Palazzo Serbelloni
1 dicembre 2023
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Resoconto
PALAZZO SERBELLONI:
UNA BELLEZZA NASCOSTA
Guardando la facciata esterna del palazzo, all'inizio di c.so Venezia, non ti aspetteresti la bellezza nascosta nel suo interno, perché è un neoclassico molto sobrio. Edificato negli anni 1660-70 è una delle tante dimore eccellenti che fiancheggiavano il viale, chiamato allora corso di Porta Orientale, attraverso il quale transitava l'Arciduca Ferdinando D'Austria, quando, da palazzo Reale si spostava nella residenza di caccia alla Villa Reale di Monza. Dovendo risultare edifici di rappresentanza vennero costruiti in regime d'esenzione. Tanto per dire che allora, come oggi, il popolo si sobbarcava la maggioranza degli oneri che venivano “scansati" dai più abbienti.
In un angolo del cortile, il fondatore della casata Gabrio I, capitano di ventura, gonfa-loniere delle truppe pontificie e cavaliere di Malta, saluta i visitatori, rap-presentato in un bel busto mar-moreo. Sarà proprio lui, imparentandosi con Busto Arconati, a dar inizio alla discendenza milanese dei Serbelloni, consacrata poi alla nobiliarieta' lombarda dal figlio di Gabrio III, Gian Galeazzo, che sposa una Visconti e fa portare a termine i lavori del palazzo.
L'architetto Cantoni aveva il problema della planimetria, dato che uno dei lati era percorso dal Naviglio e non risultava perpendicolare rispetto al corso. Ideò perciò un trapezio rettangolo con facciata diagonale.
Attraverso una bellissima scala ellittica si sale al primo piano, aperto al pubblico. In una delle sale di rappresentanza compare lo stemma familiare che comprende: un cervo, forse dallo spagnolo “cerbellon" da cui Serbelloni, una pianta di sorbo, lo stemma comunale, il biscione visconteo, la scritta SPQR (riservata ai cittadini romani) e la croce di Malta.
Si passa poi in una scenografica e immensa sala da ballo, detta: “salone napoleonico". Nel 1776 furono ospitati a palazzo Napoleone e la moglie Giusep-pina, in realtà il salone all'epoca non era completato.
Due balconcini nelle pareti corte, contrapposte, ospitavano cantanti, coristi e orchestrali durante lo svolgersi delle feste. I pavimenti sono ancora originali, come i maestosi lampadari in cristallo di Boemia. I rivestimenti però non sono in vero marmo, ma in scagliola.
Per un lungo periodo del ‘900 una zona del palazzo è stata sede del Circolo della Stampa. La famiglia decise poi di togliere ogni arredo, affittando le sale per eventi e ricevimenti privati. Una di queste prende nome dal Parini che fu precettore di Gian Galeazzo, al quale si ispirò per il suo “giovin signore". Pare sia stato allontanato a seguito di pettegolezzi insistenti circa un probabile adulterio, che riguardavano la madre del suo discepolo M. Teresa Vittoria Visconti.
Al termine delle sale, due boudoir concludono il percorso. Il secondo è una vera chicca, vi son rappresentate, ad opera di Francesco Podesti, le vicende romantiche di Amore e Psiche alternate a fregi e ricchezza di decori. Affreschi splendidamen-te conservati che allietano lo sguardo.
Da ultimo, un'uscita sul giardino interno col suo piccolo “mausoleo", ci ha consentito di intravedere per un attimo un paio di eredi della famiglia, ora Gola-La Latta, attuali residenti di un'ala del palazzo, salire sulla loro Porsche e uscire verso il corso, sottraendosi in fretta ai nostri occhi curiosi.
Elisa Vigevano
UNA BELLEZZA NASCOSTA
Guardando la facciata esterna del palazzo, all'inizio di c.so Venezia, non ti aspetteresti la bellezza nascosta nel suo interno, perché è un neoclassico molto sobrio. Edificato negli anni 1660-70 è una delle tante dimore eccellenti che fiancheggiavano il viale, chiamato allora corso di Porta Orientale, attraverso il quale transitava l'Arciduca Ferdinando D'Austria, quando, da palazzo Reale si spostava nella residenza di caccia alla Villa Reale di Monza. Dovendo risultare edifici di rappresentanza vennero costruiti in regime d'esenzione. Tanto per dire che allora, come oggi, il popolo si sobbarcava la maggioranza degli oneri che venivano “scansati" dai più abbienti.
In un angolo del cortile, il fondatore della casata Gabrio I, capitano di ventura, gonfa-loniere delle truppe pontificie e cavaliere di Malta, saluta i visitatori, rap-presentato in un bel busto mar-moreo. Sarà proprio lui, imparentandosi con Busto Arconati, a dar inizio alla discendenza milanese dei Serbelloni, consacrata poi alla nobiliarieta' lombarda dal figlio di Gabrio III, Gian Galeazzo, che sposa una Visconti e fa portare a termine i lavori del palazzo.
L'architetto Cantoni aveva il problema della planimetria, dato che uno dei lati era percorso dal Naviglio e non risultava perpendicolare rispetto al corso. Ideò perciò un trapezio rettangolo con facciata diagonale.
Attraverso una bellissima scala ellittica si sale al primo piano, aperto al pubblico. In una delle sale di rappresentanza compare lo stemma familiare che comprende: un cervo, forse dallo spagnolo “cerbellon" da cui Serbelloni, una pianta di sorbo, lo stemma comunale, il biscione visconteo, la scritta SPQR (riservata ai cittadini romani) e la croce di Malta.
Si passa poi in una scenografica e immensa sala da ballo, detta: “salone napoleonico". Nel 1776 furono ospitati a palazzo Napoleone e la moglie Giusep-pina, in realtà il salone all'epoca non era completato.
Due balconcini nelle pareti corte, contrapposte, ospitavano cantanti, coristi e orchestrali durante lo svolgersi delle feste. I pavimenti sono ancora originali, come i maestosi lampadari in cristallo di Boemia. I rivestimenti però non sono in vero marmo, ma in scagliola.
Per un lungo periodo del ‘900 una zona del palazzo è stata sede del Circolo della Stampa. La famiglia decise poi di togliere ogni arredo, affittando le sale per eventi e ricevimenti privati. Una di queste prende nome dal Parini che fu precettore di Gian Galeazzo, al quale si ispirò per il suo “giovin signore". Pare sia stato allontanato a seguito di pettegolezzi insistenti circa un probabile adulterio, che riguardavano la madre del suo discepolo M. Teresa Vittoria Visconti.
Al termine delle sale, due boudoir concludono il percorso. Il secondo è una vera chicca, vi son rappresentate, ad opera di Francesco Podesti, le vicende romantiche di Amore e Psiche alternate a fregi e ricchezza di decori. Affreschi splendidamen-te conservati che allietano lo sguardo.
Da ultimo, un'uscita sul giardino interno col suo piccolo “mausoleo", ci ha consentito di intravedere per un attimo un paio di eredi della famiglia, ora Gola-La Latta, attuali residenti di un'ala del palazzo, salire sulla loro Porsche e uscire verso il corso, sottraendosi in fretta ai nostri occhi curiosi.
Elisa Vigevano