Articoli del giornalino novembre/dicembre 2019
LA BISACCIA DEL MENDICANTE
Vacanze, tempo di viaggi. Grande arte quella del viaggio. Richiede anzitutto di prendersi del tempo, di non aver paura della lentezza. Solo viaggiando con calma, ponendo l’accento sul “fare strada”, si diventa consapevoli che “camminando si apre il cammino” (A. Machado). Ogni viaggio nasce misteriosamente nella nostra psiche, dove si accende la curiosità grazie a diversi impulsi: una conversazione, un quadro appeso a una parete, una rivista che ci cattura con qualche foto, un ricordo, un amore… Allora nasce il desiderio di partire, si progetta e si decide il viaggio: da soli, per gustare nella solitudine le meraviglie del cammino; o insieme ad altri, per emozionarsi e vivere insieme l’avventura. A volte il viaggio ha una meta che s’impone, altre volte è l’idea del viaggiare che ci spinge a partire. Partire, soprattutto in auto, per fermarsi quando e dove si vuole, per non avere troppi orari, per raggiungere luoghi meno battuti. Io amo viaggiare così: certo, mi do una meta, ma il viaggiare è più importante… Lungo il cammino ci sono opere d’arte da vedere, monumenti da visitare, spazi per fermarsi a passeggiare e a pensare. Leggi tutto... |
SI RICOMINCIA… DA CHIAVARI
Con settembre abbiamo ripreso la bella consuetudine di effettuare un’uscita di un’intera giornata per scoprire o rivedere interessanti località non troppo lontane da Milano: siamo andati a Chiavari, ridente cittadina ligure sulla Riviera di Levante. Abbiamo un po’ tralasciato l’aspetto più propriamente vacanziero e marino per scoprirne aspetti meno noti. Scoperte archeologiche dicono che la località è stata abitata fin dalla preistoria mentre il suo andamento di strade parallele, intersecate ad angolo retto da brevi vicoli, rimanda ad un insediamento romano anche se il momento del suo maggior sviluppo è stato il Medioevo. Leggi tutto |
SILENZIO E SPIRITUALITA’ NEL COMPLESSO DI SAN SALVATORE
L’uscita che apre il nuovo anno di attività del MTE non vuole essere solo una gita tra amici ma anche un momento di raccoglimento e riflessione. Per questo è sembrato più adatto lasciare le ricche e decorate chiese chiavaresi per il suggestivo complesso religioso e artistico di San Salvatore dei Fieschi sopra Lavagna, cittadina che solo la lunghezza di un ponte separa da Chiavari. Il piccolo borgo sorge su una collinetta, coltivata a viti e ulivi, che lo isola dal traffico del fondovalle e ne fa un luogo appartato e silenzioso adatto alla contemplazione del paesaggio e alla meditazione. Leggi tutto |
FRANCESCA MONETA
Nella Giornata della Memoria delle Vittime del Terrorismo, 9 maggio 2019, una studentessa del Liceo Scientifico “Virgilio” di Milano ha parlato alla Camera dei Deputati durante una riunione congiunta e alla presenza del Presidente della Repubblica.
Anche se non erano presenti tutti i 945 parlamentari, gli scranni dell’aula di Montecitorio erano quasi completamente occupati.
Non è stato un discorso lungo, meno di tre minuti, ma sono bastati a far balzare in piedi un buon numero di presenti per applaudirla.
Ha letto su un foglietto dove aveva scritto: “Stiamo vivendo un momento particolarmente difficile della nostra storia repubblicana.
I valori fondanti la nostra convivenza civile paiono messi in discussione persino da chi riveste alte responsabilità di governo.
Ci sono parole e gesti violenti, amplificati a dismisura dai social media, che diffondono un clima di diffidenza e odio nella società civile; che mirano a screditare le istituzioni democratiche nazionali ed europee, che sono nostre, e che dovremmo imparare a difendere strenuamente per il bene di tutti.”
Poi, dopo aver ricordato la frase di Cicerone “Historia magistra vitae”, l’ha commentata concludendo: “Difendiamo la memoria del passato, studiamola, custodiamola come qualcosa di prezioso che dà senso e valore al presente e apre a noi giovani la speranza di un futuro da costruire con intelligenza e rinnovato impegno civile”.
Lo stesso giorno il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato a Francesca una fotografia in prima pagina mentre riceve l’applauso del Presidente Mattarella, poi un lungo articolo a pagina 15 con l’elogio per la ragazza e per la sua scuola.
Tutta diversa l’opinione di Paolo Bracalini che, sul quotidiano “Il Giornale” del 10 maggio, scrive un articolo dal titolo: “Un nuovo oracolo della sinistra: la ragazzina che critica Salvini” iniziando con: “E’ una delle ultime tendenze in fatto di politica: la giovane che dice banalità ma siccome è giovane allora diventano pensieri profondi che fan riflettere.”
L’articolo continua poi dicendo che le “banalità” fanno maggior effetto se sono pronunciate da giovani donne e ne cita anche alcune: la svedese Greta Thunberg (che conduce una campagna contro l’inquinamento) ma che per Paolo Bracalini ha “scoperto l’acqua calda” al punto che spuntano già le “anti-Greta”.
Ne cita con ironia anche altri, compreso Ramy Shehata (il tredicenne egiziano che ha salvato gli scolari sullo scuola-bus in fiamme a San Donato Milanese) che, per Bracalini, “è diventato un guru in tema di jus soli.”
Ora, se Bracalini ritiene “banale” dire che i social media amplificano gesti violenti; che i giovani dovrebbero imparare a difendere le istituzioni democratiche e che dovrebbero difendere la memoria storica perché serve loro per costruire un futuro migliore del presente, allora dovrebbe anche dire quali altre cose non banali dovrebbero imparare i giovani.
Ma nel suo articolo non vi sono indicazioni di sorta, c’è solo acredine e strafottenza nei confronti di quei giovani (purtroppo una minoranza) che ancora credono nei valori della scuola, della cultura, della civiltà e del buon senso.
Enrico Sciarini
Nella Giornata della Memoria delle Vittime del Terrorismo, 9 maggio 2019, una studentessa del Liceo Scientifico “Virgilio” di Milano ha parlato alla Camera dei Deputati durante una riunione congiunta e alla presenza del Presidente della Repubblica.
Anche se non erano presenti tutti i 945 parlamentari, gli scranni dell’aula di Montecitorio erano quasi completamente occupati.
Non è stato un discorso lungo, meno di tre minuti, ma sono bastati a far balzare in piedi un buon numero di presenti per applaudirla.
Ha letto su un foglietto dove aveva scritto: “Stiamo vivendo un momento particolarmente difficile della nostra storia repubblicana.
I valori fondanti la nostra convivenza civile paiono messi in discussione persino da chi riveste alte responsabilità di governo.
Ci sono parole e gesti violenti, amplificati a dismisura dai social media, che diffondono un clima di diffidenza e odio nella società civile; che mirano a screditare le istituzioni democratiche nazionali ed europee, che sono nostre, e che dovremmo imparare a difendere strenuamente per il bene di tutti.”
Poi, dopo aver ricordato la frase di Cicerone “Historia magistra vitae”, l’ha commentata concludendo: “Difendiamo la memoria del passato, studiamola, custodiamola come qualcosa di prezioso che dà senso e valore al presente e apre a noi giovani la speranza di un futuro da costruire con intelligenza e rinnovato impegno civile”.
Lo stesso giorno il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato a Francesca una fotografia in prima pagina mentre riceve l’applauso del Presidente Mattarella, poi un lungo articolo a pagina 15 con l’elogio per la ragazza e per la sua scuola.
Tutta diversa l’opinione di Paolo Bracalini che, sul quotidiano “Il Giornale” del 10 maggio, scrive un articolo dal titolo: “Un nuovo oracolo della sinistra: la ragazzina che critica Salvini” iniziando con: “E’ una delle ultime tendenze in fatto di politica: la giovane che dice banalità ma siccome è giovane allora diventano pensieri profondi che fan riflettere.”
L’articolo continua poi dicendo che le “banalità” fanno maggior effetto se sono pronunciate da giovani donne e ne cita anche alcune: la svedese Greta Thunberg (che conduce una campagna contro l’inquinamento) ma che per Paolo Bracalini ha “scoperto l’acqua calda” al punto che spuntano già le “anti-Greta”.
Ne cita con ironia anche altri, compreso Ramy Shehata (il tredicenne egiziano che ha salvato gli scolari sullo scuola-bus in fiamme a San Donato Milanese) che, per Bracalini, “è diventato un guru in tema di jus soli.”
Ora, se Bracalini ritiene “banale” dire che i social media amplificano gesti violenti; che i giovani dovrebbero imparare a difendere le istituzioni democratiche e che dovrebbero difendere la memoria storica perché serve loro per costruire un futuro migliore del presente, allora dovrebbe anche dire quali altre cose non banali dovrebbero imparare i giovani.
Ma nel suo articolo non vi sono indicazioni di sorta, c’è solo acredine e strafottenza nei confronti di quei giovani (purtroppo una minoranza) che ancora credono nei valori della scuola, della cultura, della civiltà e del buon senso.
Enrico Sciarini
HISTORIA MAGISTRA VITAE
La locuzione latina Historia magistra vitae, tradotta letteralmente, significa La Storia è maestra di vita, ed è tratta da una frase più ampia nell'opera De Oratore di Cicerone.
La frase completa è
Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis (Cicerone, De Oratore, II, 9, 36),
ovvero
La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità.
È una descrizione che Cicerone dà della storia, affermandone la fondamentale importanza per la sua funzione ammaestratrice.
La locuzione latina Historia magistra vitae, tradotta letteralmente, significa La Storia è maestra di vita, ed è tratta da una frase più ampia nell'opera De Oratore di Cicerone.
La frase completa è
Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis (Cicerone, De Oratore, II, 9, 36),
ovvero
La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità.
È una descrizione che Cicerone dà della storia, affermandone la fondamentale importanza per la sua funzione ammaestratrice.
.Per la rubrica
TE SE RICORDET I TEMP INDRE’ …
presentiamo :
Io sto bene così
Tutto sommato, penso che la mia generazione sia una generazione fortunata, anzi, forse la più fortunata di quelle che sono passate sul suolo del nostro bel paese.
La nostra fortuna è quella di essere nati dopo la fine della guerra, quando la gente. appena uscita dalle sofferenze di un conflitto, aveva un forte spirito di solidarietà e la voglia di tirarsi su le maniche per costruire il proprio futuro e quello dei propri figli.
Siamo cresciuti in quel magnifico momento passato alla storia con il nome di Boom economico, quando bastava avere voglia di tirarsi su le maniche e un lavoro lo trovavi subito, quando nelle case cominciava ad arrivare il benessere e con lui le prime “modernità”, quali la televisione, la lavatrice, l’aspirapolvere e tutti gli altri accessori per aiutare la donna nel suo lavoro casalingo e le prime automobili, le utilitarie, inizialmente dominio esclusivo solo dei capofamiglia, in seguito anche ai figli, le vacanze estive, tutte cose una volta riservate solo ai ricchi
Tutto questo ora ci sembra impossibile che per secoli l’umanità ne abbia fatto a meno.
Abbiamo visto l’età media allungarsi grazie alle scoperte della medicina e della chirurgia e la qualità della vita è migliorata. Basta confrontarci con i nostri coetanei di cinquanta o sessanta anni fa per renderci conto della differenza, vi ricordate di avere visto vostro nonno fare footing o giocare a tennis,?
Loro erano vecchi, noi diversamente giovani.
Oltre ai progressi della tecnologia e alle scoperte, secondo me, uno dei motivi più importanti per i quali siamo una generazione fortunata sono stati i nostri vecchi (rieccoli) con i loro ricordi. La gente comune, i reduci della Grande guerra o delle campagne di Russia o d’Africa, gli ex partigiani o repubblichini che davanti a un bicchiere di vino ti raccontavano la loro vita non ci sono più e il loro mondo è destinato a rimanere soltanto nei libri del tipo “Come eravamo” per poi perdersi con il passare del tempo.
Raccontare ai nostri figli la nostra felicità quando a Natale trovavamo sotto l’albero un pallone o un cinturone da cow boy con le pistole a bombette o la bambola visti per mesi esposti nella vetrina della cartoleria del paese; raccontare come ci divertivamo con i nostri giochi nei prati, che ci potevamo sporcare di terra e sbucciare le ginocchia senza che i nostri genitori mettessero subito mano al disinfettante, che le piscine nelle quali abbiamo imparato a nuotare erano i fossi dove vivevano rane e pesciolini e a volte anche qualche biscia d’acqua e che dopo il bagno come merenda andavamo a rubare la frutta dagli alberi e ce la mangiavamo lì sul posto senza paura di diserbanti o pesticidi, serve solo a farci guardare con un’espressione di compatimento, neanche venissimo dal terzo o quarto mondo.
I miei figli e gli eventuali nipoti non potranno mai vivere le esperienze che ho vissuto in prima persona o quelle che mi sono state raccontate da chi le ha vissute e che io, indegnamente, cerco di riportare nei miei racconti
Il mondo è cambiato e cambierà ancora, non so fino a che punto in meglio, io, per quello che mi riguarda mi sento a posto così.
I fatti raccontati sono realmente accaduti. Un po’ da ogni parte, si capisce. Oppure sono inventati. Ma i più veri sono quelli inventati perché, dopo che io li avevo inventati, sono realmente accaduti. (Giovanni Guareschi)
Paolo
TE SE RICORDET I TEMP INDRE’ …
presentiamo :
Io sto bene così
Tutto sommato, penso che la mia generazione sia una generazione fortunata, anzi, forse la più fortunata di quelle che sono passate sul suolo del nostro bel paese.
La nostra fortuna è quella di essere nati dopo la fine della guerra, quando la gente. appena uscita dalle sofferenze di un conflitto, aveva un forte spirito di solidarietà e la voglia di tirarsi su le maniche per costruire il proprio futuro e quello dei propri figli.
Siamo cresciuti in quel magnifico momento passato alla storia con il nome di Boom economico, quando bastava avere voglia di tirarsi su le maniche e un lavoro lo trovavi subito, quando nelle case cominciava ad arrivare il benessere e con lui le prime “modernità”, quali la televisione, la lavatrice, l’aspirapolvere e tutti gli altri accessori per aiutare la donna nel suo lavoro casalingo e le prime automobili, le utilitarie, inizialmente dominio esclusivo solo dei capofamiglia, in seguito anche ai figli, le vacanze estive, tutte cose una volta riservate solo ai ricchi
Tutto questo ora ci sembra impossibile che per secoli l’umanità ne abbia fatto a meno.
Abbiamo visto l’età media allungarsi grazie alle scoperte della medicina e della chirurgia e la qualità della vita è migliorata. Basta confrontarci con i nostri coetanei di cinquanta o sessanta anni fa per renderci conto della differenza, vi ricordate di avere visto vostro nonno fare footing o giocare a tennis,?
Loro erano vecchi, noi diversamente giovani.
Oltre ai progressi della tecnologia e alle scoperte, secondo me, uno dei motivi più importanti per i quali siamo una generazione fortunata sono stati i nostri vecchi (rieccoli) con i loro ricordi. La gente comune, i reduci della Grande guerra o delle campagne di Russia o d’Africa, gli ex partigiani o repubblichini che davanti a un bicchiere di vino ti raccontavano la loro vita non ci sono più e il loro mondo è destinato a rimanere soltanto nei libri del tipo “Come eravamo” per poi perdersi con il passare del tempo.
Raccontare ai nostri figli la nostra felicità quando a Natale trovavamo sotto l’albero un pallone o un cinturone da cow boy con le pistole a bombette o la bambola visti per mesi esposti nella vetrina della cartoleria del paese; raccontare come ci divertivamo con i nostri giochi nei prati, che ci potevamo sporcare di terra e sbucciare le ginocchia senza che i nostri genitori mettessero subito mano al disinfettante, che le piscine nelle quali abbiamo imparato a nuotare erano i fossi dove vivevano rane e pesciolini e a volte anche qualche biscia d’acqua e che dopo il bagno come merenda andavamo a rubare la frutta dagli alberi e ce la mangiavamo lì sul posto senza paura di diserbanti o pesticidi, serve solo a farci guardare con un’espressione di compatimento, neanche venissimo dal terzo o quarto mondo.
I miei figli e gli eventuali nipoti non potranno mai vivere le esperienze che ho vissuto in prima persona o quelle che mi sono state raccontate da chi le ha vissute e che io, indegnamente, cerco di riportare nei miei racconti
Il mondo è cambiato e cambierà ancora, non so fino a che punto in meglio, io, per quello che mi riguarda mi sento a posto così.
I fatti raccontati sono realmente accaduti. Un po’ da ogni parte, si capisce. Oppure sono inventati. Ma i più veri sono quelli inventati perché, dopo che io li avevo inventati, sono realmente accaduti. (Giovanni Guareschi)
Paolo
PADOVA E VILLE VENETE –
II parte Il secondo giorno è stato interamente dedicato alla navigazione col Burchiello, alla scoperta delle antiche e lussuose Ville Venete, dimore per lo più nate come agricole, con annesse “barchesse” per l'approdo e il ricovero delle barche ma trasformate, soprattutto nel ‘700, in dimore di villeggiatura estremamente lussuose. Esse dovevano servire da “biglietto da visita" del padrone di casa verso i suoi illustri ospiti che, in genere, comprendevano: politici, diplomatici, alti funzionari, nobili e clericali. La prima visitata, di Nicolò e Alvise Foscari, è la cosiddetta Malcontenta (il nomignolo viene in realtà da acque mal contenute) del 1554, stupendamente progettata da Andrea di Pietro della Gondola detto Palladio (colui che è protetto dagli dei). Leggi tutto... |
VILLA ARCONATI VILLA DI DELIZIA
Nel 1700 si definivano Ville di Delizia le residenze che le famiglie nobili del tempo si facevano erigere in campagna, da famosi architetti del tempo, per aumentare il loro prestigio. Erano residenze di rappresentanza dove il “signore” si dilettava a ricevere e mostrare ai suoi ospiti tutta la sua ricchezza, potenza e grandezza. Nel 1610 Galeazzo Arconati, importante nobile milanese, acquistò una proprietà che sorgeva nel nucleo medioevale del Castellazzo ed era formata dal Borgo e dalla Villa situati nel Parco delle Groane e la trasformò nel complesso che ancora oggi abbiamo il piacere di ammirare. Leggi tutto |
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un estratto da :
M O N T A G N E S M O N A M O U R
Pinzolo 2019
Pinzolo si trova, in Val Rendena, piazzato nella piana prativa tra il gruppo dell'Adamello e quello delle Dolomiti del Brenta ad una altezza di 740 slm circa e conta su 3.052 residenti.
A pranzo ci scambiamo i pareri sui negozi, le piazze, ecc... e l'amico Costanzo, responsabile dell'agenzia Travel -Land, propone, per chi desidera soddisfare il precetto festivo, di andare alla S. Messa vespertina del sabato con il signor Andrea che offre il pulmino per trasportare chi ne avesse bisogno. Proposta accettata.
Abbiamo anche la visita del nostro presidente Antonio Dallera (arrivato da Milano per salutarci) e c'è anche
sua sorella signora Milena: salutano il signor Andrea (titolare dell’albergo) e poi Antonio va a prendere a Trento la moglie signora Paola che arriva in treno e che ci annuncerà che a Milano sono previsti circa 40°. A tutti viene un brividino e pensiamo: bè intanto qui a Pinzolo stiamo bene come temperatura. Dopo la cena molti vanno alla piazza nel centro del paese che ha un palco dove è previsto il karaoke per tutti. Così, satolli, formiamo un gruppettone che scende e . . . caso mai . . . per partecipare ...
Il giorno dopo siamo in Val Nambrone: camminiamo sul sentiero nella boscaglia sentendo un rumore d'acqua: un ponticello valica il torrente che, per la sua metà, è interessato da un nuvolone di spruzzi che brillano al sole. Noi vorremmo andare oltre per vedere la cascata ma gli spruzzi sono una gelida doccia.
Antonio ci dà il suo giubbino impermeabile, per superare il punto scabroso, che poi passa di mano in mano in modo che tutti i presenti riescano a varcare quella nuvola d'acqua e ritornino asciutti. Poi seguiamo il sentiero che scende dal ponte in fianco al torrente e ad una curva lasciamo il sentiero per entrare nel fitto del boschetto: anche il torrente fa un'ansa e, con uno slargo, forma un quieto laghetto. Vi è dentro un pescatore, con gli stivaloni a tutta coscia, che lancia la lenza e la segue dandole ogni tanto un colpetto, si dondola e la rilancia osservando dietro per non agganciare rami o altro. Io dico ad Anna “ma sarà vero che riesce a pescare? Com’è bello tutto!
E' l'ultimo giorno, il tempo è splendido ed abbiamo ancora poche ore: prendiamo la seggiovia e si va a oltre 2000 slm.
Scendiamo e con poca strada siamo al belvedere che mostra il blocco delle cime del gruppo del Brenta: sono una calamita visiva e lo sguardo resta incollato, non si riesce a girarsi tanto è attraente. Cellulari in scatto continuo, telecamere e teleobiettivi tutti in azione. Il sole è alto, gli schermi sono scurissimi e si devono mettere le mani davanti per fare ombra ma, … niente da fare, non vediamo nulla. Tuttavia l'esperienza dice: “fotografa, vedrai che riuscirà bene!” Io guardo Anna e le dico: “Quante cose belle ha fatto il Signore!” Siamo in seggiovia e non so più chi l'abbia detto “Che meravigliose vacanze!”.
Annarmando
M O N T A G N E S M O N A M O U R
Pinzolo 2019
Pinzolo si trova, in Val Rendena, piazzato nella piana prativa tra il gruppo dell'Adamello e quello delle Dolomiti del Brenta ad una altezza di 740 slm circa e conta su 3.052 residenti.
A pranzo ci scambiamo i pareri sui negozi, le piazze, ecc... e l'amico Costanzo, responsabile dell'agenzia Travel -Land, propone, per chi desidera soddisfare il precetto festivo, di andare alla S. Messa vespertina del sabato con il signor Andrea che offre il pulmino per trasportare chi ne avesse bisogno. Proposta accettata.
Abbiamo anche la visita del nostro presidente Antonio Dallera (arrivato da Milano per salutarci) e c'è anche
sua sorella signora Milena: salutano il signor Andrea (titolare dell’albergo) e poi Antonio va a prendere a Trento la moglie signora Paola che arriva in treno e che ci annuncerà che a Milano sono previsti circa 40°. A tutti viene un brividino e pensiamo: bè intanto qui a Pinzolo stiamo bene come temperatura. Dopo la cena molti vanno alla piazza nel centro del paese che ha un palco dove è previsto il karaoke per tutti. Così, satolli, formiamo un gruppettone che scende e . . . caso mai . . . per partecipare ...
Il giorno dopo siamo in Val Nambrone: camminiamo sul sentiero nella boscaglia sentendo un rumore d'acqua: un ponticello valica il torrente che, per la sua metà, è interessato da un nuvolone di spruzzi che brillano al sole. Noi vorremmo andare oltre per vedere la cascata ma gli spruzzi sono una gelida doccia.
Antonio ci dà il suo giubbino impermeabile, per superare il punto scabroso, che poi passa di mano in mano in modo che tutti i presenti riescano a varcare quella nuvola d'acqua e ritornino asciutti. Poi seguiamo il sentiero che scende dal ponte in fianco al torrente e ad una curva lasciamo il sentiero per entrare nel fitto del boschetto: anche il torrente fa un'ansa e, con uno slargo, forma un quieto laghetto. Vi è dentro un pescatore, con gli stivaloni a tutta coscia, che lancia la lenza e la segue dandole ogni tanto un colpetto, si dondola e la rilancia osservando dietro per non agganciare rami o altro. Io dico ad Anna “ma sarà vero che riesce a pescare? Com’è bello tutto!
E' l'ultimo giorno, il tempo è splendido ed abbiamo ancora poche ore: prendiamo la seggiovia e si va a oltre 2000 slm.
Scendiamo e con poca strada siamo al belvedere che mostra il blocco delle cime del gruppo del Brenta: sono una calamita visiva e lo sguardo resta incollato, non si riesce a girarsi tanto è attraente. Cellulari in scatto continuo, telecamere e teleobiettivi tutti in azione. Il sole è alto, gli schermi sono scurissimi e si devono mettere le mani davanti per fare ombra ma, … niente da fare, non vediamo nulla. Tuttavia l'esperienza dice: “fotografa, vedrai che riuscirà bene!” Io guardo Anna e le dico: “Quante cose belle ha fatto il Signore!” Siamo in seggiovia e non so più chi l'abbia detto “Che meravigliose vacanze!”.
Annarmando
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