Articoli del giornalino novembre / dicembre 2021
Un’ora di televisione importante
Il 7 ottobre 2021 dalle ore 16,45 alle 17,45 il canale televisivo Rai 1 ha trasmesso un’ora di televisione importante mandando in diretta da piazza del Colosseo a Roma la cerimonia dell’incontro di preghiera per la Pace dal titolo “Popoli fratelli, Terra futura”. Erano presenti rappresentanti di quaranta diverse religioni e la Cancelliera tedesca Angela Merkel. La cerimonia ha rappresentato la conclusione del forum interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio il cui fondatore, Andrea Riccardi, ha preso per primo la parola non solo per ringraziare i presenti ma, soprattutto, per dire che i credenti, un tempo così lontani, oggi convergono. Anche le religioni sentono che è necessario procedere insieme perché il mondo di ieri non c’è più. Ha poi preso la parola Angela Merkel che ha esordito dicendo che l’apertura al dialogo comune non è facile ma che non bisogna rassegnarsi perché la pace va sempre ricercata riconoscendo la dignità individuale e il rispetto reciproco. Insieme si possono fare grandi progressi e il dialogo tra Governi e Religioni è la premessa necessaria per ottenere e mantenere la pace. Dopo di Lei ha parlato il Grande Imam di Al-Azar, Ahmad al-Tayyib che ha sottolineato come la pandemia abbia messo in evidenza la disparità di distribuzione dei vaccini che ha lasciato alle nazioni povere una infinitesima parte di quanto hanno avuto quelle ricche. Il presidente dei Rabbini europei Pinchas Goldschmidt ha rilanciato l’appello per la Pace. Papa Francesco ha parlato più a lungo di tutti e ha detto che è importante programmare l’avvenire del mondo; che con la vita dei popoli non si può scherzare; che la società moderna spettacolarizza il dolore senza compassione e che il commercio delle armi è alimentato dall’ingordigia della finanza. Ha affermato anche che il confronto militare è ancora presente perché non c’è sufficiente condanna della violenza e che ci vogliono meno armi e più cibo. Ha esortato all’impegno: ciascuno con le proprie capacità per giungere a essere gli uni con gli altri e non gli uni contro gli altri. Ha chiesto inoltre di dimenticare il fondamentalismo perché il raggiungimento della pace va insieme a quello del rispetto della terra e infine ha affermato che c’è una missione comune: ottenere che la terra sia abitata da fratelli e sorelle. Sono poi state proiettate immagini delle sofferenze nel mondo e, in memoria delle vittime di tutte le guerre, è stato osservato un minuto di silenzio e di raccoglimento. L’appello alla pace “Se vedete intorno a voi le guerre, non rassegnatevi! I popoli desiderano la pace” è stato letto da una profuga afghana. Le pergamene su cui è scritto l’appello sono state simbolicamente consegnate a una delegazione di bambini i quali le hanno distribuite ai leaders politici e religiosi presenti. A me pare che di fronte a una simile assemblea neppure Greta Thunberg possa dire che si sia trattato di un “bla, bla, bla”. Purtroppo i grandi assenti sono stati coloro che più di tutti potrebbero contribuire a realizzare la pace e il rispetto della terra: i produttori di armi! Enrico Sciarini |
Ricordo di Ida
Un'altra cara amica ci ha lasciati per andare nella casa del Signore.
La ricordiamo per la simpatia, la generosità e per quel suo carattere pieno di sfaccettature che la rendevano unica.
La ricordiamo per l'amore che aveva per il nostro movimento, sempre pronta a dare una mano per le cure termali, i pranzi e le gite; dispensatrice sul bus di caffè e biscotti della casa accompagnati sempre con il sorriso e l'allegria del suo cuore.
Una sua passione era anche il gioco del burraco e ogni mercoledì, dopo i pranzi, si cimentava nelle partite.
Era commovente quando asseriva che il movimento terza età e gli amici erano la sua vita.
La ricordiamo quando, presa dall'entusiasmo, cantava la canzone Amici miei: "quando ti prende la malinconia / pensa che c'è qualcuno accanto a te /... ma l'amicizia è una ricchezza / amici miei sempre pronti a dar la mano /...” A volte la cantavamo in piedi dandoci la mano e lei la stringeva forte felice e contenta.
Negli ultimi tempi ha lasciato la sua bella residenza al villaggio per la casa di riposo di Vimercate, dove si trovava bene ed era contenta.
Ciao Ida, ti abbiamo voluto bene, siamo stati bene con te, ci mancherai e ti ricorderemo con tanto affetto.
Paolo e gli amici del M.T.E.
Un'altra cara amica ci ha lasciati per andare nella casa del Signore.
La ricordiamo per la simpatia, la generosità e per quel suo carattere pieno di sfaccettature che la rendevano unica.
La ricordiamo per l'amore che aveva per il nostro movimento, sempre pronta a dare una mano per le cure termali, i pranzi e le gite; dispensatrice sul bus di caffè e biscotti della casa accompagnati sempre con il sorriso e l'allegria del suo cuore.
Una sua passione era anche il gioco del burraco e ogni mercoledì, dopo i pranzi, si cimentava nelle partite.
Era commovente quando asseriva che il movimento terza età e gli amici erano la sua vita.
La ricordiamo quando, presa dall'entusiasmo, cantava la canzone Amici miei: "quando ti prende la malinconia / pensa che c'è qualcuno accanto a te /... ma l'amicizia è una ricchezza / amici miei sempre pronti a dar la mano /...” A volte la cantavamo in piedi dandoci la mano e lei la stringeva forte felice e contenta.
Negli ultimi tempi ha lasciato la sua bella residenza al villaggio per la casa di riposo di Vimercate, dove si trovava bene ed era contenta.
Ciao Ida, ti abbiamo voluto bene, siamo stati bene con te, ci mancherai e ti ricorderemo con tanto affetto.
Paolo e gli amici del M.T.E.
SIRMIONE E LE GROTTE DI CATULLO
Un bel gruppo di soci del Movimento terza età di Segrate (più donne che uomini) ha partecipato alla prima uscita d’inizio dell’anno sociale 2021/2022. Meta: Sirmione sul lago di Garda alla scoperta della grande villa romana denominata “Grotte di Catullo”. La dotta e preparata Chiara ci ha fatto conoscere storia e preistoria del lago e delle grotte (in realtà un’imponente villa di 75.000 mq su tre livelli tra giardini e ulivi). Il lago di Garda è il più grande d’Italia, ha origine glaciale ed è profondo 346 mt. Già dalla preistoria (1200 A.C.) era stato scelto per l’antropizzazione perché luogo produttivo (il lago forniva pesci e la parte pianeggiante poteva essere coltivata). I siti archeologici, di grandi dimensioni, hanno portato alla luce le palafitte ancora ben visibili con raffinata tecnologia degli incastri. Sono stati ritrovati semi delle produzioni agricole. Le vie costruite dai romani permettevano già di raggiungere i laghi (poiché anche sul lago di Como ci sono ville di Plinio il Vecchio e di Plinio il Giovane). I romani, amanti dell’otium ma anche del negotium, potevano unire i due piaceri sulle rive del Garda e godere dell’ottimo clima. Catullo, nativo di Verona, conosceva bene il lago. Sirmione era una delle mansiones (stazioni di posta a distanza regolare per rifocillarsi e cambiare cavalli). Catullo visse nel 1° secolo A.C. e la sua dimora originale, che doveva essere piccola, verrà poi enormemente ampliata dai suoi successori anche utilizzando parte dei materiali della casa originale. Siamo entrati in Sirmione da quello che, in origine, era un ponte levatoio e ci siamo trovati davanti alla torrita fortezza con tanto di mastio dove sventola la bandiera italiana. Simboli degli scaligeri e del leone della serenissima Venezia indicano i passaggi storici. Un comodo trenino ci ha risparmiato la salita portandoci vicino all’insediamento. Uno spettacolo: le dimensioni, il porticato, la vista sul lago da ogni lato della villa, la perizia dei tecnici di allora nello sfruttare la punta che si protende nel lago e la sua naturale pendenza per costruirci la villa, le terme, le cisterne per l’acqua, i sistemi di canalizzazione dell’acqua portata dal lago verso la dimora e poi ancora i cripto portici, i mattoni che all’origine dovevano essere intonacati e affrescati, i frammenti di pavimentazione a piccolissime tessere bianche, etc... Un pranzo all’Arcimboldo con pesce di lago e poi via per le strette vie romane con auto lussuose con targhe nord europee che ci hanno costretto ad appiattirci per farle passare. La chiesa di Santa Maria Maggiore è la parrocchiale di Sirmione e, consacrata nel 1512, conserva molti affreschi all’interno. Solo grazie alle spiegazioni di Chiara siamo riusciti a notare che gli affreschi e la rappresentazione dei santi risultano un po' “grezzi”, poco proporzionati anatomi-camente, con le Madonne dagli gli occhi allungati (tipiche del 1300) e i bambini Gesù con visi da adolescenti: come se gli artisti di Sirmione non avessero avuto contatto con il rinascimento né avessero saputo di Leonardo e della sua bottega. Unica eccezione un bozzetto del leone di S. Marco eseguito con la tecnica della sanguigna tipica di Leonardo. Magnifico invece l’organo ligneo intagliato proveniente dalle valli del nord. Armando ci ha poi introdotto a una preghiera per l’inizio dell’anno sociale e al ricordo di Irma che tanto si è prodigata per il movimento passando il testimone alla figlia Ornella. La chiesetta di S. Maria al Ponte o di S. Anna della Rocca risale al 1400 con vetrate del 1950 ed è posta vicino alla fortezza e al ponte d’ingresso essendo frequentata da chi entrava in Sirmione per vendere i propri prodotti e vi faceva sosta per chiedere una benedizione per gli affari del giorno. Ancora oggi resta aperta fino a tarda sera per una sosta di preghiera. Sull’altare una Madonna con bambino dipinta su pietra. Stucchi con le conchiglie (simbolo dei pellegrini) e un San Giovanni più armonioso rispetto agli affreschi della parrocchiale. Per chiudere un vecchio pensiero: in questa nostra Italia abbiamo ricchezze in ogni dove di cui conosciamo poco pur essendo facilmente accessibili: uno sprone per continuare con le nostre uscite culturali! Gemma Casanova |
Passeggiando fra vecchie foto
Passeggiando fra le mie vecchie fotografie, me ne è capitata fra le mani una legata a una storia divertente che vi voglio raccontare. La foto è dell’agosto del 1991: risale, cioè, a un altro secolo in cui vigeva un diverso concetto di foto non certo digitale. All’epoca, essendomi costruito un cavalletto di fortuna per la macchina fotografica alto una spanna e fatto con pezzi di recupero, occorreva metterlo alla prova e così, una sera insieme a una mia amica, decidemmo di andare al Castello Sforzesco per fare delle foto notturne. Era una bella sera d’agosto e intorno al Castello c’erano varie persone che passeggiavano godendosi il fresco serale. Io ho cominciato a scattare foto mettendo la macchina e il cavalletto, data la sua minimale altezza, prima su una panchina e poi su un muretto. Quindi ho pensato di fare una foto all’entrata del Castello e ho piazzato in terra macchina e cavalletto: la scarsa luce richiedeva di scattare più di una foto con tempi e aperture di diaframma diversi. A partire con un’esposizione di un minuto, ho scattato e cominciato a contare “mille uno”, “mille due”, “mille tre, …“ e qui arrivò un gatto, “… mille otto”, “mille nove, …” e il gatto venne a strofinarsi sulle mie gambe, “… mille venti …” e il gatto si diresse verso il cavalletto e ci si strofinò contro. Io, al volo, presi la macchina interrompendo l’esposizione e dissi rivolto al gatto: “No, così è venuta mossa. Beh, non fa nulla, la rifaremo”. Ripiazzata la macchina, al momento dello scatto il mio nuovo amico andò a sedersi in bella posa davanti all’obiettivo e io gli dissi: “Non lì! Dai, fammi fare questa foto! Vieni qui di fianco a me” e lui, obbediente, eseguì così io scattai la foto e, recuperati armi e bagagli, mi girai scoprendo che la mia amica si era defilata e che, in compenso, si era radunato un bel gruppo di persone (fra le quali disconoscendomi si era mimetizzata la mia amica) tutte intente a guardarmi. A questo punto che dovevo fare? Ho fatto un bell’inchino e ho allungato un braccio in direzione del mio partner per presentarlo e così sono partiti gli applausi. In conclusione la prima foto boicottata dal gatto non è venuta mossa ma presenta un ghirigoro luminoso dovuto ad un effetto prodotto dal mio salvataggio al volo. Chi vede questa foto, riferendosi al ghirigoro, mi domanda: “E questo cos’è?” “Effetto gatto” è la mia risposta. Bruno Russo |
La Trinità di Andrei Rublev, l’icona dell’amore
Mercoledì 22 Settembre, nell’oratorio di Santo Stefano, si è svolta la presentazione dell’icona della Trinità di Andrei Rublev. Inizialmente Isabella Bertario ha mostrato alcune icone realizzate in epoche diverse, evidenziandone le caratteristiche fondamentali da un punto di vista estetico e compositivo. A completamento di questa spiegazione, ho illustrato alcuni elementi relativi alla definizione del dogma della Trinità nella Chiesa dei primi secoli, alla nascita e allo sviluppo dell’icona a Bisanzio e, successivamente, nella nazione russa. In particolare ho evidenziato come la teologia bizantina sia incentrata sulla Trinità e la divinizzazione dell’uomo. In questo contesto, la contemplazione dell’icona realizza un incontro salvifico analogo all’ascolto della parola e alla partecipazione all’ufficio delle ore. Pertanto la realizzazione dell’icona obbedisce a un preciso canone estetico/teologico che stabilisce soggetto (storia della salvezza), autore (monaco) e regole compositive (bidimensionalità, prospettiva inversa, luce propria). Queste regole, però, non impediscono all’artista di liberare la propria creatività: egli trasmette infatti, mediante l’immagine, ciò che ha prima cercato di vivere e penetrare con la contemplazione. La Trinità di Rublev viene unanimemente riconosciuta come una delle più alte espressioni dell’arte dell’icona. Andrei Rublev nasce intorno al 1360 e vive in un periodo di grande fermento culturale, religioso e politico della nascente nazione russa. Della sua vita poco si conosce. Nel 1408, sulle rovine del monastero distrutto dai tartari, venne costruita una chiesa dedicata alla “Trinità vivificante”. Andrei Rublev realizzò con i suoi allievi gran parte dell’iconostasi. L’icona si ispira alla visione di San Sergio dei tre angeli che visitano Abramo presso il querceto di Mamre (Genesi 18). San Sergio interpreta la visione come una teofania della Trinità, una manifestazione dell’amore divino che si riversa nella creazione e nel cuore dell’uomo. Andrei Rublev dipinse l’icona all’aperto, alla luce naturale e per questo l’opera presenta colori delicati, diafani e quasi trasparenti come a indicare la trasfigurazione del mondo terreno alla luce della presenza divina. Osservando l’icona si notano innanzitutto tre angeli disposti intorno ad una tavola dove è posto un calice contenente la testa di un agnello. Gli angeli sono simili tra loro nelle proporzioni e nella figura (volto, espressione, capigliatura) e potremmo dire che esprimono una delle qualità dell’amore: quella dell’identità. Si dice, infatti, che l’amore renda simile all’amato. Un altro aspetto da cogliere è quello dello sguardo, profondo e delicato, che si scambiano le tre figure ognuna delle quali è protesa verso l’altra per esprimere una profonda unità di intenti e di sentimenti, un’unità di comunione derivante dal dono di sé, dall’amore che circola, liberamente e ininterrottamente, tra tre soggetti distinti. Possiamo concludere che i tre angeli rappresentano il Dio uno e trino, Padre, Figlio e Spirito Santo: un Dio che nel suo essere è amore (agape). Tutte le linee convergono verso il centro della mensa, verso il sacrificio di Cristo che, sulla croce, nel totale svuotamento di sé (kenosi), si fa dono infinito. Lo Spirito poi, vento leggero che piega l’arbusto posto sopra il capo del Figlio, coglie questo dono e lo ridona al Padre. Un’ultima sottolineatura: la mensa dove è posto il calice rappresenta lo spazio d’amore dove ogni uomo è invitato a entrare, attraverso la “porta stretta” a forma di ”V” posta alla base della mensa stessa. La storia di Dio e la storia dell’uomo convergono e si legano in modo indissolubile, quasi rispecchiandosi una nell’altra, nel sacrifico di Cristo che consente all’uomo di entrare nella vita della Trinità, nella sua dinamica d’amore (pericoresi) per tornare, attraverso il dono dello Spirito, alla casa del Padre (immagine del tempio posto sopra la sua figura). Concludendo, nella Trinità di Rublev sono presenti tre elementi che caratterizzano anche l’esperienza dell’amore umano: l’identificazione (Dio è uno), l’alterità (Dio è trino) e la reciprocità (l’amore che circola tra le tre persone). L’archetipo della Trinità svela la natura dell’uomo. Infatti se l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio (e quindi della Trinità), esprime e realizza sé stesso nel dono di sé, nell’amare e nell’essere riamato: amo, ergo sum. Pietro Pinacci |
Si va sempre volentieri a Lourdes
Con una ventina di parrocchiani di santo Stefano, siamo stati a Lourdes dal 21 al 24 settembre con il pellegrinaggio diocesano guidato dalla presenza vivace e semplice, oltre che dalle parole incisive, del vescovo Delpini. Personalmente sono stato "segnato" dal santuario di Lourdes e da quel messaggio dato da Maria a Bernadette nella grotta di Massabielle che molti dei lettori del MTE conoscono bene per esservi andati come pellegrini. Per chi vi è stato anni fa, comunque prima della devastante alluvione del 2013, molte cose sono cambiate. Il luogo da dove si prendeva l'acqua, per esempio, è stato distribuito in più punti favorendo quel gesto significativo che ha reso Lourdes famosa nel mondo: prendere e portare a casa l'acqua. Non ci sono più le candele a lato della grotta, poste in fumose strutture di ferro come si era soliti vedere, con quel valore simbolico che i ceri possiedono. Il riferimento è al famoso miracolo successo alla piccola Soubirou durante un’apparizione. Poi il cero e le candele sono diventati una "richiesta" bella e toccante che molti esprimono a chi va in pellegrinaggio e che anche a me arriva sempre: "Reverendo, mi accenda una candela per un’intenzione che mi sta a cuore". E’ un gesto che compio con cura e rispetto sapendo il significato di quell’accensione là dove la Madonna è apparsa nel famoso 11 febbraio 1958. Ora le candele sono poste oltre il fiume Gave con una logistica e con un’architettura più bella, senza deturpare l'ambiente. Anche le piscine non sono più le stesse. La numerosa folla di donne (i maschietti erano sempre un po' meno!) che aspettava a lungo il proprio turno per passare una tenda, non c'è più. Anche il gesto di entrare nella vasca di pietra con un’immersione molto intensa dal sapore battesimale, non si fa più. Gesto splendido anche se ultimamente offuscato da una certa "mania" e fanatismo (non per tutti ovviamente). Ora, anche a causa della pandemia, il gesto si è semplificato obbedendo però alle parole della Vergine dette a Bernadette: "Bevi e lavati alla fonte" e si entra con calma nella zona dove è posta la vasca di pietra. Una dama introduce il gesto e poi, dopo un attimo di silenzio, con una brocca versa acqua sulle mani per purificarsi, versa poi una seconda volta l'acqua della brocca presa dalla fonte perché ci si bagni il viso e infine, per la terza volta, perché si beva quell'acqua salutare. Mi è sembrato un piccolo e semplice rito ma più adeguato ai tempi! Certo sulle stazioni con le imponenti figure di marmo bianco ci potrebbero essere diversi pareri come avviene per tutte le espressioni artistiche. Tra i momenti caratteristici della vita del santuario non possiamo dimenticare la processione pomeridiana con l'Eucarestia e quella serale con i flambeaux. Nella chiesa Pio X ci si raccoglie, si canta, si fa silenzio prolungato prima che la benedizione scenda sui singoli malati e poi sull’intera assemblea. Il valore di quello stare davanti all’Eucarestia diventa più incisivo. A causa del Covid, la processione serale con le candele si effettua stando fermi in piedi sulla esplanade, davanti ai luminosi e significativi mosaici di padre Rupnik e del Centro Aletti di Roma dove è rappresentata, in un modo originale e spiritualmente forte, la serie dei misteri della luce pregati con il rosario. E' la statua della Madonna che viene portata in processione da alcuni barellieri passando sopra il colonnato degli archi per poi raggiungere la gente passando nei vari settori. Piccole novità ma significative al fine di purificare i gesti e il senso di un pellegrinaggio dove risulti che la vera malattia è proprio quella del peccato e del male, mentre la vera guarigione è proprio la salvezza della persona, è la conversione ("Penitenza" dirà più volte la Vergine apparsa) grazie all'opera di Gesù e di sua madre Maria. Si va sempre con molto entusiasmo dove il silenzio attira, dove la voce di Dio sembra più nitida, dove il segno dell'acqua parla, dove lo sguardo della Madonna sembra incrociarsi con la nostra umanità inserita in una valle di lacrime: si va sempre volentieri a Lourdes! don Norberto |
IN VIAGGIO NEL MAGICO CILENTO
Di questi tempi andare in vacanza è sempre da ritenersi una fortuna ma, in questo caso, ancor di più visto che la nostra è andata benissimo e ci ha permesso di visitare un territorio di cui forse non si parla abbastanza. Siamo partiti in 33 (gruppo Segrate e gruppo Travelland) alla volta di Siena dove abbiamo scoperto, non solo la città nota per il suo Palio e per i suoi paesaggi, scorci e panorami tipici toscani, ma anche la cattedrale che costudisce come uno scrigno innumerevoli e splendidi tesori e testimonianze storiche. Al nostro arrivo in Cilento abbiamo visitato i siti archeologici di Paestum e Velia (in origine Poseidonia, VII sec A.C. e Elea VI sec A.C.): si tratta di siti conservati meglio di quelli che si visitano in Grecia. Suggestiva è stata la visita del Parco di Velia al chiaro di luna, durante la quale siamo stati allietati da una breve rappresentazione poetico-musicale con dolci melodie di flauto traverso e citazioni di passi di opere letterarie greche che ci hanno consentito di calarci in una realtà lontana ma che è alla base delle nostre origini e della nostra cultura e che, quindi, tocca le corde del nostro cuore. Dalla cultura antica a quella contemporanea, abbiamo visitato la cittadina di Castellabbate (dove ci ha accolto una targa che cita “Qui non si muore”) e Santa Maria di San Marco: in questi luoghi è stato girato il film italiano “Benvenuti al Sud”. La nostra vacanza ci ha regalato anche momenti ludici e riflessivi: dalla gita in barca lungo la costa marina e nel torrente sotterraneo delle Grotte di Pertosa (testimonianza della forza creativa della natura) alla tranquillità della Certosa di Padula (secolo XIV). Infine rientro su Arezzo (una città che non ha nulla da invidiare alle altre splendide città toscane di maggior fama) alla scoperta dei suoi monumenti civili e religiosi realizzati a partire dal 1200 e di una storia d’altri tempi: “il Mosaico di Andreina” che vi invito a scoprire con questo link (https://www.ilmosaicodiandreina.org). Qui finisce il mio racconto perché l’atmosfera che si vive e si respira durante queste visite ricche di stimoli e in generale in tutta la vacanza non si puo’ raccontare, va vissuta. La convivialità, assaporare i deliziosi piatti tipici locali conversando amabilmente come solevano fare i greci, il mitico torneo di burraco animato da quella sana e animata competizione che non degenera mai in litigio (perché in fondo è solo un gioco) e le passeggiate sui sentieri del litorale cilentino e nelle vie del centro. Ma anche lo spirito di gruppo e di aiuto reciproco che emerge nei momenti di difficoltà: qui è doveroso complimentarsi con tutti per aver dimostrato forza, resistenza e tenacia, al pari degli eroi greci. Infine, come diceva Aristotele, filosofo greco del IV secolo A.C., “l’uomo è un animale sociale”: una volta superate le proprie peculiarità caratteriali, si scopre di stare bene insieme e si prova quel senso di leggerezza di cui tutti, mai come in questo periodo, abbiamo bisogno. Ringraziamo gli organizzatori Ornella, Giorgio (MTE) ed Eleonora e Costanzo (di Travelland) che ci hanno permesso di vivere questa esperienza che ha nutrito il nostro corpo e la nostra mente ma anche la nostra anima e il nostro spirito, in omaggio ai monaci Certosini che, con il voto del silenzio (scelta coraggiosa e ammirevole) si sarebbero persi la festosa chiassosità del nostro bel gruppo di vacanzieri. Stefania Cabassi |
RINGRAZIAMENTI
" Son tornate a fiorire le rose...", così recitava una bella canzone in voga negli anni '50 e così anche a Segrate sono tornate a "fiorire " le belle persone che hanno allietato le nostre evasioni nei bar e nei negozi della città durante il "lockdown ". Si sono quasi esaurite le diverse e penose fasi di restrizioni e, soprattutto dopo le ferie estive, si è ripreso a respirare un'aria di minore apprensione e di crescente stimolo alla socializzazione. Grazie ai vaccini, certo, ma anche per l’atteggiamento meno rigido del Governo Centrale e della Regione. Trattando di "rose che rifioriscono", da parte mia c'è una maggiore attenzione verso le componenti femminili nelle riaperture dei luoghi di ristoro ma ciò avviene senza dimenticare i cordiali gestori di sesso maschile: dai fratelli Peviani al Bar Centrale all'amico Manuele per i pomeriggi a Cascina Commenda e dal mio caro vecchio baffuto che, al Bar Roma, riesce a riunire alpini ed ex combattenti attorno a una bottiglia di buon vino al duo Tiziano/Alessandro del "Teatrio” in piazzetta dei Fiori. Né posso dimenticare il dottor Gatti (direttore dello Sporting di Milano Due) che, con i suoi validi collaboratori, mi ha permesso di svolgere, pur nei limiti imposti dai decreti ministeriali di protezione anti Covid, quel po’ d’attività fisica rivelatosi essenziale per la mia salute. Un caro grazie a lui e alla giovane signora Cristina che, con pazienza e cortesia, ha gestito una difficile fase di accoglienza verso i soci dello Sporting. Ma quel che colpisce di più è la grazia e la cortesia di alcune figure femminili presenti nei locali che ho citato. Comincerò dalla "storica" Giusy, che da anni arricchisce l'ambiente di "Cascina Commenda", cui sono molto affezionato anche per motivi personali. Fra l'altro i responsabili della Cascina hanno permesso, ospitandolo quando è risultato temporalmente possibile, il mantenimento degli incontri del gruppo di "lettura giornali" organizzato dal Movimento "Terza Età ". Non voglio peraltro dimenticare altre "rose" dei nostri negozi segratesi: dalle due Barbare del "Caffè Teatrio", alla graziosa Letizia del "punto Macrobiotico" in piazzetta dei Fiori e dalla Valentina del Bar Centrale all’operosa Sara del "Rococò". Infine devo citare una vicina di quartiere: la signora Manuela, bella sigaraia del Centro Servizi di via Manzoni che, fra l'altro, è una mia fedele lettrice su "Face-book". Avrò certamente dimenticato qualche "rosa" segratese ma devo molto alle persone che ho citato per avermi consentito di vivere, senza traumi e con un pizzico di buon umore, il triste periodo del Covid e delle conseguenti restrizioni alle opportunità di vita sociale. Bene quindi che “sian tornate a fiorire le rose!” Bruno Colle |
Per Irma
Una domenica dello scorso settembre Irma Colombo, la mamma di Ornella, ci ha lasciato. Siamo sicuri che il buon Dio la accoglierà compensando tutto il bene che è stata capace di donare a tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di incontrarla e in particolare agli amici del nostro Movimento al cui servizio si è prestata per anni fin dalla sua fondazione. Una preghiera per lei e un forte e stretto abbraccio a Ornella. Antonio Pubblichiamo l’intervento di Paolo Bontempi alla cerimonia funebre. Per noi della Terza Età di Segrate dire Irma e dire Movimento era la stessa cosa. L’amore e l’attaccamento che aveva per il Movimento era commovente e svolgeva il suo ruolo con modestia e determinazione. Una fucina di iniziative, sempre in sintonia con tutti noi e con i nostri parroci. Irma è stata una fondatrice del Movimento e possiamo dire che grazie a lei abbiamo passato anni belli e sereni. Dando la triste notizia a Marisa Resteghini ci siamo soffermati nei ricordi e abbiamo condiviso questo pensiero: qualcuno ha detto che "il brutto del diventar vecchi è quello di vedere gli amici morire" e adesso anche Irma se è andata. Senz'altro tutti gli amici che già sono lassù, le avranno fatto festa, perché è stata una pioniera del Movimento, tutti l’hanno conosciuta e grazie a lei i nostri acciacchi sono stati curati alle terme di Trescore. E come non ricordare assieme ad Aldo Villa e a Vincenzo Naldi le stupende vacanze che ci avete fatto fare in alta quota. Aldo conoscerà le montagne del paradiso e allora raggruppate gli amici e salite su fra le cime così che più in alto andrete, più riuscirete a vederci e a proteggerci. Perciò Irma datti da fare e divertitevi. Nel salutarti vogliamo dirti, anche se non c'è bisogno perché già lo sai, che ti abbiamo voluto bene, ammirato, stimato e che siamo felici di averti incontrata nel percorso della nostra vita. Un abbraccio. |
IL CAFFE’
Questa lunga pandemia ci ha imposto tanti sacrifici e ha cambiato la nostra vita togliendoci momenti di svago e di aggregazione sociale. Per lungo tempo non si è più potuto dire: “Vieni a casa mia a prendere un caffè e parliamo un po’” oppure “Ci vediamo al bar per un caffè”! Questa bevanda ha costituito per secoli l’arte del risveglio mattutino e, secondo la tradizione, il caffè doveva essere nero come il diavolo, caldo come l’inferno, puro come un angelo e dolce come l’amore! In pieno Covid nei bar ci è stato servito velocemente in modo molto informale, senza contatti umani e dentro bicchierini di plastica … Ma la storia del caffè comincia da lontano. Addirittura c’è chi fa risalire ai tempi biblici l’uso del caffè interpretando, in tale chiave, il 18° versetto del XXV libro di Samuele, là dove si dice che Abigail regalò a Davide, per riconciliarsi con lui, cinque misure di grani arrostiti che potrebbero trattarsi di caffè pronto per essere tostato. E’ opinione ormai consolidata che il caffè sia originario dell’Etiopia nel territorio del Kaffa. Dall’Etiopia passò in Arabia e si diffuse nel mondo musulmano. Avendo il Corano proibito le bevande alcoliche, si deduce che il libro sacro abbia stimolato, senza volerlo, l’uso del caffè come bevanda da adottare. Il caffè fece il suo ingresso in Europa e successivamente in tutto il mondo, nel seicento. I Veneziani adottarono velocemente, verso il 1615, l’uso di questa bevanda. Facendo un salto in avanti comparvero i famosi caffè: a Venezia il Caffè Florian, a Napoli il Gambrinus, a Roma il Caffè Greco, a Padova il Caffè Pedrocchi, a Firenze le Giubbe Rosse e altri famosi caffè sparsi in tutta la penisola. Nel 1903 si ebbe un’importante novità nel settore della caffetteria con la macchina a idro compressione, inventata dall’ingegnere Bezzera, da cui si ottiene il caffè espresso che subito si impose in tutto il continente. Ma cosa dice la medicina sulla tazzina di caffè? Ricerche in campo dietologico indicano di non togliere il caffè dalla dieta. Infatti una tazzina di caffè aumenta la “termogenesi” ossia il processo fisiologico del corpo che produce calore e ciò significa che aiuta a bruciare più energia. Occorre però non abusare con troppe tazzine al giorno e non esasperare il carattere allarmistico e punitivo che grava sul caffè, ma gustarne una tazzina di tanto in tanto! Honorè de Balzac in 25 anni, dicono che abbia bevuto cinquantamila tazze di caffè (ndr: attenzione, sono solo poco più di 5 caffè al giorno) e questo uso smodato ha certo influito sulla sua pressione e sui suoi furori artistici. Questo grande scrittore morì per una peritonite e i suoi detrattori ci aggiunsero anche i caffè … Per finire in letizia la storia del caffè, Totò, in vita, ci diede la sua ricetta: otto grammi per tazza e il colore della tostatura che deve essere uguale a quello del saio del frate. Il buon caffè deve essere forte e ristretto e, naturalmente, fatto con la “Napoletana” della tradizione. Un consiglio dei nostri tempi dice che il caffè deve essere bevuto “caldo, comodo e in compagnia”. Speriamo di poter aver presto questa opportunità senza limitazione alcuna per il piacere di condividere insieme a parenti e amici questo elisir di lunga vita. Fernanda |
Visto che sta arrivando l’inverno ci divertiamo con qualche freddura…
- Qual è il colmo per un insegnante di musica? Mettere una nota ad un alunno.
- Qual è il colmo per un chirurgo? Fare le operazioni con la calcolatrice.
- Qual è il colmo per un pilota d’aereo? Aprire il carrello per fare la spesa.
- Qual è il colmo per un pittore? Lasciare il cliente di stucco.
- Qual è il colmo per un neoassunto orologiaio svizzero? Sentirsi dire: “Mi raccomando la puntualità”.
- Qual è il colmo per un pompiere? Sposare una vecchia fiamma.
- Qual è il colmo per una casalinga maniaca del pulito? Ordinare al bar un caffè macchiato.
- Qual è il colmo per un prete che si mette al volante? Non riuscire a fare la messa in moto.
- Qual è il colmo per un nuotatore? Avere una tecnica che fa acqua.
- Qual è il colmo per un contadino? Essere un tipo terra terra.
- Qual è il colmo per un medico? Essere paziente.
- Qual è il colmo per un sindaco? Avere figli fuori dal comune.
- Qual è il colmo per un calvo esasperato? Avercene fin sopra i capelli.
- Qual è il colmo per un matematico? Abitare in una frazione di Potenza.
- Qual è il colmo di un venditore di colla? Sentirsi dire: “Con me non attacchi”.
- Qual è il colmo per un fioraio? Non avere la piantina della casa.
- Qual è il colmo per una banana? Cadere e sbucciarsi.
- Qual è il colmo per uno specchio? Avere buoni riflessi.
- Qual è il colmo per un canguro malato? Fare un salto al pronto soccorso.
- Qual è il colmo per un computer? Arrivare al weekend senza programmi.
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