Articoli del giornalino maggio / giugno 2021
FOTOGRAFIE DA VIVERE
Si dice che a volte il passato ritorni. Sarà anche possibile, ma una cosa è certa: il passato si è depositato nei nostri cuori e nelle nostre menti e basta poco per risvegliarlo. Chi ha molti anni sulle spalle ha il cuore e la mente talmente intrisi di passato che la voglia di raccontarlo a volte è quasi inarrestabile. Ci si ritrova allora a raccontare a qualcuno le nostre vicende con passione, ma anche con foga. Cerchiamo di trovare le parole più adatte anche se temiamo che il nostro interlocutore possa non capire pienamente la situazione. E’ così difficile far rivivere agli altri quello che abbiamo provato noi! Le nostre vicende a volte ci hanno emozionato a tal punto che saperle raccontare sembra cosa da scrittore o da poeta. Allora ecco il trucco: mostriamo le foto! Le fotografie e i filmati sono davvero magici. Riescono a concentrare, come un buon liquore, un’emozione. Miracolosamente il nostro interlocutore vede e capisce quel che stiamo dicendo. Si dice che a volte il passato ritorni. Sarà anche possibile, ma una cosa è certa: il passato si è depositato nei nostri cuori e nelle nostre menti e basta poco per risvegliarlo. Chi ha molti anni sulle spalle ha il cuore e la mente talmente intrisi di passato che la voglia di raccontarlo a volte è quasi inarrestabile. Ci si ritrova allora a raccontare a qualcuno le nostre vicende con passione e con amore. Cerchiamo di trovare le parole più adatte anche se temiamo che il nostro interlocutore possa non capire pienamente la situazione. E’ così difficile far rivivere agli altri quello che abbiamo provato noi! Le nostre vicende a volte ci hanno emozionato a tal punto che saperle raccontare sembra cosa da scrittore o da poeta. Allora ecco il trucco: mostriamo le foto! Le fotografie e i filmati sono davvero magici. Riescono a concentrare, come un buon liquore, un’emozione. Miracolosamente il nostro interlocutore vede e capisce quel che stiamo dicendo. E’ un’esperianza semplice e sintetica che magari non ha la profondità di un racconto, ma è potentissima. Forse rischiamo a volte di sprecare e banalizzare questa esperienza. Forse c’è un problema di inflazione di immagini nel nostro mondo frenetico, ma guardare una foto o un filmato è comunque affascinante. Ma molto dipende da come ci accostiamo ad essa. Osservare una fotografia ci arricchisce se in una foto si osservano con attenzione e con calma i dettagli, le luci, i contrasti e ci si immerge con la mente in essa. Insomma una fotografia non va “usata” ma va vissuta! Che bello se a molte persone capiterà di ritrovarsi con la mente a tu per tu con le persone o con gli ambienti della foto! Per molti ispirerà curiosità o nostalgia. Per altri magari sarà l’occasione per rivivere un passato legato a tante emozioni. In questi mesi all’MTE la pandemia ci ha costretto a limitare i contatti sociali che sono alla base della nostra associazione, ma non ci impedito di continuare ad essere attivi e presenti. Come sapete abbiamo costruito un piccolo progetto per riabilitare e valorizzare la nostra memoria e per renderla disponibile a tutti i nostri amici. Con l’iniziativa Te se ricordet i temp indreè abbiamo cominciato chiedendo a ciascuno di scrivere un racconto di storia accaduta ed è stato un successo. Abbiamo scoperto infatti tanti scrittori novelli e storie di vita bellissime. Ma non ci è bastato, abbiamo voluto vedere con fotografie la nostra esperienza! E’ nato allora Te se ricordet i temp indreè-FOTO. Le prime foto che abbiamo ricevuto sono bellissime e raccontano in maniera straordinaria le vite e gli ambienti di tanti anni fa. Tante sono assai curiose, tante addirittura inimmaginabili, altre semplicemente belle. In questo numero del giornalino ne pubblichiamo solo alcune per ovvi motivi di spazio e con tutte le limitazioni di una stampa semplice come la nostra, ma nel sito ci sono tutte e vi invitiamo a visitarlo, magari anche in compagnia (virus permettendo). Livio |
Suor Alessandra Smerilli
Nella sua “Guida alla lettura” dell’Enciclica “Fratelli tutti”, edizione San Paolo, suor Alessandra Smerilli, Consigliera dello Stato della Città del Vaticano, ci introduce nella Basilica di san Francesco ad Assisi. Sulle pareti della basilica, Giotto nel 1296 ha dipinto 28 scene (che però avrebbero dovuto essere 29) della vita di san Francesco. Il pittore, nella sua narrazione, avrebbe voluto infatti mettere anche la scena dell’incontro e del bacio del santo a un lebbroso ma “i signori della città” non ne permisero la realizzazione perché “non volevano che si sapesse della presenza di lebbrosi ad Assisi”. Sono passati oltre 700 anni, il contesto non è più quello esistente nell’Alto Medioevo, non abbiamo più bisogno di pittori che si facciano narratori delle vicende umane, abbiamo ben altri e più potenti mezzi di informazione, ma qualche atteggiamento che assomiglia a quello dei “signori della città” esiste ancora. Suor Alessandra scrive 25 pagine di guida alla lettura dell’enciclica citandone molte pagine e dandone la sua interpretazione. E’ cioè come se ne avesse scritta lei un’altra più breve che si conclude con la citazione dell’esortazione apostolica di papa Francesco all’inizio del suo pontificato: “C’è bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”. E suor Alessandra aggiunge: “… c’è bisogno che più donne possano, con competenza e serietà, partecipare al pensiero e al discernimento, perché abbiamo necessità di uno sguardo femminile sulle realtà, sulla Chiesa e anche sulla fraternità”. Enrico Sciarini |
IL NUOVO GOVERNO
In pochi giorni Mario Draghi è riuscito a presentarci un Governo tecnico/politico di ottimo livello detto " dei due Presidenti " perché nato da uno stretto coordinamento fra il Presidente del Consiglio incaricato e il Presidente della Repubblica. Così come prevede la nostra Costituzione. I principali quotidiani e l'opinione pubblica (talk-shows) hanno accolto con favore il percorso di Draghi. Poche le eccezioni: dal "Tutto qui? " del “Il fatto quotidiano" al "Un ministero di basso profilo" di “Libero”. Draghi ha scelto dei tecnici di alto profilo per numerosi Ministeri chiave (Tesoro, Giustizia, Ambiente, Scuola, Infrastrutture e Pubblica Ammi-nistrazione) ma si è anche preoccupato di coprire con buoni Ministri "politici" altri Ministeri di peso: dagli Esteri all'Interno e dal Lavoro alla Cultura. Buoni Ministri non tanto per qualità tecniche che devono ancora dimostrare ma perché rappresentano dei punti di forza nei partiti di provenienza. Così il PD con Guerini alla Difesa, Orlando al Lavoro e Franceschini alla Cultura e così anche i Cinque Stelle con Di Maio agli Esteri e Patuanelli all'Agricoltura. Buona anche la presenza della Lega: Salvini si è defilato, ma ha delegato al Governo due personaggi solidi e sperimentati quali Giorgetti e Garavaglia. Anche Renato Brunetta è, a mio parere, assai vicino alla Lega, di cui ha favorito il riallineamento sui temi europei. Un po’ troppo "femminista" mi è parsa invece la rappresentanza nel Governo di Forza Italia su cui peraltro "incombe l'ombra intensa di re Silvio " e dei suoi saggi consiglieri attuali. Resta il buon Renzi di cui non si possono disconoscere i meriti in questo benefico cambiamento di scenario. La posizione di Italia Viva nel Governo è marginale ma nessuno può dimenticare quello che ha scritto venerdì scorso la piattaforma "Linkiesta" sulla "mossa capolavoro" di Renzi: “Sarà anche un bullo, ma Matteo Renzi ha salvato per la seconda volta l’Italia”. Bruno Colle |
I GIORNI DEL SILENZIO
Quanti sono i giorni di clausura e di silenzio che il maledetto Coronavirus ci tiene chiusi nelle nostre case a fare pulizie, a lucidare vetri e tante altre consimili amenità che i nostri odiati teletromboni, senza limiti di colori, di canali o di scuole di pensiero, continuano a suggerirci? Certo è impressionante il silenzio che ci circonda: guardo giù nei cortili del condominio dove abito e non vedo passare nessuno né vi sono bambini che giochino e che facciano sentire con le loro grida che siamo ancora vivi. Niente, porca miseria, nemmeno un cane che abbaia (di solito rompono tanto le scatole) ma in questi giorni farebbero piacere anche i loro “bau, bau”: che si siano infettati pure loro? Finora però di cani con la mascherina, in giro, non ne ho ancora veduti, mah ... Nessuno sa di preciso quanto potrà durare ancora questa condanna che gli amici cinesi hanno voluto condividere con il resto del mondo. Ognuno ora cerca di difendersi come meglio può sperando di indovinare per primi la formula magica per salvarsi dalla condanna; però fino ad ora … pippa! Volendo però ragionare un po’ più seriamente, penso che questa sia una scoppola che, partendo dalla (forse) incolpevole Cina, tutti i paesi dell'intero mondo ricorderanno per sempre negli annali della storia della loro terra e che faranno un giorno studiare ai loro figli per fare loro capire quanto grande disastro sociale ed economico mondiale hanno subito e che, sinceramente, nulla ha da invidiare alle bibliche piaghe d'Egitto né alla peste manzoniana. Io, che scrivo questi quattro scarabocchi per sfogare la mia amarezza anche se con un po' di umorismo sparso qua e là, ho già un’età di quelle che danno tanti dispiaceri all'INPS ma, fin tanto che Lui me lo consentirà, io qui ci sto e anche abbastanza bene nonostante che, ogni giorno di più, mi tocchi assistere al disfacimento di questo mio Paese a causa, perlopiù, di un Governo di masanielli politicamente (e non solo per quello) del tutto sprovveduti. Finirà questa virustortura? Si, finirà, ne sono sicuro. Quando? Non lo so, ma fino ad allora dovremo continuare a tapparci le orecchie per non sentire questo assordante tremendo silenzio che ci sta facendo impazzire un po' tutti. Gianfranco Beltrame |
RICORDI DI SCUOLA
Negli anni Cinquanta ho fatto scuola in diversi paesi dell’alto novarese e, man mano, ho annotato pensieri, osservazioni e domande dei miei alunni: un florilegio di spontaneità e di ingenuità che mi commuove ancora adesso che sono ormai anziana. Per semplificazione, nel prosieguo leggasi “Signora maestra” per S.M. S.M., io tiro su troppo inchiostro con il pennino e faccio le macchie sul quaderno. Per Natale scriverò a Gesù Bambino una lettera perché mi porti una penna con “l’inchiostro dentro”. S.M., io domani non posso venire a scuola perché la mamma ha preso la paga e andiamo a comprare le scarpe nuove perché non posso andare alle nozze di mio zio con le scarpe rotte. S.M., stamattina sono arrivato in ritardo perché mi fanno male i piedi (aveva messo le scarpe del fratello più piccolo). S.M., dica al papà di Giuliano di comprargli le carte assorbenti perché io non gliele presto più! S.M., sono venuto a scuola senza libri e quaderni perché quando davo da mangiare alle capre, la Bianchina ha tirato fuori tutto dalla borsa e li ha pestati e strappati! S.M., mio papà ha sentito la parola inflazione e non sa cosa sia. Pensa che sia una malattia e mi ha detto: “chiedi spiegazioni alla tua maestra”. S.M., questa mattina non ho potuto pettinarmi perché il pettine mi è caduto nella paglia dell’ovile e non l’ho più trovato. S.M., la mamma mi dice che devo essere più ubbidiente. Quando sarò grande faccio il carabiniere, così faccio ubbidire gli altri! S.M., i miei compagni mi dicono che ho la mamma troppo grassa ma io sono contento perché ho “più” mamma che mi vuole bene! S.M., stamattina non ho potuto bere il caffelatte perché il gatto è salito sul tavolo e mi ha rovesciato la scodella. Posso mangiare adesso un pezzo di pane prima di scrivere? S.M., ieri, quando sono tornato da scuola, il papà mi ha chiesto se volevo andare con lui a tagliare l’erba nel prato. Ho preparato la falce e un sacchetto con dentro la merenda. Finito il lavoro siamo andati a prendere il sacchetto che avevamo messo all’ombra su un sasso. Ma quando l’abbiamo aperto, il pane e il formaggio erano pieni di formiche. Il papà ha detto che anche le formiche volevano far merenda e ha detto: “andiamo a casa e faremo merenda in pace.” Mio papà è un uomo buono e intelligente! S.M., posso fare il cielo di un colore diverso perché ho finito il pastello azzurro? S.M., mi sono tutto bagnato perché il mio ombrello era rotto. Volevo stare a casa ma poi ho pensato che a casa non imparavo! S.M., mio papà mi ha detto che mi porta a Genova a vedere il mare. Però quando è sera torniamo a casa perché stare al mare costa troppo! S.M., mi è caduta la penna e si è rotto il pennino: posso scrivere a matita come il primo giorno di scuola? S.M., quando faccio la Comunione la mamma mi ha detto che, per regalo, mi compera una cartella che non si bagna quando piove! S.M., se ho la pagella bella, i miei genitori mi portano a Venezia perché là il mio zio fa il cameriere. Lo zio ci ha fatto vedere le strade che sono tutte piene d’acqua e si chiamano canali. Poi ho chiesto allo zio se qualche bambino è caduto nei canali, ma lui non mi ha risposto. Ho pensato che Venezia è una città bella, ma pericolosa. S.M., sabato sono andata con la mamma a raccogliere le castagne nel bosco. C’erano tanti ricci e in mezzo ai ricci c’era un riccio che rosicchiava le castagne. Peccato che non si può accarezzare i ricci perché sono spinosi! Un “piccolo mondo antico” che non dimenticherò mai! PS: Le frasi dei bimbi sono riportate come sono state dette, quindi a monte di ogni correzione circa la consecutio temporum. Fernanda |
Per la rubrica Te se ricordet i temp indreè
Semplicemente un gatto, ma speciale! Ero rimasta sola (nel 2001) e i miei figli vollero portarmi in vacanza in Sardegna; con loro c’erano anche tanti amici con i propri bambini. Barca, mare e chiacchere: giorni spensierati dopo tante lacrime. Qualche giorno dopo, ci sembrò che i bambini nascondessero qualche cosa: non volevano scendere in spiaggia, si riempivano le tasche di cibo con la scusa di avere fame e volevano rimanere nelle casette del villaggio. Quelle occupate da noi restavano quindi senza il servizio delle cameriere che, poi, ci dissero di aver trovato il cartello “non disturbare” e che temevano ci fosse qualcuno che non stava bene. Quindi indagammo e scoprimmo che avevano trovato due gattini senza mamma e che li accudivano come potevano. Cosa fare? I gattini erano veramente piccoli ma sani e belli e, quindi, li adottammo! Passavano i giorni e i gattini crescevano bene ma arrivò il momento della partenza: le vacanze erano finite. Ci fu il dramma: tutti piangevano, si disperavano e frignavano. Insomma cedemmo: uno dei gattini andò a Torino e l’altro a Milano. Dove? Naturalmente dalla nonna Lydia che prese l’aereo con il gattino nel cesto e lui diventò subito il passeggero più curato del volo. L’avevamo chiamato Michy perché era tanto piccolo che sembrava veramente un topolino. Riempì la casa: correva, saltava, era sempre in mezzo ai piedi, si rotolava fra le carte che trovava e giocava sempre. Aveva il pelo grigio morbidissimo che sembrava di velluto, gli occhi spruzzati d’oro, amava il sole ma specialmente gli piaceva stare sul terrazzo ad annusare l’aria e il vento: forse ricordava la sua terra? Era un Certosino sardo! I miei nipoti lo adoravano, lo coccolavano, lo stuzzicavano e lui paziente ci stava ma alla fine si ribellava… Ha vissuto con me per diciannove anni, tra carezze e coccole, gli piaceva stare sulle mie ginocchia, dormiva beato, socchiudeva gli occhi e mi incantava. Alcune volte telefonando a mia nipote Elena, accostavo la cornetta del telefono al suo orecchio e Michy miagolava riconoscendone la voce. Quando qualcuno suonava al citofono di casa, io lo chiamavo: “Michy è…” e lui, se riconosceva il nome della persona, correva alla porta e la aspettava sul pianerottolo dell’ascensore. Naturalmente anche per lui sono arrivati i primi acciacchi, prima leggeri, poi più seri. Ora mi ha lasciato: il mio Michy non c’è più e io penso che nessuno avrebbe potuto farmi un regalo più bello e importante: quotidiana frescura, amico fedele, semplicemente un gatto, ma un gatto speciale e io lo amavo e lo rimpiango ogni giorno. Lydia Federico L’iniziativa Te se ricordet i temp indreè continua! Chi volesse veder pubblicato il proprio racconto lo invii senza esitazioni a Ornella o Antonio. Grazie! |
Il viaggio di Tommaso
Sono sul Golgota, davanti alla tua croce. Finalmente ho avuto il coraggio di venire quassù. Ora che tutto è finito, è più facile guardare in faccia la realtà: rimane un legno, soltanto un legno rorido di sangue ma indica qualcosa, oltre le nubi … troppo in alto per me. Abbasso lo sguardo e punto i piedi, con forza, fino a sollevare la polvere: passo dopo passo mi avvicino alla tua croce. Tendo una mano, sfioro il legno ruvido. Il tempo di una carezza consuma il mio patire: ho bisogno di te Signore. Vorrei mettere le mie dita nelle tue piaghe perché tu guarisca le mie. Rimango immobile, abbracciato alla tua croce. Il vento soffia tra le sue braccia e tra le mie insinuandosi tra le crepe del legno e tra le cesure del mio pensare: perché mi hai abbandonato? Non è possibile, arrivo sempre un attimo dopo: ora la pietra è rimossa e il sepolcro vuoto. Questi teli, piegati con cura e il sudario avvolto un poco più in là: forse un atto d’amore. Questi teli, macchiati del tuo sangue sono forse un’effige che rimarrà sempre. Chi ti ha portato via? Perché? Dove sei ora? Forse sei tornato tra noi e come Lazzaro sei uscito dal sepolcro. Anche il mio cuore è un sepolcro vuoto, vuoto di speranza. Rimango a giocare con la mia solitudine. Silenzio gravido di pianto. Dicono che ti hanno visto, Maria e le altre donne. Anche i miei fratelli, dicono che sei andato nella loro casa. Ma io ho visto soltanto la croce e il sepolcro vuoti. Le mie mani hanno toccato il legno e le bende sporche di sangue. Soltanto questo mi rimane di te: ricordi, intrisi del tuo sangue. Quando vedrò nelle tue mani il segno dei chiodi e metterò il dito nelle ferite e la mia mano nel tuo fianco, soltanto allora crederò. Se sei vivo, ti supplico, fatti incontrare. Ho camminato a lungo, senza una meta. Ebbro del nulla che ghermisce il mio cuore e scarnifica brano a brano il mio pensare. E dopo tanto vagare mi ritrovo qui, dinanzi alla casa dei miei fratelli. Tremo al pensiero di ritrovarmi con loro. Entro con il capo chino, senza guardare nessuno. Mi siedo accanto a Giovanni. Lui era sotto la croce, lui ha visto. E’ l’unico che ha il diritto di parlare. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Sì, Giovanni, ma ora quella carne è lacerata e quella luce si è spenta. Dove sei Signore? Dove abita il tuo Spirito? Vieni in mezzo a noi e mostraci il tuo volto. Alzo il capo. Il mio sguardo abbraccia i miei fratelli. Un breve tepore riscalda il cuore. Una brezza tiepida sussurra parole antiche ma sempre nuove. Nel tempo di uno sguardo si compie la mia redenzione: Signore, sei qui, davanti a me! Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco e non essere più incredulo ma credente. La tua Parola penetra negli abissi del mio dolore ed è un germoglio nel deserto del mio dubitare. Volevo toccarti. Ma, adesso che sei qui, rimango immobile: vedo le tue cicatrici, i segni del tuo dolore trasfigurati dall’amore. Ora le mie piaghe sono risanate e le mie cicatrici traboccano luce. Dall’eternità mi hai pensato. Per l’eternità mi hai fatto. L’universo canta un cantico nuovo, la tua gloria è la mia gloria, la tua bellezza risplende in me. Ora non ho più bisogno di cercarti, sei nel mio cuore. Mio Signore e mio Dio. Pietro Pinacci |
ACQUA E SAPONE
Mai come durante questa pandemia di coronavirus ci siamo sentiti ripetere che bisogna lavarsi spesso le mani con il sapone. Questo semplice gesto oggi lo possiamo fare senza alcun disagio perché l’acqua arriva in tutte le case in abbondanza ma in tempi molto lontani non sarebbe stato possibile per i poveri mentre i ricchi si erano già attrezzati per avere l’acqua in casa. Nel palazzo reale di Cnosso nell’isola di Creta, la regina aveva una piccola stanza con a disposizione una bagnarola e un lavapiedi e questo già nel 1450 a.C.! I poveri si lavavano invece con l’acqua delle fonti e dei ruscelli. I Greci erano tenuti a sottoporsi ad abluzioni prima di accedere ai santuari e si lavavano in luoghi pubblici con una spesa contenuta. Furono però i Romani, nel II secolo d.C., a consolidare l’uso della pulizia personale: anda-vano a cercare l’acqua e la canalizzavano facendola scorrere su ponti ad arcate di cui esistono ruderi a tutt’oggi. Dopo l’incendio di Roma del 64 d.C., le Terme Neroniane erano di una completezza e di un’efficienza in-credibile in quanto potevano offrire un ampio ventaglio di servizi: il tepidario, il calidario, il frigidario, piscine, terrazze e solarium. Il capolavoro dell’ingegneria idraulica romana era il sistema di riscaldamento alimentato da enormi caldaie di bronzo che riscaldavano le condotte dell’acqua calda. In tutta questa efficienza termale, però, c’era una lacuna: non c’era il sapone che era sostituito da massaggi di sabbia e soda non affatto gradevoli né lenitivi. Pare sia stato Galeno, famoso medico greco che esercitò anche nella Roma imperiale, a consigliare l’uso di un “sapone liquido” di cui, però, non si conoscono le componenti. Ma la vera diffusione del sapone avvenne dopo il 1100 quando i Crociati portarono in Europa il sapone solido inventato dagli Arabi e composto da potassa e da olio d’oliva. Da quel momento a Venezia, a Savona, a Malaga ma, soprattutto, a Marsiglia i maestri saponieri produssero il famoso sapone che era a base di grassi, soluzioni di acqua di soda e olio d’oliva. Sempre i Crociati e i Templari, tornando dalla Terra Santa, diffusero l’uso di tinozze per singoli e per coppie. La Chiesa vietò però la frequentazione dei luoghi così attrezzati considerandoli veicoli di sollecitazioni erotiche che andavano contro i principi della morale cattolica. Dopo la caduta dell’Impero Romano e con la venuta dei Barbari, la rete idrica costruita dai Romani andò in rovina e nel Medioevo non ci fu più traccia di impianti idraulici né nelle case né nei castelli. Nel cinquecento Leonardo progettò a Milano, per la duchessa Isabella d’Aragona, una tinozza da bagno che prevedeva già un miscelatore d’acqua. Sia il Re Sole che Napoleone Bonaparte furono assidui fruitori di acqua per le loro abluzioni tanto che l’Elisio fu dotato di una toilette grande come una sala da ballo. Fra il 1832 e il 1866 alcune epidemie di colera allarmarono Londra costringendo le autorità a porre mano alla sistemazione fognaria dei quartieri poveri i cui miasmi arrivavano a infettare anche i palazzi della nobiltà. Eravamo, più o meno, nel periodo in cui fu installato il primo bagno alla Casa Bianca (1851). La gente, fino agli anni trenta del secolo scorso, continuò a lavarsi in modo sommario e discontinuo e ciò avvenne, soprattutto, nelle campagne a causa della scarsità di adeguate condutture idrauliche. I microbiologi Koch e Pasteur che affrancarono l’umanità dalle epidemie ricorrenti, dimostrarono e sostennero l’utilità dell’igiene privata e pubblica. Oggi più che mai “Pandemia docet!” Fernanda Ma cos’è il sapone? Utilizzato come detergente, il sapone ha funzione di tensioattivo. La molecola del sapone ha una testa solubile ionizzata negativamente e una coda insolubile. Il potere pulente della miscela acqua e sapone è attribuito all'azione delle micelle, piccole sferette rivestite all'esterno di gruppi polari solubili (la testa della molecola) e contenenti all'interno una tasca insolubile costituita dalle code insolubili che disciolgono le sostanze grasse. Dato che tutte le teste delle molecole di sapone recano una carica negativa, la repulsione elettrostatica impedisce alle micelle di riaggregarsi e le mantiene in sospensione nell'acqua. In altre parole siccome acqua e grasso normalmente non si miscelano, l'aggiunta di sapone consente al grasso di disperdersi nell'acqua ed essere risciacquato. I detergenti sintetici funzionano con meccanismo simile.
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INCONTRI
Ognuno ha la sua storia,
tante facce nella memoria,
tanto di tutto, tanto di niente
e le parole di tanta gente.
(da “Sempre” di Gabriella Ferri)
Come diceva Vittorio Buttafava, il mitico direttore del settimanale Oggi per oltre un decennio, nel suo “La vita è bella nonostante”, nel corso della nostra vita incontriamo tante persone: alcune ci sfiorano e se ne vanno senza che ce ne accorgiamo, altre si soffermano per qualche istante lasciando una piccola traccia del loro passaggio e altre marchiano un segno indelebile dentro di noi e vivranno per sempre nella nostra memoria.
Nella mia vita ho incontrato tante persone di tutti i tipi, gente famosa e sconosciuti, gente onesta e altra un po’ meno, tipi stravaganti e tipi tutti di un pezzo, individui da quattro soldi che si davano l’importanza di un re e persone umili e semplici ma portatori di grandi valori soprattutto morali.
A questo proposito mi piace ricordare il mio incontro con Walter Bonatti, il più grande alpinista italiano di ogni tempo.
Dovevo impaginare un suo libro “Le mie montagne” del quale avevo letto, nei dattiloscritti, alcuni brani e lui era seduto davanti al mio tavolo mentre, pur cercando di darmi un’aria professionale, lo guardavo incantato pensando alle sue imprese, alla forza fisica e, soprattutto, morale dell’uomo che da solo aveva avuto il coraggio di scalare montagne impervie a temperature quasi impossibili per un essere umano.
Un uomo che non era andato fuori di testa passando notti da solo, a meno di venti gradi sotto lo zero, in una sacca appesa a un chiodo conficcato in una parete con strapiombi di centinaia di metri sotto di lui.
Era lì, davanti al mio tavolo, e io ero quasi intimorito per l’aura che lo circondava mentre lui si rivolgeva a me con una cortesia che rasentava la timidezza, quasi avesse timore di importunarmi.
Lui, l’uomo che aveva dominato i giganti rocciosi di tutto il pianeta, era davanti a me, a un grafico impaginatore come tanti e parlava con grande umiltà quasi avesse timore di importunarmi e non con l’alterigia di chi sa di avere compiuto imprese riservate a pochi.
Mentre lo guardavo, pensavo ai tromboni più o meno famosi che avevo avuto occasione di incontrare e che se la tiravano come fossero dei semidei senza averne alcun titolo.
Persone umili, molto meno famose di Bonatti, anzi del tutto sconosciute, ne ho incontrate tante e con loro (a volte andando anche contro il parere dei benpensanti e di quelli che si credono così “per bene” da non accorgersi di essere peggiori degli altri) mi sono sempre sentito a mio agio perché la gente umile e semplice è quella che mi ha sempre dato molto sul piano umano e non ha mai tradito la fiducia che ho riposto in loro e che io porterò sempre con me.
Paolo Ardrizzi
Ognuno ha la sua storia,
tante facce nella memoria,
tanto di tutto, tanto di niente
e le parole di tanta gente.
(da “Sempre” di Gabriella Ferri)
Come diceva Vittorio Buttafava, il mitico direttore del settimanale Oggi per oltre un decennio, nel suo “La vita è bella nonostante”, nel corso della nostra vita incontriamo tante persone: alcune ci sfiorano e se ne vanno senza che ce ne accorgiamo, altre si soffermano per qualche istante lasciando una piccola traccia del loro passaggio e altre marchiano un segno indelebile dentro di noi e vivranno per sempre nella nostra memoria.
Nella mia vita ho incontrato tante persone di tutti i tipi, gente famosa e sconosciuti, gente onesta e altra un po’ meno, tipi stravaganti e tipi tutti di un pezzo, individui da quattro soldi che si davano l’importanza di un re e persone umili e semplici ma portatori di grandi valori soprattutto morali.
A questo proposito mi piace ricordare il mio incontro con Walter Bonatti, il più grande alpinista italiano di ogni tempo.
Dovevo impaginare un suo libro “Le mie montagne” del quale avevo letto, nei dattiloscritti, alcuni brani e lui era seduto davanti al mio tavolo mentre, pur cercando di darmi un’aria professionale, lo guardavo incantato pensando alle sue imprese, alla forza fisica e, soprattutto, morale dell’uomo che da solo aveva avuto il coraggio di scalare montagne impervie a temperature quasi impossibili per un essere umano.
Un uomo che non era andato fuori di testa passando notti da solo, a meno di venti gradi sotto lo zero, in una sacca appesa a un chiodo conficcato in una parete con strapiombi di centinaia di metri sotto di lui.
Era lì, davanti al mio tavolo, e io ero quasi intimorito per l’aura che lo circondava mentre lui si rivolgeva a me con una cortesia che rasentava la timidezza, quasi avesse timore di importunarmi.
Lui, l’uomo che aveva dominato i giganti rocciosi di tutto il pianeta, era davanti a me, a un grafico impaginatore come tanti e parlava con grande umiltà quasi avesse timore di importunarmi e non con l’alterigia di chi sa di avere compiuto imprese riservate a pochi.
Mentre lo guardavo, pensavo ai tromboni più o meno famosi che avevo avuto occasione di incontrare e che se la tiravano come fossero dei semidei senza averne alcun titolo.
Persone umili, molto meno famose di Bonatti, anzi del tutto sconosciute, ne ho incontrate tante e con loro (a volte andando anche contro il parere dei benpensanti e di quelli che si credono così “per bene” da non accorgersi di essere peggiori degli altri) mi sono sempre sentito a mio agio perché la gente umile e semplice è quella che mi ha sempre dato molto sul piano umano e non ha mai tradito la fiducia che ho riposto in loro e che io porterò sempre con me.
Paolo Ardrizzi
Altri cartelli “divertenti” trovati in giro per l’Italia...
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