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MACCHÈ ANZIANI D'EGITTO!!! CMTE SEGRATE

Articoli del giornalino settembre/ottobre 2019

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LA RASSEGNA STAMPA DEL VENERDI
 
Colgo volentieri l’invito del Presidente Dallera per contribuire alla redazione del nostro “giornalino” con un “articolo di fondo “un po’ più politico (nel senso della polis) rispetto alle frequenti ed apprezzate notizie sulle iniziative di cultura e svago promosse dal “Movimento Terza Età” di Segrate,
 
Come molti di voi sanno, il venerdì mattina presso il “Centro Verdi” di Segrate un gruppo di volenterosi, coordinati dal sottoscritto e da Enrico Sciarini, si riunisce per commentare titoli e contenuti dei principali giornali pubblicati durante la settimana.
 
Quotidiani di varia tendenza: dal Corriere della Sera a Repubblica, da Libero al Fatto Quotidiano.
 
L’incontro non è solo espositivo, ma caratterizzato dalla partecipazione attiva dei presenti, con commenti, obiezioni e richiami a notizie “dimenticate”.
 
Rispetto ai “Talk- show” televisivi e alle notizie sparse sui vari “social-networks”, il contenuto dei quotidiani è più ricco di fatti concreti e più moderato nelle opinioni espresse dai principali editorialisti.
 
Direi anche più colto e certamente più rispettoso di grammatica e sintassi.
 
È anche vero, peraltro, che di questi tempi la politica e, soprattutto, i politici che la esprimono non sono molto popolari.
 
C’è molta rabbia in giro e molti problemi restano irrisolti: decrescita economica, immigrazione, tasse, per citarne alcuni.
 
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Scrivere a mano
Su un quotidiano molto conosciuto qui da noi, ho letto un articolo che ha richiamato la mia attenzione: “Scrivere a mano fa bene”.
Io non ho il computer e scrivo sempre a mano anche se, in passato, avevo imparato a scrivere a macchina.
Pensavo fosse una mia deformazione professionale: nella mia vita ho insegnato a scrivere (e a leggere) a centinaia di alunni!
Si sta scoprendo che scrivere a mano aiuta a pensare e a esprimersi meglio.
Un’inchiesta del Magazine Medium sostiene che ultimamente molti professori di Harvard impongono agli studenti di prendere appunti manuali invece che su computer e tablet e che molte scuole hanno lanciato campagne per insegnare direttamente il corsivo.
Perfino in Cina c’è un movimento che propone di disabituarsi a maneggiare i loro difficili caratteri per riappropriarsi della capacità di scrivere di proprio pugno.
L’Aci (Associazione Calligrafica Italiana) dice che “scrivere in bella grafia è un’attività lenta e tutti abbiamo bisogno di rallentare”!   
Dopo queste considerazioni mi sono sentita meglio e meno fuori dal mondo computerizzato!
Naturalmente chi scrive a mano deve farlo in modo leggibile perché chi legge non sia costretto a decifrare geroglifici egiziani!
C’è addirittura il grafologo Girolamo Moretti che si è adoperato affinché la scrittura a mano sia proclamata dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
Ci riuscirà?
Mi sono meravigliata di scoprire che personaggi del nostro tempo scrivono a mano: l’attore George Clooney, ad esempio, scrive di suo pugno la sceneggiatura dei suoi film e Martina Colombari scrive a mano per rendere più limpidi e chiari i suoi pensieri.
La nota scrittrice Maria Ventura,  che da oltre 30 anni produce best sellers, scrive sempre a mano e dice: “Quando ero una giovane giornalista ero anche una veloce dattilografa ed anche se ora so usare il computer, ho sempre creato solo con carta e penna: è come se il pensiero mi scivolasse dalla testa lungo la mano destra”.
Stupisce ancora di più il fatto che Meghan Markle, la moglie del principe Harry d’Inghilterra, da ragazza, per lavoro scrivesse a mano inviti per i matrimoni.
Plinio il Vecchio (anno 79 d.C.) scrittore, naturalista e storico diceva: “Nulla dies, sine linea” (Nessun giorno senza scrivere).
Forse sarebbe il caso di ascoltare questo grande saggio dell’antica Roma per allenare la mente e la mano.
                                                      Fernanda

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ANTONELLO DA MESSINA
 A PALAZZO REALE


Sono esposti a Palazzo Reale 19 capolavori del pittore Antonello da Messina su un totale di 35 sue opere certe che sono tutto quello che rimane della sua opera oltre a qualche documento scritto.
 
Quasi tutto andò infatti distrutto nel terribile terremoto del 1908 in Sicilia.
 
Antonello è stato definito un vero genio del Risorgimento Europeo perché si inserisce nel periodo tra il Rinascimento Italiano dei grandi Pier della Francesca, Raffaello, Botticelli, Leonardo e Caravaggio e il Rinascimento Fiammingo e, quindi, tra una visione della realtà idealizzata ed una invece più realistica della vita dell’uomo e delle cose.
 
 
Nel percorso della mostra, accompagnati dalla bravissima Chiara, abbiamo trovato piccoli quadri dedicati a uomini del suo tempo: tutti con uno sguardo penetrante, quasi inquietante e un sorriso ambiguo appena accennato.
 
Poi ci sono opere più importanti, fra tutte “la Crocifissione”, che provengono dai più celebri musei di tutto il mondo.
 
Naturalmente troviamo “la Madonna Benson”, meravigliosa immagine dell’amore materno, con Maria che appoggia la guancia alla fronte del Bambino e poi, vera icona della mostra, “L’Immacolata”: sotto un velo azzurro il volto ovale, lo sguardo sereno rivolto verso l’Angelo e un sorriso appena accennato ma pieno di grazia.
 
Una visione che ti entra nel cuore e ti rimane per sempre: personalmente la vidi da bambina in Sicilia con la mia mamma e ho sempre sperato di rivederla: l’emozione è stata quindi immensa.
 
Il percorso è terminato con la “Madonna con il Bambino” rimasta incompiuta alla morte di Antonello e terminata dal figlio Jacobello ma non è la “mano del maestro”, non è all’altezza di Antonello e perfino l’autore si firma come il figlio di un “pittore non umano”.
 
Nato in Sicilia nel 1430 morì a Venezia nel 1479:  aveva solo 49 anni ma aveva avuto nelle sue mani il soffio divino dello Spirito Santo che lo ha reso immortale.
 
Lydia  Federico


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GIORNATA DELLA SPIRITUALITA’ 2019
​CON PADRE ANGELO 

 
La giornata è lacrimosa ma ad Airuno troviamo Padre Angelo che ci accompagna all'oratorio dove al bar possiamo bere un caffè mentre i primi fra noi cominciano a salire alla Rocchetta con il pulmino.
Dal belvedere ad archi vediamo la piana di Lecco, il fiume Adda che  l'attraversa  compiendo curve quasi ideali per l’irrigazione e, nel fondo, il lago.
Intanto un professore amico di Padre Angelo spiega degli sconvolgimenti avvenuti 40.000 anni fa localmente.
Nel Santuario, dove l'attenzione totale rende inutile l’uso del microfono, Padre Angelo parla con il cuore: Il Vangelo è quello di sempre eppure Maria e Giuseppe assumono un aspetto nuovo perché umiltà e accettazione sono qualità difficili da accettare ed anche … poco redditizie.
Una decina di Ave Maria e la riflessione continua dentro di noi.
Si ritorna al pullman con molti che si sono incamminati a piedi per le stradine in discesa lastricate di sassi  ben allineati e uniformi ma  umidi che fanno temere  scivolate ma tutti li ritroviamo integri ad attenderci all'oratorio.
La Casa sul Pozzo è un fervore di attività, la tavola è pronta per tutti e 40 gli ospiti e, sia pure tenendo conto del venerdì di Quaresima, il pasto soddisfa le nostre necessità
Ho l'opportunità di parlare con Padre Angelo e gli spiego come mi sia difficile capire i tanti aspetti dell'amore: lui mi ascolta e dice: “ l'amore pieno è Dio, non  possiamo  capirlo ma accettarlo sì”.
Siamo adesso, a Lecco, alla Chiesa della Vittoria voluta dagli abitanti e il parroco racconta …
La chiesa è un trionfo del mattone a vista, con arcate e cripta.
Una passeggiatina sulla riva del lago e il tempo  vola: è sbucato anche  il sole e ci avviamo per il rientro.
Siamo a  casa e apro il p.c.,  nella posta trovo un e-mail di Padre Angelo:  “Grazie per la bella giornata trascorsa insieme.”                                  
                                    Anna e Armando

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L’ Anima della Compagnia
 
Domenica 31 marzo, nell’ambito della manifestazione “Teatro della Solidarietà” che ogni anno il Comune di Segrate organizza presso il centro di Cascina Commenda, la nostra associazione ha avuto il piacere d’essere rappresentata dalla compagnia “I Fuochi Fatui” che ha messo in scena lo spettacolo “L’Anima della Compagnia”.
Si è trattato di una forma di spettacolo del tutto inedita che ha unito recitazione a danze e canti d’epoca proponendo un insolito mix di specifiche competenze artistiche.
Del tutto autogestito fin dal concepimento dell’idea originaria, dallo studio della struttura e dalla scrittura del testo (di Chiara Borsatti e Monica Locati), lo spettacolo ha di fatto unito la cooperazione di tre diversi gruppi (attori, cantori e danzatori) che, di volta in volta, hanno alimentato la trama.
Quest’ultima, ambientata all’inizio del XVII secolo, ha seguito il vivere quotidiano di una compagnia itinerante d’artisti mostrando un’alternanza di momenti e di stralci di spettacoli e di prove ma anche di reconditi “retroscena” che hanno illustrato le ansie, le gelosie, i sentimenti e gli amori provarti e vissuti dagli artisti.
Costumi, modi d’esprimersi, danze a canti d’epoca rinascimentale hanno costituito motivo d’ulteriore curiosità.
L’incasso dello spettacolo è stato dalla nostra associazione destinato a contribuire al completamento di Casa Mamre in costruzione presso la Parrocchia di Santo Stefano.
A tutta la compagnia e a Monica Locati in particolare va il nostro sentito ringraziamento.
                                                                                                                                                  Antonio



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Per la nuova rubrica
TE SE RICORDET I TEMP INDRE’ …
presentiamo :
 
Paul, Justin e Mussolini
 
Primi anni settanta.
Paul e Justin erano due ragazzi di colore, venivano dallo Zaire ed erano a Milano per frequentare l’Università.
“Facciamo Veterinaria e Agraria per essere utili al nostro paese, vogliamo insegnare alla nostra gente ad allevare gli animali e a coltivare la terra per non morire di fame e di sete.”
 
Quando erano arrivati conoscevano solo poche parole di italiano essenziali per sopravvivere ma avevano imparato in fretta la nostra lingua.
 Una sera li portammo con noi alla Festa dell’Unità di un paesino della bergamasca e, appena scesi dalla macchina, alcuni anziani che avevano fatto la campagna d’Africa, vedendo i due ragazzi di colore, si avvicinarono per manifestare la loro amicizia.
 “Io amico di popolo negro, io stato Africa. Uomo negro mio amico. Tu e tuoi amici bere con amico bianco, io pagare.”
 Cercammo di dire ai vecchietti che i due non capivano la lingua italiana ma non c’era verso, loro continuavano con il loro linguaggio da “Io uomo bianco, tu uomo nero, venire in pace.”
 Il sindaco del paese, un capopopolo che comandava tutti a bacchetta, ci invitò a tornare anche le sere seguenti come ospiti della manifestazione, naturalmente pasti e bevande compresi.
 Ogni sera le stesse manifestazioni di simpatia e noi ce la tiravamo un po’ raccontando un sacco di balle per stupirli.
 Per la serata finale dell’evento il programma prevedeva il comizio di un pezzo grosso del partito e ad accoglierlo c’era una batteria di bandiere rosse provenienti dai paesi della zona e qualche sindaco con tanto di fascia tricolore.
 Sul piccolo palco c’erano gli organizzatori, Sindaco compreso, schierati per accogliere l’ospite d’onore che avrebbe portato il suo verbo quando, inaspettatamente, lo speaker ebbe una brillante idea.
 “Prima del discorso del compagno Onorevole, cedo la parola ai nostri fratelli negri dell’Africa che ci porteranno il saluto della loro terra.”
 Paul e Justin stupiti ci chiesero cosa avrebbero potuto dire e noi suggerimmo loro di inventarsi qualcosa sull’amicizia del loro paese verso l’Italia e di essere brevi onde evitare di dire qualche sproposito.
 Purtroppo non sapevamo che al loro paese, per imparare la nostra lingua, avevano letto  vecchi libri e riviste italiane del ventennio che parlavano con  enfasi delle opere nelle  “Colonie d’oltremare”.
 Paul prese la parola.
 “Grazie per l’onore, non ci aspettavamo questo invito e non abbiamo preparato un discorso, quindi quello che posso testimoniare è la grande amicizia dei popoli africani per l’Italia e per il popolo italiano e ringraziarvi per tutto quello che l’Italia ha fatto nel nostro continente. All’epoca io e Justin non eravamo ancora nati ma abbiamo sentito dire molte volte dai grandi del nostro villaggio e letto sui libri di storia che gli italiani, in alcune regioni dell’Africa, hanno costruito ferrovie, strade, scuole, ospedali e acquedotti portando civiltà. Tutto questo grazie all’opera di Benito Mussolini. Viva l’Italia, viva Benito Mussolini!”
 Inizialmente tutti avevano ascoltato in silenzio la parola del “fratello negro” ma, quando Paul aveva cominciato l’elenco delle “opere che l’Italia ha fatto in Africa”, i capi del partito, intuendo dove sarebbe andato a finire, avevano cominciato ad agitarsi nervosamente mentre noi cercavamo di fingerci distratti e di non ascoltare.
 Quando infine Paul gridò a gran voce “Viva l’Italia, viva Benito Mussolini!” alcuni cercarono di salire sul palco per aggredire i due aggiungendo anche qualche pesante “complimento”.
 Per fortuna vennero subito bloccati dal servizio d’ordine.
 Paul e Justin, scaraventati giù dal palco, si presero qualche pacca tutt’altro che amichevole e che il servizio d’ordine non riuscì a evitare, si infilarono nella nostra macchina dove noi ci eravamo già rifugiati sperando ci raggiungessero in fretta e, incolumi e inseguiti da un gruppetto di scalmanati urlanti e minacciosi, riuscimmo a scappare.
 Quando arrivammo al nostro bar, finalmente al sicuro, la sorprendente meraviglia di Paul.
 “Mi avete detto di parlare bene dell’Italia e io l’ho fatto, non ho capito perché si sono arrabbiati così tanto. Guardate che voi italiani siete proprio un popolo strano.”
 Gli spiegammo che quei libri erano molto vecchi, che il fascismo in Italia era fuori legge dalla fine della guerra ma non riuscimmo a fargli cambiare opinione sulla stranezza degli italiani..                                                            
          Paolo 


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PADOVA E VILLE VENETE
Prima parte

  
La tre giorni di maggio 2019 è stata un’interessante e gradevolissima carrellata sul ‘600 – ‘700 veneto di artisti eccelsi quali il Palladio, Canova, Tiepolo e altri.
L' esordio è stato la visita alla Gypsoteca di Possagno, paese natale del Canova.
In una grande struttura, voluta dal fratellastro vescovo Sartori, sono esposte moltissime opere in gesso che costituiscono i “bozzetti" per le realizzazioni marmoree neoclassiche che tutti ben conosciamo.
La curiosità  che molti non sapevano erano i vari passaggi compiuti per ottenere l'opera definitiva: prima il modellino in terracotta e poi quello, a grandezza naturale e vuoto, in cui veniva colato il gesso e che, aperto a metà, schiudeva alla vista l'opera in cui venivano infilati innumerevoli chiodini che servivano come punti di riferimento per utilizzare il pantografo e riprodurne le proporzioni (perché col marmo non si può  sbagliare!).
Ogni statua poteva richiedere fino a 6-7 anni di lavoro.
Famosissima quella delle Tre Grazie, diventata monumento funebre di Giuseppina Beauharnais,  prima moglie di Napoleone, che rappresentavano bellezza, intelligenza e maternità.
Arrivati a Padova, abbiamo visitato l'orto botanico che, fondato nel 1545 (il più antico al mondo), copre due ettari di terreno coltivato nei modi più svariati: interessanti le piante medicinali (di cui alcune velenosissime) e l' introduzione, per la prima volta in Europa, della patata importata dalle Americhe.
Altro gioiello rinascimentale è l'Università del Bò ( che in dialetto significa bue ) e che deriva dal latino “hospicium bovis": stalle, praticamente.
In quella sede “impropria" prese forma, nel 1222, la seconda università  al mondo, dopo quella di Bologna.
In un clima di “autogestione" studentesca non erano necessarie le credenziali cattoliche che la Chiesa solitamente richiedeva.
Libero pensiero era la parola d' ordine di quell' ateneo.
Ogni studente poteva aspirare a diventare rettore e in seguito esporvi il proprio stemma.
Le cattedre di giurisprudenza e medicina ebbero docenti fra i più illustri di quei tempi: uno su tutti Galileo Galilei che, pur essendo un fisico e astronomo, vi insegnò ed ebbe una personale cattedra, tuttora visibile, dando lustro all' Università stessa.
Nella sala di medicina, suddivisa in cucina e teatro anatomici, sin dagli inizi del ‘ 300 Pietro Abano vi effettuava le prime autopsie. 
A volte nella cucina venivano bolliti i cadaveri, per recuperarne lo scheletro e i crani di precedenti colleghi venivano riesumati, repertati e studiati.
 
Un'orchestra di violini “allietava” le disgustose operazioni.
Nel teatro, gli studenti del primo corso, erano riparati da più alte balaustre, per impedirne la caduta a seguito di ovvii svenimenti.
In questa sede, nel 1678, si laureò in filosofia (perché non le fu concesso in Teologia ) la prima donna al mondo: una nobile veneziana che conosceva perfettamente sei lingue, fra le quali
l' ebraico. 
                                                                                                     Elisa ​


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MARIA NELL’ ARTE E NELLA POESIA
 Un pomeriggio di maggio per meditare in modo insolito su Maria ce lo ha proposto Isabella Bertario.
 Ci ha presentato i momenti più significativi della vita della Vergine attraverso le opere che molti e grandi artisti le hanno dedicato, da Giotto a Piero della Francesca, da Bellini a Raffaello e Caravaggio..
Abbiamo visto la rappresentazione della nascita e dell’educazione di Maria, l’Annunciazione, lo Sposalizio, non le tante Natività ben note, ma la Madonna del parto di Piero della Francesca, alta e solenne con la sua veste aperta verso l’umanità, come madre di Gesù ma anche nostra.
 Poi Maria sotto la Croce, la Pietà, la “Dormitio Virginis “o “Transitus” perché per Maria si è preferito parlare, secondo un’antica tradizione, non di morte ma di passaggio al cielo.
 Questi artisti hanno trovato spesso l’ispirazione in vari passi dei Vangeli apocrifi, nella Legenda Aurea (testo della fine del ‘200) e nell’ Apocalisse.
 Isabella ci ha fatto notare alcuni fra i particolari più narrativi e curiosi, come nella nascita o nell’educazione della Vergine, ma ha sottolineato come anche la naturalezza dei gesti quotidiani sia arricchita da simboli mariani come la rosa senza spine, il giglio, la conchiglia o l’immagine del giardino chiuso nell’ Annunciazione del Beato Angelico.
 
Sono tutti simboli che indicano la purezza di Maria ma forse non avevamo mai pensato che la corona delle dodici stelle che fanno parte dell’iconografia della Immacolata Concezione, si ritrovino anche nella bandiera dell’ Europa, sottolineandone così le sue, non sempre riconosciute, radici cristiane.
     
Nel susseguirsi dei dipinti, tutti di altissima qualità, abbiamo percepito come molto forte e significativo il contrasto tra le figure della Vergine bella, giovane, snella, dalle mani affusolate, congiunte sul petto di Masolino o del Beato Angelico, e il viso stanco, invecchiato, segnato dal dolore di madre, nella Pietà di Giovanni Bellini.
 La presentazione è stata accompagnata dalla lettura di passi di Erri de Luca, di versi di una poetessa dalla vita complessa e tormentata come Alda Merini e chiusa dalla bellissima preghiera che Dante fa pronunciare a San Bernardo nel Paradiso e che nella contrapposizione dei termini fa capire la grandezza di Maria e la sua importanza nella Chiesa: 
 
                “Vergine e madre, figlia del tuo figlio,
                   umile ed alta più che creatura
                   termine fisso d’etterno consiglio……”
         
 
Laura Re             


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