Visita al Castello di Torrechiara
9 marzo 2017
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Resoconto
Una cronaca gustosa, per schemi. Già dal pullman ecco la visione del Castello. Giovanni, la nostra guida solerte, arriva con il furgone per ridurre il disagio della salita, per chi ha difficoltà. Il suo aspetto è biblico, barba folta e bianca, ben pettinata e nonostante l'aria frizzante ha le maniche corte. E spiega: le notizie che vi darò si dividono in due grossi temi; il primo, comprende dati storici con date e nomi, il secondo è composto dai pettegolezzi e dalle dicerie popolari. Pare che il nome derivi dal corrispettivo nel dialetto parmense del verbo torchiare, ovvero pestare e spremere qualcosa in un torchio; infatti la zona è ricca di vigneti e la rocca era il luogo dove si produceva e si immagazzinava il vino e non come vuole una errata convinzione da una nobildonna di nome Chiara. La costruzione iniziò nel 1448 per terminare nel 1460. Nella sua vita non fu mai assediato per cui divenne residenza degli incontri tra Pier Maria Rossi (uomo di grande cultura classica, legato fortemente alla casata dei Visconti di Milano) e Bianca Pellegrini, che era la sua amante. La parte centrale ed i torrioni, nella parte alta, si allargano all'esterno con il sapiente metodo dei mattoni che, inserendosi nel muro, si allargano all'esterno mentre salgono e l'estensione della superficie perimetrale corrispondente al camminamento del giro di ronda. I mattoni cotti non disdegnano ogni tanto: i sassi, invece, li troviamo nei muri interni del cortile, intonacati e lasciati scoperti in piccole zone. I piani alti, seguendo l'arco del sole (importante per quel tempo), dal lato
del tramonto, è un piano più basso affinché il piano più alto della parte opposta possa godere del massimo di luce. Il castello, sfrutta, nei vari piani, il metodo dell'arco, che conferisce alla struttura la massima solidità; ove necessario, si trovano anche le catenarie o tiranti in acciaio. Degli affreschi scelgo la sala degli acrobati e “La piramide” composta da quattro leoni di base e dodici atleti che si supportano realizzando quattro livelli portanti. Nel cortile, un'ampia ruota in ferro è parte della pompa che posta nel 1600 portava ai piani superiori l'acqua che si trova in una cisterna di raccolta dell'acqua piovana e in parte dal pozzo artesiano, entrambi interrati, nel cortile. Il castello ha riportato seri danni in seguito al sisma
del 23 dicembre 2008. Dopo una parziale chiusura al pubblico,
è stato completamente restaurato e riaperto il 27 febbraio 2010.
Usciti, siamo scesi al ristorante “ Il Mulino”. Vino, pane di pasta dura, ravioli ed eccellenti salumi con dolce e caffè. Questi emiliani sanno proprio vivere.
Anna
del tramonto, è un piano più basso affinché il piano più alto della parte opposta possa godere del massimo di luce. Il castello, sfrutta, nei vari piani, il metodo dell'arco, che conferisce alla struttura la massima solidità; ove necessario, si trovano anche le catenarie o tiranti in acciaio. Degli affreschi scelgo la sala degli acrobati e “La piramide” composta da quattro leoni di base e dodici atleti che si supportano realizzando quattro livelli portanti. Nel cortile, un'ampia ruota in ferro è parte della pompa che posta nel 1600 portava ai piani superiori l'acqua che si trova in una cisterna di raccolta dell'acqua piovana e in parte dal pozzo artesiano, entrambi interrati, nel cortile. Il castello ha riportato seri danni in seguito al sisma
del 23 dicembre 2008. Dopo una parziale chiusura al pubblico,
è stato completamente restaurato e riaperto il 27 febbraio 2010.
Usciti, siamo scesi al ristorante “ Il Mulino”. Vino, pane di pasta dura, ravioli ed eccellenti salumi con dolce e caffè. Questi emiliani sanno proprio vivere.
Anna