Castelli di Soragna e Fontanellato
22 febbraio 2020
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Resoconto
UNA GIORNATA NEL DUCATO
Il ducato di Parma era uno dei tanti staterelli italiani prima dell’unità nazionale e sorge, tra il Po e la montagna, in un territorio punteggiato da un ricco panorama di castelli.
Sabato 22 febbraio abbiamo visitato le, vicine fra loro, rocche di Soragna e di Fontanellato.
Come tutti i castelli di pianura, esse hanno struttura quadrata con torri angolari e sono circondate da un fossato.
Situate su preesistenti fortificazioni ricostruite nel ‘300 e caratterizzate da forti elementi difensivi, hanno visto assedi, rivalità per la successione e cambiamenti di alleanze ma, col passar del tempo e l’affermarsi delle Signorie, le lotte tra feudatari si fecero più rare e i loro castelli si sono via via trasformati in eleganti dimore nobiliari abitate dai discendenti delle casate fondatrici ancora ai nostri giorni o fino a pochi decenni fa.
La trasformazione si vede maggiormente nella rocca Meli Lupi di Soragna che, abbandonati i merli medievali, ci si presenta con una sobria facciata che, alleggerita da molte finestre, reca in alto lo stemma della casata e si apre con un solenne ingresso guardato da poderosi leoni di pietra.
Con i suoi porticati, corridoi, ampi saloni arredati con mobili d’epoca e il monumentale scalone d’onore, la rocca è l’esempio di una sontuosa ed elegante dimora nobiliare barocca il cui sfarzo venne accresciuto quando, all’inizio del ‘700, il feudo fu elevato a Principato del Sacro Romano Impero con facoltà di battere moneta.
La guida ci ha fatto via via notare dei particolari notevoli: i grandi camini, gli arazzi, le cassapanche di varie epoche, i preziosi mobili d’ebano con intarsi di madreperla e corallo, le raccolte d’armi, le collezioni di vasi e piatti cinesi e giapponesi e i grandi affreschi alle pareti particolarmente interessanti come quelli del salone delle Donne Forti.
Grandi sono stati la nostra ammirazione e il nostro stupore per la bravura degli artisti che hanno ornato la sala in cui, su pareti e soffitti, stucchi fastosi incorniciano gli affreschi glorificatori dei grandi condottieri della casata e, nella Camera Nuziale, hanno quasi completamente rivestito le murature con intagli ricoperti da foglia d’oro.
Nella galleria dei reperti storici abbiamo poi trovato oggetti più vicini a noi nel tempo: culle e carrozzine, una macchina elettrostatica e un ottocentesco velocipede.
Molto interessante, nella cappella del palazzo, anche il particolare del rilievo marmoreo dell’architetto e scultore Amodeo che, datato 1470, è stato rinvenuto da un discendente della casata in Francia e riconosciuto il committente dell’opera per la incisione che lo indicava nell’antenato Deifobus.
Non è mancata neppure una caratteristica importante per un castello: fra le sue mura si aggira un fantasma!
E’ quello di Donna Cenerina, chiamata così per il colore dell’incarnato o dei capelli o delle vesti con cui si mostra nelle sue apparizioni.
Si dice che la il fantasma della marchesa Costanza Marinoni, pugnalata dal cognato insieme alla sorella e che morì nella rocca il 19 giugno 1573, si manifesti con inquietanti rumori per annunciare una morte imminente.
Ultimamente non si è fatto sentire e noi abbiamo preso questa circostanza come una forma d’augurio per l’attuale Principe, anziano sì ma ancora molto vigo-roso e sportivo.
La rocca di Fontanellato fu invece eretta nel 1386 dalla famiglia San-vitale che la abitò con continuità fino all’ultimo discendente che la cedette al comune nel 1948.
La costruzione ci è apparsa imponente con le mura merlate, le torri angolari e in pieno rispondente alla nostra immagine di castello medievale.
Il fossato che la circonda, alimentato un tempo da una risorgiva, poteva anche rifornire di pesci gli abitanti del castello.
Anche qui abbiamo attraversato molti saloni ammirando alabarde e armi da fuoco, un incredibile forziere dalla serratura complessa ma elegante come un’opera di oreficeria, grandi camini, stemmi nobiliari e ritratti di antenati, affreschi rinascimentali di pittori importanti come i fratelli Campi o le grandi nature morte di Boselli che pone sempre la presenza di un gatto quasi come firma, fino al teatrino dei nipoti di Maria Luigia d’Austria che ebbe il ducato dopo la morte di Napoleone di cui era stata moglie.
Nella vasta collezione di stoviglie, vorrei ricordare i curiosi piatti a forma di cappello da cardinale rovesciato: nella cavità si ponevano i cibi liquidi e, sull’ampio bordo circolare rialzato, gli altri cibi (il “contorno” appunto).
Due sono risultate le attrattive più interessanti del castello.
La prima è la sala del Parmigianino, giovane pittore ma già affermato nel 1524, che Galeazzo Sanvitale, al pari di altri mecenati del Rinascimento, chiamò ad affrescare con il mito di Diana e di Atteone: il cacciatore che sorprese la dea nuda al bagno con le sue ancelle fu, per castigo, tramutato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani.
Il mito è ripreso dalle Metamorfosi di Orazio ma con alcune variazioni che fanno pensare a significati più profondi sul senso della vita e della morte come suggeriscono le scritte in latino sulla volta e sulle pareti.
Molte le interpretazioni simboliche ma si pensa che la piccola stanza senza luce esterna fosse un luogo di preghiera e meditazione di Paola Gonzaga dopo la scomparsa del piccolissimo figlio.
La seconda attrattiva è la camera ottica, dei primi dell’Ottocento, posta in una delle torri laterali.
Vi si accede in piccolissimi gruppi e quello che si vede proiettato è dovuto a un ingegnoso gioco di rifrazione della luce su un prisma che dà l’effetto di vere e proprie telecamere poste sulla piazza di fronte all’ingresso del castello.
Attualmente è l’unica camera ottica aperta al pubblico in Italia.
Questi ritorni nel passato ci piacciono molto e siamo pronti a visitare nuovi castelli!
Laura Re
Il ducato di Parma era uno dei tanti staterelli italiani prima dell’unità nazionale e sorge, tra il Po e la montagna, in un territorio punteggiato da un ricco panorama di castelli.
Sabato 22 febbraio abbiamo visitato le, vicine fra loro, rocche di Soragna e di Fontanellato.
Come tutti i castelli di pianura, esse hanno struttura quadrata con torri angolari e sono circondate da un fossato.
Situate su preesistenti fortificazioni ricostruite nel ‘300 e caratterizzate da forti elementi difensivi, hanno visto assedi, rivalità per la successione e cambiamenti di alleanze ma, col passar del tempo e l’affermarsi delle Signorie, le lotte tra feudatari si fecero più rare e i loro castelli si sono via via trasformati in eleganti dimore nobiliari abitate dai discendenti delle casate fondatrici ancora ai nostri giorni o fino a pochi decenni fa.
La trasformazione si vede maggiormente nella rocca Meli Lupi di Soragna che, abbandonati i merli medievali, ci si presenta con una sobria facciata che, alleggerita da molte finestre, reca in alto lo stemma della casata e si apre con un solenne ingresso guardato da poderosi leoni di pietra.
Con i suoi porticati, corridoi, ampi saloni arredati con mobili d’epoca e il monumentale scalone d’onore, la rocca è l’esempio di una sontuosa ed elegante dimora nobiliare barocca il cui sfarzo venne accresciuto quando, all’inizio del ‘700, il feudo fu elevato a Principato del Sacro Romano Impero con facoltà di battere moneta.
La guida ci ha fatto via via notare dei particolari notevoli: i grandi camini, gli arazzi, le cassapanche di varie epoche, i preziosi mobili d’ebano con intarsi di madreperla e corallo, le raccolte d’armi, le collezioni di vasi e piatti cinesi e giapponesi e i grandi affreschi alle pareti particolarmente interessanti come quelli del salone delle Donne Forti.
Grandi sono stati la nostra ammirazione e il nostro stupore per la bravura degli artisti che hanno ornato la sala in cui, su pareti e soffitti, stucchi fastosi incorniciano gli affreschi glorificatori dei grandi condottieri della casata e, nella Camera Nuziale, hanno quasi completamente rivestito le murature con intagli ricoperti da foglia d’oro.
Nella galleria dei reperti storici abbiamo poi trovato oggetti più vicini a noi nel tempo: culle e carrozzine, una macchina elettrostatica e un ottocentesco velocipede.
Molto interessante, nella cappella del palazzo, anche il particolare del rilievo marmoreo dell’architetto e scultore Amodeo che, datato 1470, è stato rinvenuto da un discendente della casata in Francia e riconosciuto il committente dell’opera per la incisione che lo indicava nell’antenato Deifobus.
Non è mancata neppure una caratteristica importante per un castello: fra le sue mura si aggira un fantasma!
E’ quello di Donna Cenerina, chiamata così per il colore dell’incarnato o dei capelli o delle vesti con cui si mostra nelle sue apparizioni.
Si dice che la il fantasma della marchesa Costanza Marinoni, pugnalata dal cognato insieme alla sorella e che morì nella rocca il 19 giugno 1573, si manifesti con inquietanti rumori per annunciare una morte imminente.
Ultimamente non si è fatto sentire e noi abbiamo preso questa circostanza come una forma d’augurio per l’attuale Principe, anziano sì ma ancora molto vigo-roso e sportivo.
La rocca di Fontanellato fu invece eretta nel 1386 dalla famiglia San-vitale che la abitò con continuità fino all’ultimo discendente che la cedette al comune nel 1948.
La costruzione ci è apparsa imponente con le mura merlate, le torri angolari e in pieno rispondente alla nostra immagine di castello medievale.
Il fossato che la circonda, alimentato un tempo da una risorgiva, poteva anche rifornire di pesci gli abitanti del castello.
Anche qui abbiamo attraversato molti saloni ammirando alabarde e armi da fuoco, un incredibile forziere dalla serratura complessa ma elegante come un’opera di oreficeria, grandi camini, stemmi nobiliari e ritratti di antenati, affreschi rinascimentali di pittori importanti come i fratelli Campi o le grandi nature morte di Boselli che pone sempre la presenza di un gatto quasi come firma, fino al teatrino dei nipoti di Maria Luigia d’Austria che ebbe il ducato dopo la morte di Napoleone di cui era stata moglie.
Nella vasta collezione di stoviglie, vorrei ricordare i curiosi piatti a forma di cappello da cardinale rovesciato: nella cavità si ponevano i cibi liquidi e, sull’ampio bordo circolare rialzato, gli altri cibi (il “contorno” appunto).
Due sono risultate le attrattive più interessanti del castello.
La prima è la sala del Parmigianino, giovane pittore ma già affermato nel 1524, che Galeazzo Sanvitale, al pari di altri mecenati del Rinascimento, chiamò ad affrescare con il mito di Diana e di Atteone: il cacciatore che sorprese la dea nuda al bagno con le sue ancelle fu, per castigo, tramutato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani.
Il mito è ripreso dalle Metamorfosi di Orazio ma con alcune variazioni che fanno pensare a significati più profondi sul senso della vita e della morte come suggeriscono le scritte in latino sulla volta e sulle pareti.
Molte le interpretazioni simboliche ma si pensa che la piccola stanza senza luce esterna fosse un luogo di preghiera e meditazione di Paola Gonzaga dopo la scomparsa del piccolissimo figlio.
La seconda attrattiva è la camera ottica, dei primi dell’Ottocento, posta in una delle torri laterali.
Vi si accede in piccolissimi gruppi e quello che si vede proiettato è dovuto a un ingegnoso gioco di rifrazione della luce su un prisma che dà l’effetto di vere e proprie telecamere poste sulla piazza di fronte all’ingresso del castello.
Attualmente è l’unica camera ottica aperta al pubblico in Italia.
Questi ritorni nel passato ci piacciono molto e siamo pronti a visitare nuovi castelli!
Laura Re