori nascosti.
Metti una chiesa, conosciuta da pochi, in centro a Milano.
Metti che un giorno, un gruppo di persone decidano di visitarla e se ne innamorino per i suoi capolavori, la sua storia, la sua particolarità.
Arrivati in corso Magenta 15 ci troviamo davanti la Chiesa del Monastero di S. Maurizio.
La sua facciata è sobria, “attenta a non attirare l'attenzione”.
Ma, superata la soglia, si svela per quello che è.
San Maurizio è molto particolare nella sua struttura e colpisce per la sua originalità.
Era infatti la chiesa dell’ex Monastero Maggiore, il più vasto e antico cenobio femminile di Milano e fu iniziata nel 1503 non solo per la cittadinanza ma anche per le monache di clausura che però non potevano entrare in contatto con il pubblico.
Ecco allora la singolare divisione della chiesa in due metà: quella verso la strada (la parte destinata ai fedeli) è separata da un tramezzo dal cosiddetto Coro delle Monache, riservato alle sole religiose (che sentivano Messa e si comunicavano grazie a una grata posta sul tramezzo stesso).
Il convento era abitato da figlie di famiglie facoltose, obbligate al monachesimo per non disperdere il patrimonio.
Al suo interno ogni centimetro quadrato è un capolavoro e ogni opera è connessa con storie e personaggi.
Fu affrescata dai migliori artisti rinascimentali che operavano a Milano tra il 1510 e il 1575 circa molti dei quali dimostrano in alcune citazioni di aver subito il fascino della pittura di Leonardo da Vinci.
In particolare gli affreschi di Bernardino Luini e figli sono la maggiore testimonianza dell'arte di questo artista a Milano.
Tra i tanti capolavori ve ne raccontiamo solo alcuni perché chi ancora non conosce questa chiesa deve andare a visitarla di persona.
Sull’altare maggiore “l’Adorazione dei Magi”, di Antonio Campi, ha sostituito una precedente opera di Bernardino Luini. Ad attirare l'attenzione dello spettatore non è tanto lo sguardo di S. Giuseppe o la curiosità del bambino Gesù, ma il sedere del cavallo dipinto in primo piano, un'insolita scelta del pittore che andava contro le convenzioni dell’epoca.
L'invenzione piacque molto a Caravaggio che infatti copiò l'idea nel dipinto la "Conversione di Saulo".
Stupendi gli affreschi sul tramezzo, tra cui “il martirio di San Maurizio” e “San Sigismondo che offre a San Maurizio il modello della chiesa”.
Nella cappella dei Besozzi c'è un affresco che mostra la decapitazione di Santa Caterina d’Alessandria.
Si narra che Bernardino Luini si fosse ispirato agli eventi di cronaca e scelse per il volto della santa quello di Bianca Maria Gaspardone, nota a tutti come la contessa di Challant.
Oltre ai tradimenti e alle tante relazioni extraconiugali, la contessa fu accusata di aver richiesto l’uccisione di uno dei suoi amanti e per questo fu decapitata presso una delle porte laterali del Castello Sforzesco.
Nel Coro delle monache ad attirare l'attenzione è il grande affresco “l’arca di Noè” con tanto di unicorni e “l'Annunciazione” che mostra, al posto della tradizionale colomba, un Gesù bambino che vola verso Maria.
Finita la visita della chiesa, siamo usciti e, camminando abbiamo potuto ammirare le vestigia romane sulla quale il Monastero è stato costruito e anche qui abbiamo conosciuto una parte di Milano sconosciuta a partire dal circo.
Poche città romane potevano vantare di possedere un circo, poiché era simbolo di un grande potere economico e militare visto il costo del mantenimento di una struttura così grande e dei cavalli.
Nel Nord Italia, oltre a Milano, solo Aquileia possedeva un circo.
Il circo romano di Milano era principalmente utilizzato per gare sportive a cavallo (guidati sia da bighe che da quadrighe) ed eccezionalmente per combattimenti tra gladiatori.
Abbiamo quindi unito una visita culturale a una bella passeggiata per vie di Milano che nessuno di noi conosceva.
A conferma che Milano ha tanto da offrire.
Ora, tornati a casa, ci prepariamo per la prossima gita al palazzo Serbelloni
Claudia Delissandri