Articoli del giornalino maggio/giugno 2019
LA STORIA DI LAZZARO
Ero stato informato dal redattore del nostro giornalino che, per l’edizione del nuovo numero, ci mancava un articolo di fondo (da scrivere dunque con urgenza) che prescindesse dalla descrizione dei viaggi, degli incontri e delle varie visite culturali e turistiche organizzate dalla nostra associazione. Così ho pensato di rivolgermi agli animatori della rassegna stampa ed in particolare agli amici Bruno Colle ed Enrico Sciarini scoprendo però che entrambi vivevano un momento caratterizzato da grossi problemi familiari a causa della salute delle rispettive signore. Nel fine settimana sono stato poi informato dell’avvenuto decesso di entrambe e domenica alla Santa Messa ho ascoltato il passo evangelico che narra la morte e la resurrezione di Lazzaro. Queste concomitanze mi hanno quindi incentivato a svolgere alcune riflessioni, di cui vi rendo partecipi, aiutato dalla rilettura di un’omelia che, anni fa, mi aveva particolarmente colpito e il cui testo ho conservato. Non vi è dubbio che nel nostro vivere quotidiano ciascuno di noi cerchi sempre di dimenticarsi della morte. Spesso, anzi, ci comportiamo quasi la volessimo addirittura negare pur non potendo disconoscere come questo evento sia di fatto l’unica certezza assoluta che tutti noi abbiamo fin dal momento in cui siamo entrati in questo mondo. Ma la storia di Lazzaro ci ricorda anche che un giorno risorgeremo e, dunque, che l’ultima “buona notte” quaggiù è già un “buon giorno” in cielo perché la morte di Lazzaro (temporalmente anche prima della sua) serve a dimostrarci che Gesù ha vinto il peggiore dei nemici degli uomini. Gesù si commuove e piange perché vuole bene a Lazzaro e, allo stesso modo, si commuove e vuol bene ad ognuno di noi. Che la storia di Lazzaro sia dunque un veicolo per portarci a riflettere sull’amore di Gesù e sull’imprescindibile fiducia che in Lui dobbiamo avere. Una fiducia come quella di San Francesco che, nell’ultima parte del suo Cantico delle Creature, chiama la morte “sorella”. Queste parole, da lui dettate quasi in punto di morte, mi hanno sempre colpito per la pace che comunicano: sono le parole di un uomo che, passando attraverso le diverse esperienze della vita, ha imparato a coglierne ogni attimo come dono. Francesco guardava alla Creazione già con gli occhi del Risorto e perciò chiamava “sorella” e “fratello“ ogni creatura riconoscendola parte di un unico, immenso disegno d’amore. Solo così, al termine della sua vita terrena, ha potuto continuare a rendere grazie fino a chiamare “sorella” anche la sua morte. L’ultimo respiro si effonde in un altro respiro, soffio dello Spirito che genera nuova Vita: ciò che abbiamo amato veramente, con cuore puro, slancio e generosità, non muore mai ma rimane in Dio che è amore. Perciò i parenti di ogni defunto, pur se provati dal dolore, possono affrontarne la morte dei propri cari con serenità sapendo che è già sconfitta: “Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Cor 15,57). Un abbraccio grande a Bruno e a Enrico. Antonio |
ASSEMBLEA DEI SOCI
Venerdì 8/3 u.s. si è svolta l’Assemblea annuale dei Soci della nostra Associazione.
Dopo la presentazione del nuovo Presidente Antonio Dallera, lo stesso ha sottolineato l’importanza dell’incontro perché, corrispondendo alla triennale scadenza del Consiglio Direttivo, i soci erano chiamati ad eleggere i componenti del nuovo Consiglio Direttivo.
E’ stato quindi commentato e sintetizzato tutto quanto svolto ed organizzato nel corso 2018 senza dimenticare né i ringraziamenti a Paolo Bontempi per l’impegno profuso nella sua lunga presidenza né di ricordare Padre Franco (fondatore e indiscusso capo redattore del nostro giornalino) e il signor Aldo Villa (promotore e organizzatore di tante vacanze in montagna).
Il Presidente ha quindi annunciato che quest’anno i soci saranno probabilmente chiamati a partecipare ad un’ulteriore Assemblea per approvare modifiche e integrazioni dello statuto per allinearsi alle nuove normative legislative su privacy e terzo settore ed ha chiuso il suo intervento rammentando come lo spirito del Movimento debba continuare ad essere ispirato a coltivare fra le persone anziane la solidarietà, l’aggregazione e lo spirito di servizio.
E’ stata quindi chiesta, in questo senso, una sempre maggior partecipazione attiva finalizzata soprattutto a coltivare e sviluppare l’amicizia fra noi.
La parola è quindi passata ai vari Consiglieri ciascuno dei quali ha illustrato le attività e le competenze ricoperte per incontri, conferenze, viaggi, gite, pellegrinaggi ed altri eventi nonché per gli aspetti economici ed amministrativi legati all’Associazione.
Si è quindi passati alla votazione che ha visto eletti i Consiglieri i signori Bontempi Paolo (con 21 preferenze), Bruno Lina (25), Carabelli Bertario Lidia (34), Dallera Antonio (46), Fassina Armando (38), Federico Lidia (39) Meroni Ornella (50) e Telesi Giorgio (44).
Sono state inoltre confermate come rappresentanti di Segrate e del Villaggio rispettivamente le signore Paola Perodi e Ivonne Marini.
Un breve rinfresco ha chiuso la riunione. Ringraziamo tutti per la partecipazione.
Antonio
Venerdì 8/3 u.s. si è svolta l’Assemblea annuale dei Soci della nostra Associazione.
Dopo la presentazione del nuovo Presidente Antonio Dallera, lo stesso ha sottolineato l’importanza dell’incontro perché, corrispondendo alla triennale scadenza del Consiglio Direttivo, i soci erano chiamati ad eleggere i componenti del nuovo Consiglio Direttivo.
E’ stato quindi commentato e sintetizzato tutto quanto svolto ed organizzato nel corso 2018 senza dimenticare né i ringraziamenti a Paolo Bontempi per l’impegno profuso nella sua lunga presidenza né di ricordare Padre Franco (fondatore e indiscusso capo redattore del nostro giornalino) e il signor Aldo Villa (promotore e organizzatore di tante vacanze in montagna).
Il Presidente ha quindi annunciato che quest’anno i soci saranno probabilmente chiamati a partecipare ad un’ulteriore Assemblea per approvare modifiche e integrazioni dello statuto per allinearsi alle nuove normative legislative su privacy e terzo settore ed ha chiuso il suo intervento rammentando come lo spirito del Movimento debba continuare ad essere ispirato a coltivare fra le persone anziane la solidarietà, l’aggregazione e lo spirito di servizio.
E’ stata quindi chiesta, in questo senso, una sempre maggior partecipazione attiva finalizzata soprattutto a coltivare e sviluppare l’amicizia fra noi.
La parola è quindi passata ai vari Consiglieri ciascuno dei quali ha illustrato le attività e le competenze ricoperte per incontri, conferenze, viaggi, gite, pellegrinaggi ed altri eventi nonché per gli aspetti economici ed amministrativi legati all’Associazione.
Si è quindi passati alla votazione che ha visto eletti i Consiglieri i signori Bontempi Paolo (con 21 preferenze), Bruno Lina (25), Carabelli Bertario Lidia (34), Dallera Antonio (46), Fassina Armando (38), Federico Lidia (39) Meroni Ornella (50) e Telesi Giorgio (44).
Sono state inoltre confermate come rappresentanti di Segrate e del Villaggio rispettivamente le signore Paola Perodi e Ivonne Marini.
Un breve rinfresco ha chiuso la riunione. Ringraziamo tutti per la partecipazione.
Antonio
Un racconto nella nostra storia...
Il partigiano
Pum … pum…
Ci avevano detto che dovevamo incontrarci con l’altra brigata per poi fare da scorta a un importante personaggio e camminavamo nella boscaglia stando attenti che non ci fossero fascisti o tedeschi.
Eravamo a corto di munizioni e in uno stato di debolezza al limite del collasso perché ormai erano un po’ di giorni che non trovavamo niente da mettere nello stomaco al punto da mangiare le radici delle piante e le ghiande che trovavamo sugli alberi pur di mandare giù qualcosa.
Neanche fossimo stati maiali.
Pum … pum …
Eravamo vicini a un cascinale dove sapevamo che qualcuno ci avrebbe aiutati però dovevamo stare molto all’erta perché ci avevano avvisati che i fascisti e i tedeschi venivano spesso a controllare da queste parti.
Ormai era pomeriggio tardi e cominciava già a fare scuro e questo ci favoriva.
Arrivati vicino al cascinale, l’Armando fece il verso di un uccello che non ho mai capito quale fosse e aspettammo che uscisse qualcuno a segnalarci che l’aria era libera.
Nessuna risposta.
Armando rifece il verso ma anche questa volta niente.
Pum … pum …
Ce ne stavamo andando quando vedemmo uscire dal portoncino un cagnolino che, dopo aver annusato l’aria, venne verso di noi fermandosi a un paio di metri.
“Guarda che bel cagnoeu, chissà cume le bun a fal rustì.”
Cominciammo a chiamarlo:
“Toh, Fufi vegn chi.”
“Forse si chiama Bobi o Leo, mio zio aveva un cane che si chiamava Argo, come il cane di Ulisse, dovevate vedere …”
“Cosa ce ne frega del cane di tuo zio, vediamo di prendere questo.”
Cominciai a muovere la mano nell’erba e riuscii ad attirare la sua attenzione; piegò la testa da una parte e poi si accucciò come fanno i cani quando vogliono giocare cominciando a strisciare verso di me.
Fu un attimo, l’Armando gli fu addosso e il cane ignoto sparì senza fare un verso.
Pum … pum …
Riprendemmo il cammino e quando arrivammo in un posto sicuro preparammo il falò per la cena.
“Por cagnoeu, me dispiass ma, cume disen i latin, mors tua vita mea.”
La fame arretrata era così tanta che ci sembrò di mangiare come neanche al Biffi potevi trovare di meglio.
“Giuro che quando finisce questa merda di guerra e torniamo a casa, metto su un allevamento di cani in memoria di questa povera bestia, lo chiamerò … lo chiamerò “Il cane ignoto.”
“E dopo li vendi ai ristoranti della zona?”
“Va là scemo; dopo, se vedrò qualcuno che maltratta un cane, giuro che gli stacco la testa. I cani sono i migliori amici dell’uomo e questo forse ci ha salvato dal morire di fame mangiando scarafaggi e ghiande.”
La mattina seguente ripartimmo e attraverso i boschi arrivammo all’appuntamento con gli altri partigiani che,
contrariamente a noi, avevano armi, munizioni e un sacco di roba da mangiare.
Pum … pum …
Ci dissero che dovevamo partire all’alba del giorno dopo per incontrarci con un generale inglese: “el general Lisander”.
“Mariett, si chiamava Alexander.”
“Mi ho capì Lisander.”
Dopo aver camminato tutto il giorno e quando eravamo quasi arrivati a destinazione, sentimmo degli spari non troppo lontano da noi e, pensando che qualche altra brigata fosse nelle rogne, subito partimmo sparati da quella parte.
Arrivammo alle spalle dei tedeschi che si trovarono come il salame in mezzo al “sanguiss” e cominciammo a sparare come dei disperati facendoli scappare.
Pum … pum …
Avevamo pensato che quelli che stavano dall’altra parte fossero partigiani e invece erano gli inglesi che accompagnavano il Lisander all’appuntamento.
Noi non capivamo un’ostrega di quello che dicevano, non eravamo come quelli di adesso che cantano le canzoni dei Beatles e parlano correttamente l’inglese, noi al massimo avevamo fatto la quinta ma, comunque, capivamo che erano contenti che gli avevamo salvato la ghirba.
El General Lisander non era mica vestito da Generale e, al momento, avevamo pensato che la sua fosse una pattuglia in avanscoperta; così l’abbiamo accompagnata al comando di zona e solo lì abbiamo saputo chi avevamo salvato.
Dopo un po’ di mesi da quando era finita la guerra mi arriva una lettera che mi invita a presentarmi al consolato inglese “per comunicazioni importanti che la riguardano.”
Pum … Pum …
Quando sono andato, mi sono trovato con i miei compagni partigiani e, mentre andavamo a bere un bianco prima di entrare nel consolato, abbiamo cominciato a domandarci cosa mai volesse quella gente lì.
“Signor Mario ……. Il Generale Lisander, come ringraziamento per il vostro atto eroico che gli ha salvato la vita, mi ha incaricato di consegnarle questa targa d’oro e la medaglia …”
Mi sunt un pu’ gnurant e lù el parlava minga tropp ben l’italiano e g’ho minga capì che razza de medaglia l’era.”
“Mariett, quanti tedeschi e partigiani hai ammazzato?”
“La vita è sacra e io non ho mai sparato per uccidere.”
“E quando avete salvato il Generale Alexander tu dove sparavi?”
“Sparavo alle piante perché pensavo che quei tudeschi li, a casa, avevano anche loro una famiglia che li aspettava come ce l’avevo io. Cume te fè a cupà un omm cumè ti, porca di quella troia?”
Pum … pum … pum … pum …
Per tutto il tempo del suo racconto, usando come base il porta ombrellone di cemento e con uno zoccolo di legno, aveva continuato a battere lo stoccafisso che aveva comperato al mercato e come tutte le altre volte che ci raccontava la sua storia, appena finito di parlare, si ingobbiva nel tentativo di nascondere le grosse lacrime che erano spuntate dai suoi occhi.
Paolo Ardrizzi
Il partigiano
Pum … pum…
Ci avevano detto che dovevamo incontrarci con l’altra brigata per poi fare da scorta a un importante personaggio e camminavamo nella boscaglia stando attenti che non ci fossero fascisti o tedeschi.
Eravamo a corto di munizioni e in uno stato di debolezza al limite del collasso perché ormai erano un po’ di giorni che non trovavamo niente da mettere nello stomaco al punto da mangiare le radici delle piante e le ghiande che trovavamo sugli alberi pur di mandare giù qualcosa.
Neanche fossimo stati maiali.
Pum … pum …
Eravamo vicini a un cascinale dove sapevamo che qualcuno ci avrebbe aiutati però dovevamo stare molto all’erta perché ci avevano avvisati che i fascisti e i tedeschi venivano spesso a controllare da queste parti.
Ormai era pomeriggio tardi e cominciava già a fare scuro e questo ci favoriva.
Arrivati vicino al cascinale, l’Armando fece il verso di un uccello che non ho mai capito quale fosse e aspettammo che uscisse qualcuno a segnalarci che l’aria era libera.
Nessuna risposta.
Armando rifece il verso ma anche questa volta niente.
Pum … pum …
Ce ne stavamo andando quando vedemmo uscire dal portoncino un cagnolino che, dopo aver annusato l’aria, venne verso di noi fermandosi a un paio di metri.
“Guarda che bel cagnoeu, chissà cume le bun a fal rustì.”
Cominciammo a chiamarlo:
“Toh, Fufi vegn chi.”
“Forse si chiama Bobi o Leo, mio zio aveva un cane che si chiamava Argo, come il cane di Ulisse, dovevate vedere …”
“Cosa ce ne frega del cane di tuo zio, vediamo di prendere questo.”
Cominciai a muovere la mano nell’erba e riuscii ad attirare la sua attenzione; piegò la testa da una parte e poi si accucciò come fanno i cani quando vogliono giocare cominciando a strisciare verso di me.
Fu un attimo, l’Armando gli fu addosso e il cane ignoto sparì senza fare un verso.
Pum … pum …
Riprendemmo il cammino e quando arrivammo in un posto sicuro preparammo il falò per la cena.
“Por cagnoeu, me dispiass ma, cume disen i latin, mors tua vita mea.”
La fame arretrata era così tanta che ci sembrò di mangiare come neanche al Biffi potevi trovare di meglio.
“Giuro che quando finisce questa merda di guerra e torniamo a casa, metto su un allevamento di cani in memoria di questa povera bestia, lo chiamerò … lo chiamerò “Il cane ignoto.”
“E dopo li vendi ai ristoranti della zona?”
“Va là scemo; dopo, se vedrò qualcuno che maltratta un cane, giuro che gli stacco la testa. I cani sono i migliori amici dell’uomo e questo forse ci ha salvato dal morire di fame mangiando scarafaggi e ghiande.”
La mattina seguente ripartimmo e attraverso i boschi arrivammo all’appuntamento con gli altri partigiani che,
contrariamente a noi, avevano armi, munizioni e un sacco di roba da mangiare.
Pum … pum …
Ci dissero che dovevamo partire all’alba del giorno dopo per incontrarci con un generale inglese: “el general Lisander”.
“Mariett, si chiamava Alexander.”
“Mi ho capì Lisander.”
Dopo aver camminato tutto il giorno e quando eravamo quasi arrivati a destinazione, sentimmo degli spari non troppo lontano da noi e, pensando che qualche altra brigata fosse nelle rogne, subito partimmo sparati da quella parte.
Arrivammo alle spalle dei tedeschi che si trovarono come il salame in mezzo al “sanguiss” e cominciammo a sparare come dei disperati facendoli scappare.
Pum … pum …
Avevamo pensato che quelli che stavano dall’altra parte fossero partigiani e invece erano gli inglesi che accompagnavano il Lisander all’appuntamento.
Noi non capivamo un’ostrega di quello che dicevano, non eravamo come quelli di adesso che cantano le canzoni dei Beatles e parlano correttamente l’inglese, noi al massimo avevamo fatto la quinta ma, comunque, capivamo che erano contenti che gli avevamo salvato la ghirba.
El General Lisander non era mica vestito da Generale e, al momento, avevamo pensato che la sua fosse una pattuglia in avanscoperta; così l’abbiamo accompagnata al comando di zona e solo lì abbiamo saputo chi avevamo salvato.
Dopo un po’ di mesi da quando era finita la guerra mi arriva una lettera che mi invita a presentarmi al consolato inglese “per comunicazioni importanti che la riguardano.”
Pum … Pum …
Quando sono andato, mi sono trovato con i miei compagni partigiani e, mentre andavamo a bere un bianco prima di entrare nel consolato, abbiamo cominciato a domandarci cosa mai volesse quella gente lì.
“Signor Mario ……. Il Generale Lisander, come ringraziamento per il vostro atto eroico che gli ha salvato la vita, mi ha incaricato di consegnarle questa targa d’oro e la medaglia …”
Mi sunt un pu’ gnurant e lù el parlava minga tropp ben l’italiano e g’ho minga capì che razza de medaglia l’era.”
“Mariett, quanti tedeschi e partigiani hai ammazzato?”
“La vita è sacra e io non ho mai sparato per uccidere.”
“E quando avete salvato il Generale Alexander tu dove sparavi?”
“Sparavo alle piante perché pensavo che quei tudeschi li, a casa, avevano anche loro una famiglia che li aspettava come ce l’avevo io. Cume te fè a cupà un omm cumè ti, porca di quella troia?”
Pum … pum … pum … pum …
Per tutto il tempo del suo racconto, usando come base il porta ombrellone di cemento e con uno zoccolo di legno, aveva continuato a battere lo stoccafisso che aveva comperato al mercato e come tutte le altre volte che ci raccontava la sua storia, appena finito di parlare, si ingobbiva nel tentativo di nascondere le grosse lacrime che erano spuntate dai suoi occhi.
Paolo Ardrizzi
UN ALTRO ISLAM
Entrando nelle sale del Louvre di Abu Dhabi, nella prima teca, si trovano tre piccole statuette rappresentanti tre maternità interpretate da culture e religioni diverse: una Madonna con bambino che, se non ricordo male, è in stile normanno; una divinità egizia, Iside, con bambino che forse rappresenta il Faraone e una statuetta di arte centroafricana. Sono tre piccoli capolavori che in qualunque altra parte del mondo, a parte la differenza di epoche e di forma artistica, potrebbero quasi passare inosservate ma che, in un paese arabo, assumono invece un grande valore. Queste tre opere ci fanno scoprire un Islam diverso da quello che leggiamo tutti i giorni sui giornali o vediamo nei notiziari in televisione: ci mostrano infatti un Islam aperto al mondo, che accetta e che accoglie (speriamo non solo per questioni di vile danaro) anche chi ha culture e credenze religiose diverse. Continuando la visita, scopriamo che, in un’altra sala, nella stessa bacheca tra una copia del Corano e un testo sacro dell’antica Cina, è esposta anche una copia della Torah, il libro sacro del popolo ebraico da sempre in conflitto con il mondo islamico che mai mi sarei aspettato di trovare in un paese arabo. Questo ci fa comprendere come, oltre al petrolio, lo sviluppo di questa area del mondo islamico sia dovuto alla sua apertura mentale. La stessa apertura mentale che abbiamo trovato, dopo avere visitato la bellissima Moschea di Muscat, nelle signore che ci hanno accolto offrendoci, come da loro usanza, the e datteri. Una di esse toglieva il velo alle signore del nostro gruppo dicendo loro che erano più belle senza. La Moschea di Muscat (sembra uno scioglilingua) è un gioiello di arte islamica che ha dimensioni inferiori alla grande Moschea di Abu Dhabi (che può accogliere più di quarantamila fedeli) ma che annovera cinque minareti (che stanno a rappresentare i cinque pilastri dell’Islam) e conserva il più grande tappeto al mondo tessuto in un unico pezzo (quello della Moschea di Abu Dhabi, a causa delle sue dimensioni, è stato realizzato in varie pezzature unite tra loro in loco). Della Moschea di Muscat rammento anche lo splendido lampadario centrale raffigurante tanti piccoli minareti e realizzato in cristalli Swarovsky e le decorazioni delle pareti e del soffitto. Sotto l’aspetto artistico mi ha impressionato molto più della sua sorella maggiore che deve la sua fama anche alle sue dimensioni e al grande lampadario centrale, il più grande del mondo, del peso di quindici tonnellate. Comunque molto belle entrambe queste Moschee mentre meno buono è il ricordo del guardiano che, alla Moschea di Abu Dhabi, non ci ha permesso di avvicinarci alla tomba dell’Emiro a causa del velo scivolato dalla testa di qualche nostra signora che ha così mostrando il conturbante spettacolo dei suoi capelli! Ma tant’è: la loro cultura è questa e a noi spetta di rispettarla anche se non sarebbe male che loro facessero altrettanto con la nostra. E il Burji Kalifa? E’ un freddo pannellone di vetro e acciaio che non mi ha trasmesso nessun’altra emozione se non quella di poter dire di avere visto il grattacielo più alto del mondo da vicino. Molto più divertente è risultata la salita alla Cornice (The Frame) dalla quale guardare lo sky line della città vecchia da un lato e di quella nuova dall’altro ed emozionante è stato anche il camminare sul pavimento di cristallo trasparente a centocinquanta metri d’altezza. Tutto bello: i luoghi e la gente così diversi dai nostri standards di vita quotidiana ma soprattutto il miglior condimento di ogni piatto è stata la compagnia con un gruppo di giovani, di meno giovani e di diversamente giovani con i quali ho vissuto nove giornate bellissime, senza un attimo di noia, all’insegna del sapersi divertire anche dopo aver compiuto i diciannove anni. Un saluto da Guido Renato. Paolo Ardrizzi |
UNA GIORNATA A VERONA
Quando si dice Verona il pensiero corre subito ai più famosi amanti del mondo.
Ma la bella città, adagiata in un’ansa dell’Adige, come ci ha informato la nostra espertissima guida Chiara, ha un centro unico, dichiarato patrimonio dell’Unesco, per la sua architettura urbana, con i ponti, i palazzi arricchiti da pitture e statue, le piccole strade piene di negozi e di visitatori, le sue rosse mura, etc...
Il sistema murario, lungo nove chilometri, è stato sempre rinnovato e rinforzato dall’epoca romana a quella dei Signori della Scala (nel periodo più splendido della città) e a quella asburgica.
Verona è stata uno dei vertici del Quadrilatero, strategico avamposto dell’impero austriaco durante le prime due guerre risorgimentali.
Proprio costeggiando le mura siamo arrivati a uno dei monumenti più famosi, l’ Arena, in bella pietra rosa della Valpolicella e che, per grandezza, viene dopo il Colosseo ma ne è il prototipo perché costruita nel primo secolo A. C.
Un’affascinante la passeggiata che per via Mazzini ci ha portato nel cuore della città: gli occhi erano attratti dalle vetrine eleganti ma si alzavano anche ad ammirare le splendide case colorate o si sorprendevano nello scoprire conchiglie fossili inserite nelle lastre del piano stradale.
Piazza delle Erbe, sorta sull’antico foro romano, è certo una delle più belle piazze d’Italia: con il suo mercato coloratissimo, è circondata da palazzi medievali e rinascimentali dipinti o coronati da statue.
I monumenti e i luoghi più importanti come il Broletto, il Palazzo della Ragione, le Arche Scaligere sono tutti lì intorno.
Non ci siamo lasciati sfuggire neanche i particolari più curiosi: l’Arco della Costa (di balena) o la Berlina dove si insediavano i signori e i podestà ma dove si mettevano in mostra anche debitori e truffatori.
Nessuno, anche se già la conosceva, ha resistito al richiamo della casa di Giulietta e al desiderio di fotografarne il balcone o la statua della fanciulla verso cui si tendevano tante mani: forse per la nostalgia di quando anche noi, più giovani e innamorati, eravamo stati lì per la prima volta?
Nel nostro percorso ci hanno accompagnato anche i nomi di Dante e di Cangrande della Scala cui il poeta ha dedicato il Paradiso e mandava da leggere i canti della Commedia prima di pubblicarli.
I loro monumenti si trovano in luoghi suggestivi e in particolare a Castelvecchio con la sua splendida Reggia Scaligera, costruita alla metà del Trecento, adagiata sulla sponda dell’Adige con le sue torri e l’imponente ponte dalla bellissima vista sul fiume.
L’affascinante atmosfera medievale si è completata nella visita alla chiesa più amata dai veronesi, Santa Anastasia, dalla facciata incompiuta ma solenne.
All’interno è conservato il famoso affresco di San Giorgio e la Principessa, massima espressione del gotico internazionale, in cui Pisanello evoca un mondo favoloso e cavalleresco.
Abbiamo fatto molti passi per questa visita e alla sera eravamo un po’ affaticati ma molto contenti della nostra giornata.
Laura Re
Quando si dice Verona il pensiero corre subito ai più famosi amanti del mondo.
Ma la bella città, adagiata in un’ansa dell’Adige, come ci ha informato la nostra espertissima guida Chiara, ha un centro unico, dichiarato patrimonio dell’Unesco, per la sua architettura urbana, con i ponti, i palazzi arricchiti da pitture e statue, le piccole strade piene di negozi e di visitatori, le sue rosse mura, etc...
Il sistema murario, lungo nove chilometri, è stato sempre rinnovato e rinforzato dall’epoca romana a quella dei Signori della Scala (nel periodo più splendido della città) e a quella asburgica.
Verona è stata uno dei vertici del Quadrilatero, strategico avamposto dell’impero austriaco durante le prime due guerre risorgimentali.
Proprio costeggiando le mura siamo arrivati a uno dei monumenti più famosi, l’ Arena, in bella pietra rosa della Valpolicella e che, per grandezza, viene dopo il Colosseo ma ne è il prototipo perché costruita nel primo secolo A. C.
Un’affascinante la passeggiata che per via Mazzini ci ha portato nel cuore della città: gli occhi erano attratti dalle vetrine eleganti ma si alzavano anche ad ammirare le splendide case colorate o si sorprendevano nello scoprire conchiglie fossili inserite nelle lastre del piano stradale.
Piazza delle Erbe, sorta sull’antico foro romano, è certo una delle più belle piazze d’Italia: con il suo mercato coloratissimo, è circondata da palazzi medievali e rinascimentali dipinti o coronati da statue.
I monumenti e i luoghi più importanti come il Broletto, il Palazzo della Ragione, le Arche Scaligere sono tutti lì intorno.
Non ci siamo lasciati sfuggire neanche i particolari più curiosi: l’Arco della Costa (di balena) o la Berlina dove si insediavano i signori e i podestà ma dove si mettevano in mostra anche debitori e truffatori.
Nessuno, anche se già la conosceva, ha resistito al richiamo della casa di Giulietta e al desiderio di fotografarne il balcone o la statua della fanciulla verso cui si tendevano tante mani: forse per la nostalgia di quando anche noi, più giovani e innamorati, eravamo stati lì per la prima volta?
Nel nostro percorso ci hanno accompagnato anche i nomi di Dante e di Cangrande della Scala cui il poeta ha dedicato il Paradiso e mandava da leggere i canti della Commedia prima di pubblicarli.
I loro monumenti si trovano in luoghi suggestivi e in particolare a Castelvecchio con la sua splendida Reggia Scaligera, costruita alla metà del Trecento, adagiata sulla sponda dell’Adige con le sue torri e l’imponente ponte dalla bellissima vista sul fiume.
L’affascinante atmosfera medievale si è completata nella visita alla chiesa più amata dai veronesi, Santa Anastasia, dalla facciata incompiuta ma solenne.
All’interno è conservato il famoso affresco di San Giorgio e la Principessa, massima espressione del gotico internazionale, in cui Pisanello evoca un mondo favoloso e cavalleresco.
Abbiamo fatto molti passi per questa visita e alla sera eravamo un po’ affaticati ma molto contenti della nostra giornata.
Laura Re
E ORA…
UN PO’ DI UMORISMO!
COSE CHE UNA COMMESSA PUO' SENTIRSI CHIEDERE AL SUPERMERCATO....
( RIGOROSAMENTE VERE!)
UN PO’ DI UMORISMO!
COSE CHE UNA COMMESSA PUO' SENTIRSI CHIEDERE AL SUPERMERCATO....
( RIGOROSAMENTE VERE!)
- L'acqua demoralizzata
- I prodotti senza glutei
- Le vongole feroci
- I prodotti contro le terme nell'armadio
- Le padelle autoaderenti
- L'acqua Crocchetta
- La Coca Cola senza cocaina
- "Scusi, dove sono i biscotti che compro di solito?"
- I depilan delle offerte
- "Dov'è Io shampoo quello che fanno la pubblicità in TV?"
- La ceretta per il microonde
- Lo Shiffer per la polvere
- La penna indelebile che si cancella
- Gli stuzzicaorecchie
- L'olio semprevergine d'oliva
- La birra antialcolica
- "Dov'è il biscottone di Banderas?"
- Lo shampoo Frictus
- Il vino senza zolfo
- L'anti tartaro per il wc
- La scopa di vaggina
- La polenta sbranata
- La Trisaola
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