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MACCHÈ ANZIANI D'EGITTO!!! CMTE SEGRATE

Articoli del giornalino novembre/dicembre 2019

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LA BISACCIA DEL MENDICANTE
 
Vacanze, tempo di viaggi.
Grande arte quella del viaggio.
Richiede anzitutto di prendersi del tempo, di non aver paura della lentezza.
Solo viaggiando con calma, ponendo l’accento sul “fare strada”, si diventa consapevoli che “camminando si apre il cammino” (A. Machado).
Ogni viaggio nasce misteriosamente nella nostra psiche, dove si accende la curiosità grazie a diversi impulsi: una conversazione, un quadro appeso a una parete, una rivista che ci cattura con qualche foto, un ricordo, un amore…
Allora nasce il desiderio di partire, si progetta e si decide il viaggio: da soli, per gustare nella solitudine le meraviglie del cammino; o insieme ad altri, per emozionarsi e vivere insieme l’avventura.
A volte il viaggio ha una meta che s’impone, altre volte è l’idea del viaggiare che ci spinge a partire.
Partire, soprattutto in auto, per fermarsi quando e dove si vuole, per non avere troppi orari, per raggiungere luoghi meno battuti.
Io amo viaggiare così: certo, mi do una meta, ma il viaggiare è più importante…
Lungo il cammino ci sono opere d’arte da vedere, monumenti da visitare, spazi per fermarsi a passeggiare e a pensare.

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SALUTO A
DON STEFANO

 
Rocca don Stefano, tessera n.3 del Coordinamento Movimenti Terza Età!
Il numero così basso significa che ci sei stato fin dall’inizio del Movimento e che sei rimasto con noi: attento, curioso, disponibile!
Allora grazie! Grazie per i tuoi articoli da pubblicare sul giornalino “Macché anziani d’Egitto”, grazie per le conferenze, interessanti e coinvolgenti, che hai tenuto per noi e per quelle che ci hai aiutato ad organizzare.
Hai viaggiato con noi! Ricordi i musei di Mosca e San Pietroburgo, l’emozione di poter vedere splendide opere d’arte dal vivo, di visitare luoghi interessanti e unici? Grazie per quello che riuscivi sempre a insegnare, a trasmettere e per i momenti conviviali passati insieme.
E il pranzo del mercoledì? Ci tenevi tanto… ”E’ un momento importante di socializzazione per la nostra Parrocchia, non si può perdere” dicevi. Temevi si spegnesse per cause “naturali” visto che l’età media dei partecipanti è sempre stata un po’ alta. Lo scorso anno sono subentrate nuove persone, energie fresche e tu ne sei stato contento. Sempre presente, ogni mercoledì, davi inizio al pranzo con una preghiera, stavi con noi per un po’ e poi sparivi.
Ci mancherai, don, ma sia il pranzo del mercoledì che le attività dell’MTE continueranno e se ti capita di aver voglia della cucina del Franco, di un viaggio in compagnia dei tuoi parrocchiani “diversamente giovani”, sai dove trovarci. A noi farebbe piacere averti tra noi anche in futuro.
Ancora grazie.
                                                  Un abbraccio dal MTE

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RICORDANDO LEONARDO DA VINCI
 
Quest’anno si sono celebrati i 500 anni dalla morte di Leonardo avvenuta il 5 maggio 1519 ad Amboise (Francia) dove viveva presso la corte di Francesco I.
Tutti noi abbiamo avuto occasione di conoscere e vedere molte delle sue grandi opere.
Qualche anno fa, durante una gita organizzata dal nostro Movimento, abbiamo avuto l’occasione di vedere con i nostri occhi uno dei suoi progetti attualmente ancora funzionante: il traghetto di Imbersago, un paesino della Brianza comasca al confine con la provincia di Bergamo.
Leonardo, che studiò molto le acque e in particolare l’Adda, lo realizzò con la sua consueta precisione utilizzando un funzionamento geniale. Il principio è la legge fisica della scomposizione di due forze: la forza traente è la corrente del fiume Adda e la forza portante è il cavo, teso tra le due rive, che passa in u cilindro rotante del traghetto.
Volgendo la prua verso l’altra sponda e deviando l’imbarcazione con uno speciale timone in modo che la corrente spinga, il traghetto vincolato dal cavo non può scendere a valle ed è obbligato a scivolare sull’acqua verso l’altra sponda del fiume.
In quel punto l’Adda è larga circa novanta metri e si attraversa in soli due minuti. Vedere il traghetto collegare le due sponde senza motore e senza remi è davvero uno spettacolo che ha dell’incredibile.
Che genio, questo Leonardo!
Onoriamolo con questo nostro ricordo.
Fernanda                                                   

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UNO SCAMBIO DI DONI
 
Prima che don Stefano lasciasse Segrate, per ricordarci a vicenda, tra me e Lui c’è stato uno scambio di libri.
 
Da Lui ho ricevuto il “Testamento” dell’Abbé Pierre e a Lui ho lasciato un “Diurnum Ambrosianum”, piccolo messale in latino del 1898.
 
Non posso dire quanto piacere gli abbia fatto il mio dono ma posso dire quanto il Suo ne ha fatto a me.
 
Sapevo che l’Abbé Pierre è stato il fondatore della Comunità di Emmaus, sapevo che è stato un sant’uomo impegnato religiosamente, politicamente e socialmente ma non avevo mai letto alcunché di Suo.
 
Come mi aveva anticipato don Stefano, il “Testamento” dell’Abbé Pierre è un libro, folgorante e sconvolgente, che consta di 27 trattatelli che sono uno stimolo per la mente.
 
Uno strano testamento perché, come scrive all’inizio: “Io non lascio nulla che mi appartenga ….. Il mio testamento contiene solo le riflessioni che la vita mi ha quasi costretto a fare.”
 
E tali riflessioni partono dal presupposto di riconoscere nell’Amore lo scopo della vita; addirittura l’Abbé Pierre riconosce Dio nell’Amore, soprattutto in quello rivolto all’umanità e alla natura.
 
Evidentemente in questo concetto di Amore si possono riconoscere sia i credenti che i non credenti.
 
A quelli di fede cattolica lascia infatti l’invito a voler vivere la loro fede secondo il comandamento d’Amore, sbarazzandosi “di quella corazza che imprigiona la Chiesa e sotto la quale il Vangelo viene trasformato in diritto canonico”.
 
Ne denuncia l’ostentazione di ricchezza e di simboli esteriori: “più preoccupati di veder rispettati i mezzi che non il fine evangelico”.
Afferma che, se la Chiesa vuol essere credibile, ha bisogno di sacerdoti “profondamente evangelici”, aggiungendo anche che: “il prete di domani dovrà essere un “agente di contagio”, nel senso che dovrà contagiare d’Amore.
 
Anche don Stefano ha evidenziato qualche pensiero, il primo lo trovo a pagina 58 e riguarda il significato di Chiesa e la Messa domenicale.
Per l’Abbé la Messa domenicale non è una prescrizione di Cristo ma una delle tante regole stabilite dalla Chiesa.
E siccome il significato di Chiesa è: “Assemblea”, anche la Messa dovrebbe diventare un’Assemblea.
 
Subito dopo, a pagina 99, la seconda evidenziatura riguarda i Sacramenti che, nel “Testamento”, dovrebbero diventare “i mezzi per imparare ad amare”.
 
La terza sottolineatura è a pagina 140 e riguarda “la sofferenza”, la peggiore delle quali è quella “di essere negati come uomini e come popolo”.
 
Come eredità l’Abbé lascia anche un nuovo modo di condividere le risorse (ricchezze) senza la pretesa di abolire le disuguaglianze ma stabilendo la distribuzione delle risorse partendo dal basso, cioè dai più poveri.
 
L’Abbé Pierre, il cui vero nome è Henry Antoine Grouès, è nato nel 1912 ed è morto nel 2007.
 
Il Suo “Testamento” è stato pubblicato nel 1994, ossia 13 anni prima della Sua morte.
Sono passati 25 anni “dall’apertura” del suo Testamento e mi viene da pensare che il Suo lascito non sia stato ben utilizzato dalla generazione che lo ha avuto in eredità; mi pare altresì fuori dubbio che senza di esso l’inizio del nuovo millennio sarebbe stato peggiore.
Ed è pur vero che c’è ancora il tempo per utilizzarlo meglio ma è però necessario aumentare il numero di persone che se ne rendano conto e che se ne facciano carico.
 
                                      Enrico Sciarini ​


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SI RICOMINCIA… DA CHIAVARI
 
Con settembre abbiamo ripreso la bella consuetudine di effettuare un’uscita di un’intera giornata per scoprire o rivedere interessanti località non troppo lontane da Milano: siamo andati a Chiavari, ridente cittadina ligure sulla Riviera di Levante.
Abbiamo un po’ tralasciato l’aspetto più propriamente vacanziero e marino per scoprirne aspetti meno noti.
Scoperte archeologiche dicono che la località è stata abitata fin dalla preistoria mentre il suo andamento di strade parallele, intersecate ad angolo retto da brevi vicoli, rimanda ad un insediamento romano anche se il momento del suo maggior sviluppo è stato il Medioevo.
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SILENZIO E SPIRITUALITA’ NEL COMPLESSO DI SAN SALVATORE
 
L’uscita che apre il nuovo anno di attività del MTE non vuole essere solo una gita tra amici ma anche un momento di raccoglimento e riflessione.
Per questo è sembrato più adatto lasciare le ricche e decorate chiese chiavaresi per il suggestivo complesso religioso e artistico di San Salvatore dei Fieschi sopra Lavagna, cittadina che solo la lunghezza di un ponte separa da Chiavari.
Il piccolo borgo sorge su una collinetta, coltivata a viti e ulivi, che lo isola dal traffico del fondovalle e ne fa un luogo appartato e silenzioso adatto alla contemplazione del paesaggio e alla meditazione.


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FRANCESCA MONETA 
Nella Giornata della Memoria delle Vittime del Terrorismo, 9 maggio 2019, una studentessa del Liceo Scientifico “Virgilio” di Milano ha parlato alla Camera dei Deputati durante una riunione congiunta e alla presenza del Presidente della Repubblica. 
Anche se non erano presenti tutti i 945 parlamentari, gli scranni dell’aula di Montecitorio erano quasi completamente occupati.
Non è stato un discorso lungo, meno di tre minuti, ma sono bastati a far balzare in piedi un buon numero di presenti per applaudirla. 
Ha letto su un foglietto dove aveva scritto: “Stiamo vivendo un momento particolarmente difficile della nostra storia repubblicana. 
I valori fondanti la nostra convivenza civile paiono messi in discussione persino da chi riveste alte responsabilità di governo.  
Ci sono parole e gesti violenti, amplificati a dismisura dai social media, che diffondono un clima di diffidenza e odio nella società civile; che mirano a screditare le istituzioni democratiche nazionali ed europee, che sono nostre, e che dovremmo imparare a difendere strenuamente per il bene di tutti.” 
Poi, dopo aver ricordato la frase di Cicerone “Historia magistra vitae”, l’ha commentata concludendo: “Difendiamo la memoria del passato, studiamola, custodiamola come qualcosa di prezioso che dà senso e valore al presente e apre a noi giovani la speranza di un futuro da costruire con intelligenza e rinnovato impegno civile”. 
Lo stesso giorno il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato a Francesca una fotografia in prima pagina mentre riceve l’applauso del Presidente Mattarella, poi un lungo articolo a pagina 15 con l’elogio per la ragazza e per la sua scuola. 
Tutta diversa l’opinione di Paolo Bracalini che, sul quotidiano “Il Giornale” del 10 maggio, scrive un articolo dal titolo: “Un nuovo oracolo della sinistra: la ragazzina che critica Salvini” iniziando con: “E’ una delle ultime tendenze in fatto di politica: la giovane che dice banalità ma siccome è giovane allora diventano pensieri profondi che fan riflettere.” 
L’articolo continua poi dicendo che le “banalità” fanno maggior effetto se sono pronunciate da giovani donne e ne cita anche alcune: la svedese Greta Thunberg (che conduce una campagna contro l’inquinamento) ma che per Paolo Bracalini ha “scoperto l’acqua calda” al punto che spuntano già le “anti-Greta”. 
Ne cita con ironia anche altri, compreso Ramy Shehata (il tredicenne egiziano che ha salvato gli scolari sullo scuola-bus in fiamme a San Donato Milanese) che, per Bracalini, “è diventato un guru in tema di jus soli.” 
Ora, se Bracalini ritiene “banale” dire che i social media amplificano gesti violenti; che i giovani dovrebbero imparare a difendere le istituzioni democratiche e che dovrebbero difendere la memoria storica perché serve loro per costruire un futuro migliore del presente, allora dovrebbe anche dire quali altre cose non banali dovrebbero imparare i giovani. 
Ma nel suo articolo non vi sono indicazioni di sorta, c’è solo acredine e strafottenza nei confronti di quei giovani (purtroppo una minoranza) che ancora credono nei valori della scuola, della cultura, della civiltà e del buon senso.
​                                              Enrico Sciarini


HISTORIA MAGISTRA VITAE
La locuzione latina Historia magistra vitae, tradotta letteralmente, significa La Storia è maestra di vita, ed è tratta da una frase più ampia nell'opera De Oratore di Cicerone.
La frase completa è 
Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis (Cicerone, De Oratore, II, 9, 36),
ovvero 
La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità.
È una descrizione che Cicerone dà della storia, affermandone la fondamentale importanza per la sua funzione ammaestratrice.

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.Per la rubrica
TE SE RICORDET I TEMP INDRE’ …
presentiamo :
 
Io sto bene così
Tutto sommato, penso che la mia generazione sia una generazione fortunata, anzi, forse la più fortunata di quelle che sono passate sul suolo del nostro bel paese.
La nostra fortuna è quella di essere nati dopo la fine della guerra, quando la gente. appena uscita dalle sofferenze di un conflitto,  aveva un forte spirito di solidarietà e la voglia di tirarsi su le maniche per costruire il proprio futuro e quello dei propri figli.
Siamo cresciuti in quel magnifico momento passato alla storia con il nome di Boom economico, quando bastava avere voglia di tirarsi su le maniche e un lavoro lo trovavi subito, quando nelle case cominciava ad arrivare il benessere e con lui  le prime “modernità”, quali la televisione,  la lavatrice, l’aspirapolvere e tutti gli altri accessori per aiutare la donna nel suo lavoro casalingo e le prime automobili, le utilitarie, inizialmente dominio esclusivo solo dei capofamiglia, in seguito anche ai figli, le vacanze estive, tutte cose una volta riservate solo ai ricchi
Tutto questo ora ci sembra impossibile che per secoli l’umanità ne abbia fatto a meno.
Abbiamo visto l’età media allungarsi grazie alle scoperte della medicina e della chirurgia e la qualità della vita è migliorata. Basta  confrontarci con i nostri coetanei di cinquanta o sessanta anni fa per renderci conto della differenza, vi ricordate di avere visto vostro nonno fare footing o giocare a tennis,?
Loro erano vecchi, noi diversamente giovani.
Oltre ai progressi della tecnologia e alle scoperte, secondo me, uno dei motivi più importanti per i quali siamo una generazione fortunata sono stati i nostri vecchi (rieccoli) con i loro ricordi. La gente comune, i reduci della Grande guerra o delle campagne di Russia o d’Africa, gli ex partigiani o repubblichini che davanti a un bicchiere di vino ti raccontavano la loro vita non ci  sono più e il loro mondo è destinato a rimanere soltanto nei libri del tipo “Come eravamo” per poi perdersi con il passare del tempo.
Raccontare ai nostri figli la nostra felicità quando a Natale trovavamo sotto l’albero un pallone o un cinturone da cow boy con le pistole a bombette o la bambola visti per mesi esposti nella vetrina della cartoleria del paese; raccontare come ci divertivamo con i nostri giochi nei prati, che ci potevamo sporcare di terra e sbucciare le ginocchia senza che i nostri genitori mettessero subito mano al disinfettante, che le piscine nelle quali abbiamo imparato a nuotare erano i fossi dove vivevano rane e pesciolini e a volte anche qualche biscia d’acqua e che dopo il bagno come merenda andavamo a rubare la frutta dagli alberi e ce la mangiavamo lì sul posto senza paura di diserbanti o pesticidi, serve solo a farci guardare con un’espressione di compatimento, neanche venissimo dal terzo o quarto mondo.
I miei figli e gli eventuali nipoti non potranno mai vivere le esperienze che ho vissuto in prima persona o quelle che mi sono state raccontate da chi le ha vissute e che io, indegnamente, cerco di riportare nei miei racconti
Il mondo è cambiato e cambierà ancora, non so fino a che punto in meglio, io, per quello che mi riguarda mi sento a posto così.
 
I fatti raccontati sono realmente accaduti. Un po’ da ogni parte, si capisce. Oppure sono inventati. Ma i più veri sono quelli inventati perché, dopo che io li avevo inventati, sono realmente accaduti.         (Giovanni Guareschi)
                                                                                                                                                                                                                                                            Paolo   


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PADOVA E VILLE VENETE –
​II parte

 
Il secondo giorno è stato interamente dedicato alla navigazione col Burchiello, alla scoperta delle antiche e lussuose Ville Venete, dimore per lo più nate come agricole, con annesse “barchesse” per l'approdo e il ricovero delle barche ma trasformate, soprattutto nel ‘700, in dimore di villeggiatura estremamente lussuose. Esse dovevano servire da “biglietto da visita" del padrone di casa verso i suoi illustri ospiti che, in genere, comprendevano: politici, diplomatici, alti funzionari, nobili e clericali.
La prima visitata, di Nicolò e Alvise Foscari, è la cosiddetta Malcontenta (il nomignolo viene in realtà da acque mal contenute) del 1554, stupendamente progettata da Andrea di Pietro della Gondola detto Palladio (colui che è protetto dagli dei).
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VILLA ARCONATI  VILLA DI DELIZIA

Nel 1700 si definivano Ville di Delizia le residenze che le famiglie nobili del tempo si facevano erigere in campagna, da famosi architetti del tempo, per aumentare il loro prestigio.
Erano residenze di rappresentanza dove il “signore” si dilettava a ricevere e mostrare ai suoi ospiti tutta la sua ricchezza, potenza e grandezza.
Nel 1610 Galeazzo Arconati, importante nobile milanese, acquistò una proprietà che sorgeva nel nucleo medioevale del Castellazzo ed era formata dal Borgo e dalla Villa situati nel Parco delle Groane e la trasformò nel complesso che ancora oggi abbiamo il piacere di ammirare.   

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo  un estratto da : 
 
M O N T A G N E S   M O N   A M O U R 
Pinzolo 2019

                       
Pinzolo si trova, in Val Rendena, piazzato nella piana prativa tra il gruppo dell'Adamello e quello delle Dolomiti del Brenta ad una altezza  di 740 slm circa e conta su 3.052 residenti.
A pranzo ci scambiamo i pareri sui negozi, le piazze, ecc... e l'amico Costanzo, responsabile dell'agenzia Travel -Land, propone, per chi desidera soddisfare il precetto festivo, di andare alla S. Messa  vespertina del sabato con il signor Andrea che offre il pulmino  per trasportare chi ne avesse bisogno. Proposta accettata.
Abbiamo anche la visita del nostro presidente Antonio Dallera (arrivato da Milano per salutarci) e c'è anche 
sua sorella signora Milena: salutano il signor Andrea (titolare dell’albergo) e poi Antonio va a prendere a Trento la moglie signora Paola che arriva in treno e che ci annuncerà che a Milano sono previsti circa 40°. A tutti viene un brividino e pensiamo: bè intanto qui a Pinzolo stiamo bene come temperatura. Dopo la cena molti vanno alla piazza nel centro del paese che ha un palco dove è previsto il karaoke per tutti. Così, satolli, formiamo un gruppettone che scende e . . . caso mai . . . per partecipare ...
Il giorno dopo siamo in Val Nambrone: camminiamo sul sentiero nella boscaglia sentendo un rumore d'acqua: un   ponticello valica il torrente che, per la sua metà, è interessato da un nuvolone di spruzzi che brillano al sole. Noi vorremmo andare oltre per vedere la cascata ma gli spruzzi sono una gelida doccia.
Antonio ci dà il suo giubbino impermeabile, per superare il punto scabroso, che poi passa di mano in mano in modo che tutti i presenti riescano a varcare quella nuvola d'acqua e ritornino asciutti. Poi seguiamo il sentiero che scende dal ponte in fianco al torrente e ad una curva lasciamo il sentiero per entrare nel fitto del boschetto: anche il torrente fa un'ansa e, con uno slargo, forma un quieto laghetto. Vi è dentro un pescatore, con gli stivaloni a tutta coscia, che lancia la lenza e la segue dandole ogni tanto un colpetto, si dondola e la rilancia osservando dietro per non agganciare rami o altro. Io dico ad Anna “ma sarà vero che riesce a pescare? Com’è bello tutto!
E' l'ultimo giorno, il tempo è splendido ed abbiamo ancora poche ore: prendiamo la seggiovia e si va a oltre 2000 slm.
Scendiamo e con poca strada siamo al belvedere che mostra il blocco delle cime del gruppo del Brenta: sono una calamita visiva e lo sguardo resta incollato, non si riesce a girarsi tanto è attraente. Cellulari in scatto continuo, telecamere e teleobiettivi tutti in azione. Il sole è alto, gli schermi sono scurissimi e si devono mettere le mani davanti per fare ombra ma, … niente da fare, non vediamo nulla. Tuttavia l'esperienza dice: “fotografa, vedrai che riuscirà bene!” Io guardo Anna e le dico: “Quante cose belle ha fatto il Signore!” Siamo in seggiovia e non so più chi l'abbia detto “Che meravigliose vacanze!”.                         
                                              Annarmando
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