Articoli del giornalino settembre / ottobre 2021
La “parroca” e gli anziani
Per Hannah Thullen, “parroca” della Chiesa Evangelica Riformata di Davos Laret (Svizzera), l’incontro con i vecchi è importante per tanti motivi. Rispetto. Quando dico ai giovani che sono una “sacerdote”, mi viene spesso posta la domanda: “Non hai tanto a che fare con la morte e la vecchiaia?” E’ vero per entrambe le cose. Quando a 27 anni assunsi l’incarico di parroco a Davos, l’incontro con la vecchiaia, sotto un certo aspetto, mi fu sgradevole. I vecchi mi vorranno accettare? Dopo tutto avrei potuto essere una loro nipote. Sarò in grado di capire le loro preoccupazioni e i loro bisogni? Il loro mondo non mi è famigliare. Per questo, nelle mie prime visite nelle case di riposo, negli ospedali e in occasioni di qualche festa di compleanno, mi comportai con molto rispetto. Ma ben presto constatai, quasi con meraviglia, che questi incontri mi rallegravano. Leggi tutto... |
San Lorenzo
Sicuramente, questo articolo, sarà “di parte”: non vogliatemene, ma non potrebbe essere diverso per una sanlorenzina come me (e come mio marito) che ci siamo conosciuti, innamorati e sposati in questa stupenda basilica … o meglio, nel suo oratorio, in quanto Paolo, al tempo, “pativa il fumo delle candele”. Non si conosce la data d'origine della Chiesa innanzitutto perché, appartenendo all'area di resti romani della Mediolanum imperiale, è stata costruita coi suddetti resti e, soprattutto, con quelli dell'anfiteatro adiacente e, poi, perché è stata edificata e rimaneggiata in così tante epoche diverse da costituire un vero e proprio patchwork. In fondo, però, è proprio questa la sua bellezza e la sua originalità. Si può esser comunque certi che la funzione di chiesa cristiana datasse già dal 450 d. C. La facciata attuale del Nava è del 1800, l'altare è barocco mentre la cappella di sant'Aquilino, che è stata il vero scopo della nostra visita, data intorno al 300 d. C. e, quindi, è paleocristiana. Gli studiosi non hanno ancora appurato se sia stata un Battistero (com’è molto probabile data la forma ottagonale) o un mausoleo imperiale in quanto ha ospitato, in transito, le spoglie mortali di Teodosio in attesa dei suoi funerali celebrati, proprio qui, dal vescovo di Milano che fece omelie, processioni ed elogi del defunto per 40 giorni. Conseguentemente il matroneo, circolare e affrescato, parrebbe essere stato destinato alle guardie imperiali per sorvegliare la salma deposta davanti all'altare. Anticamente la cappella era dedicata a san Genesio ma, quando nell'anno 1000 il vescovo Aquilino, sostenitore della fede cattolica contro le eresie, fu assassinato sulla piazza antistante del mercato e, trasportato in basilica dai facchini, vi venne poi tumulato sotto l'altare. Successivamente San Carlo fece trasferire le spoglie nella cappella e tuttora il suo corpo vi è conservato in una teca d'argento e cristallo. Ancor oggi si svolge una processione che lo commemora nella data della sua morte. Le due particolarità di questa cappella sono: gli antichissimi mosaici (precedenti a quelli ravennati più famosi) e il sotterraneo. In quest'ultimo si nota la stratificazione delle fondamenta che, su una base di palafitte (Milano cresce e si espande sull'acqua fluviale e su sorgive), continua con grandi assi e blocchi di colonne, capitelli, ecc... I mosaici sono la vera “chicca": uno rappresenta un gregge con pastori e acqua lustrale di cui Gesù è il sol invictus e l'altro la Gerusalemme celeste con Gesù (glabro) in trono circondato dai 12 apostoli ma con San Paolo che compare al posto di Giuda. Le vesti sembrano illuminate tanto le tessere sono preziose e sapientemente collocate da un mosaicista di talento. Vi è poi un sarcofago vuoto (detto di Galla Placidia) e il bellissimo cornicione del portale d'ingresso, proveniente dal Circo, con motivi a bassorilievo. Ma il colpo d'occhio dell'insieme basilicale, visto dall'antica “castra vetera", oggi piazza della Vetra, merita una fotografia. Non solo è la Chiesa più antica (considerata complessivamente) di Milano, ma, a detta di molti turisti, è anche la più bella. Antistante la basilica c’è una copia bronzea della statua romana di Costantino (fautore della libertà di culto cristiano con l'editto del 313) e il colonnato (sottratto all’epoca al vicino tempio di Minerva) che dà il nome e la caratteristica alla basilica stessa: San Lorenzo maggiore alle Colonne. E, volete saperlo? San Lorenzo non c' entra proprio, in quanto a Milano non ci furono mai martiri e il santo, d'origine spagnola, morì a Roma. Questa è proprio bella! E anch'io l'ho scoperta, come molto altro, grazie alla ormai “nostra” bravissima e competentissima Chiara che, a piccole dosi, ci sta rivelando bellezze inaudite del “noster Milan". Elisa Ogliari |
Incontri con l’arte
E’ sempre un piacere ascoltare le conferenze di Isabella Bertario perché presenta argomenti interessanti proponendoli in modo originale. Quella che aveva per tema “La Musica nell’Arte“ è iniziata, in modo del tutto inaspettato, con la proiezione della statua dedicata a Mariele Ventre, la famosa maestra dei piccoli cantanti dello Zecchino d’oro, proposta come capace d’insegnare a cantare anche ai pesci! La prima parte della conferenza è stata dedicata a Santa Cecilia, martire cristiana vissuta tra il II e il III secolo, presente nei dipinti secenteschi del Guercino, di Orazio Gentileschi e di Caravaggio. Con ispirazione tratta, come per tante opere pittoriche, da “La legenda aurea” di Jacopo da Varagine, la santa viene raffigurata mentre suona l’organo o altri strumenti musicali e questo spiega perché sia considerata la protettrice dei musicisti, dei poeti e dei cantanti. Come nuova sorpresa, abbiamo ammirato i quadri ascoltando le note di Frescobaldi. Poi, sempre attraverso autori secenteschi, abbiamo ammirato le riproduzioni di strumenti musicali e di suonatori. Non poteva mancare Evaristo Baschenis, famoso per raffigurare nelle sue nature morte strumenti musicali. Isabella ci ha fatto osservare la nota di malinconia, propria di questo tipo di composizioni, manifestata nel velo di polvere che ricopre gli strumenti e ci ha invitato alla riflessione sullo scorrere del tempo. In George de la Tour abbiamo visto invece rappresentati, in modo molto realistico e crudo, i musicisti di strada e i mendicanti a volte anche in rissa tra loro. Tutta diversa invece è apparsa l’atmosfera dei quadri di Vermeer con i suoi interni pervasi da grande luminosità e che rimandano ad un ambiente più colto e ricco, reso con grande naturalezza e vivacità nella “Suonatrice di chitarra”. Nella “Lezione di musica” invece si coglie il riferimento al valore della musica nella vita testimoniata dalla frase riportata sulla spinetta:”La musica è compagna della gioia e balsamo per il dolore”. La musica celebra importanti momenti sacri e anche della vita e le opere di questa parte o sono ampie pale d’altare come “l’Adorazione dei Magi” del Ghirlandaio o fanno parte di cicli complessi come gli “Angeli musicanti” di Melozzo da Forlì o di Rosso Fiorentino. Veramente grandiosa è la decorazione della cupola del Santuario di Saronno con “l’Assunzione della Vergine” di Gaudenzio Ferrari (1535-46 ca) che si presenta come un grande coro angelico disposto su quattro cerchi concentrici di angeli che suonano o cantano. Cinquantasei sono gli strumenti dipinti: viole, lire, bizzarre combinazioni di tipi diversi o addirittura assolutamente inventati in nessuno dei quali sono però disegnate le corde! Tutto l’impianto rimanda a una dimensione teatrale, ai “Miracoli”, spettacoli allestiti nelle chiese del 400/500 dove la cupola era spesso il luogo della rappresentazione in cui venivano calate dall’alto complesse macchine che trasportavano i personaggi. Un breve brano del musicista Gabrielli ci ha aiutato a immaginare. Non poteva mancare la maestosa composizione del “Giudizio universale” di Michelangelo: al centro c’è la figura del Cristo e, nella fascia sottostante, gli Arcangeli dell’Apocalisse che risvegliano i morti al suono di lunghe trombe. Completamente diverso il Caravaggio della “Fuga in Egitto” dove l’angelo col violino, avvolto da un bianco velo svolazzante, attraverso la dolcezza della musica diventa il divino consolatore della Sacra Famiglia stanca per il viaggio. Abbiamo visto anche opere più moderne. Nella pittura densamente allegorica di Marc Chagall, che si ispira sia alla tragedia ebraica della Shoa sia alla tradizione cristiana, troviamo spesso la presenza del violino accanto ad animali volanti visti come messaggeri innocenti di pace. Decisamente più difficile per noi è stato incontrare e capire i tentativi di autori più moderni, molto diversi tra loro, di rappresentare la musica attraverso immagini con pochi colori stesi in modo piatto, senza sfumature o passaggi di ombra e di luce in Matisse o con segni sempre più astratti in Kandinsky. Alla fine un interessante suggerimento di visita a due “segni musicali” presenti a Milano: il “Palco per orchestra e cavea” in cemento di Arman al Parco Sempione che, realizzato nel 1973 in occasione della XV Triennale, aveva lo scopo di sviluppare una nuova fruibilità delle opere d’arte e l’opera permanente di Alberto Garutti, posizionato in piazza Gae Aulenti. I tubi che compongono l’installa-zione si snodano dritti su quattro livelli attorno al cavedio: appoggiando l’orecchio sull’aper-tura di ogni tubo si ascoltano suoni, rumori e voci provenienti da vari luoghi e livelli dell’edificio. La scritta sul pavimento dice che “l’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alla voce e ai suoni della città. Laura Re |
Per la rubrica Te se ricordet i temp indrèe
LA PARTITA CON PAPA' Quando il treno aveva cominciato a rallentare, io e mio padre ci eravamo portati nel mezzanino pronti per scendere. Subito dopo avevo sentito il richiamo del controllore: “Busto Arsizio! Stazione di Busto Arsizio, chi deve scendere? Busto Arsizio, ultima chiamata!” “Vedi bambino, tu e tuo papà siete già pronti ma c’è gente che è talmente presa a leggere libri e giornali che, se non glielo ricordo io, è capace di scordarsi di scendere.” L’Alessandria, squadra della città di origine di mio padre, giocava in casa della Pro Patria una partita importante per la rincorsa alla serie A e noi andavamo lì a tifare per lei. Scesi dal treno entrammo nel bar della stazione: erano le undici del mattino e mancavano ancora quattro ore all’inizio della partita: mio padre prese un caffè e, per me, un mottarello (la trasferta cominciava bene). Pranzammo in una trattoria che ci aveva indicato la cassiera del bar e, dopo aver divorato un abbondante piatto di maccheroni al ragù e una altrettanto abbondante razione di arrosto con patate, vuotai il bicchiere di quello che era rimasto della mia aranciata. “Scommetto che sei pieno e non hai più posto neanche per un gelato” disse papà. “Sbagliato il posto per un gelato c’è ancora” risposi io. Non si sa dove, ma come tutti i bambini golosi, un posto nello stomaco per un gelato non faticai a trovarlo e divorai anche quello. Usciti dalla trattoria e mentre ci stavamo incamminando verso il piccolo stadio, sentimmo qualcuno che chiamava a gran voce: “Luigi! Luigi, ma sei proprio tu? Quanto tempo … Cosa ci fai da queste parti?” Era un amico di gioventù di mio padre che non si vedevano da chissà quanti anni e del quale lui mi parlava spesso raccontando le loro avventure di gioventù. “Sei l’ultima persona che avrei pensato di incontrare qui; quando ti ho visto attraversare la strada quasi non credevo ai miei occhi. E questo bel bambino chi è? Tuo figlio?” Sì, lui è Paolo, ha dieci anni e quando si tratta di andare da qualche parte a tifare per la nostra Alessandria mi segue sempre... E tu cosa ci fai da queste parti, anche tu per la partita?” “No, lavorare in ferrovia è un po’ come fare il marinaio e in questo porto ho trovato una sirena che mi ha incantato e mi ha messo l’anello al dito. E ora eccomi qui.” Il tempo passava ma papà e il suo amico, tutti presi dai loro ricordi, sembrava che non se ne accorgessero mentre io continuavo a guardare le lancette dell’orologio del campanile che sembravano correre con l’orario d’inizio della partita che si avvicinava velocemente. Così riportai papà all’ordine indicandogli l’orologio e ci avviammo verso lo stadio. L’amico di papà venne con noi alla partita a tifare per i grigi (in fondo era mandrogno anche lui) ma dopo tutti quegli anni senza vedersi avevano tante di quelle cose da raccontarsi che la partita la guardai solo io e loro due non videro neanche il gol del nostro centravanti Albertelli e si accorsero che era successo qualcosa solo per le urla della gente e per la mia esultanza. All’uscita mancò poco che mi chiedessero chi avesse vinto. L’Alessandria aveva vinto uno a zero anche grazie alle parate incredibili del nostro portiere Cuman che era il miglior portiere del mondo! Altro che Viola, Buffon e Ghezzi, Cuman se li beveva tutti in una volta. Alla stazione il saluto fu commovente, abbracci, grandi pacche sulle spalle e scambio di indirizzi con promessa di ritrovarsi presto. Sul treno del ritorno feci la cronaca a mio padre delle azioni più importanti della partita, del nostro gol e delle parate del nostro grande portierone e, dopo aver smaltito l’euforia per la vittoria dei Grigi, mi addormentai. All’arrivo papà mi svegliò facendo il verso al capotreno dell’andata: “Lambrate! Stazione di Lambrate. Lambrate, ultima chiamata, sveglia poltrone. Si scende.” Lo so, è un racconto che non dice niente di speciale, ma mi è tornato alla mente quanto narrato un giorno che, viaggiando sulla metropolitana con tutta la gente intorno a me ingobbita sui propri smart phone e cellulari, pensai che forse qualcuno era così concentrato su quel piccolo schermo da dimenticarsi la fermata in cui doveva scendere e immaginai cosa avrebbe detto il controllore di Busto Arsizio: “Lambrate! Fermata di Lambrate! Chi deve scendere scenda e gli altri continuino pure a rincoglionirsi con quello stupido affare che avete tra le mani!” Paolo Ardrizzi |
LA MISURA DEL TEMPO
Cos’è il tempo? A questa domanda risponde bene Sant’Agostino quando dice: “Io lo so, ma se qualcuno me lo chiede non glielo so dire” Il tempo ha sempre rappresentato per l’uomo un punto di riferimento per regolare le fasi della sua esistenza. Gli uomini nell’antichità osservavano i cicli della natura, controllavano l’altezza del sole sull’orizzonte, il corso delle stelle, il movimento degli astri nel cielo, etc… C’era, in verità, già qualche aiuto supplementare come le meridiane, le candele graduate, gli schiavi segnatempo e le clessidre ad acqua o a sabbia, ma si trattava sempre di metodi di misura approssimativi. La prima clessidra ad acqua apparve, pare, tra 1800 e 1400 anni prima di Cristo ed era costituita da due boccette di vetro comunicanti per mezzo di un foro in cui passava una certa quantità di acqua in un determinato tempo. La clessidra a sabbia era già in uso presso l’Università della Sorbona a Parigi nel 1656. Ma furono i monaci che, per recitare puntualmente le preghiere, scoprirono i primi segnatempo meccanici. Il monaco calabrese Cassiodoro (VI o VII secolo) e il monaco Gerberto (divenuto papa con il nome di Silvestro II) studiarono congegni miranti a rendere automatico il suono delle campane. Questo sistema non serviva solo ai monaci ma anche, più tardi, ai padroni e ai salariati per regolare la giornata di lavoro. Tra la fine del duecento e i primi del trecento comparvero i primi orologi azionati da pesi ma anche in Cina non erano da meno perché costruirono orologi astronomici che erano capolavori di ingegneria idraulica. Ma gli imperatori del Celeste Impero se ne servivano solo per stabilire il calendario ufficiale. Quel che era sempre escluso era l’aspetto legato alla portabilità che pure era importante. Avvicinandoci a località nostrane occorre ricordare che sul campanile della chiesa di Sant’Eustorgio a Milano fu collocato il primo orologio a ruota mosso da pesi nel 1306. Il duca Azzo Visconti nel 1328 commissionò ad un meccanico famoso, Guglielmo Zelandino, un orologio analogo per il campanile di San Gottardo a Milano. Verso il cinquecento, con la scoperta delle leggi del pendolo effettuate da Galileo Galilei e con l’apporto del fisico olandese Cristiano Huygens, si scoprì che la molla a spina era più elastica e meno ingombrante rispetto ai precedenti orologi. Verso la fine del settecento si cominciò a portare l’orologio appeso al taschino del panciotto. Era già una sciccheria! Ora, dietro a ogni orologio, anche a buon mercato, tondo, ottagonale, quadrato, rettangolare, etc…, c’è il genio di Ctesibio (clessidra) di Huygens, di Galileo e di tanti maestri orologiai. Ed è quasi paradossale che l’orologio destinato a ritmare i tempi della vita quotidiana, simbolo delle cose temporali, sia praticamente nato nei silenzi dei monasteri dove ci si preparava alla vita eterna senza tempo! Fernanda |
TOUR DELLE MARCHE DANTESCHE
Vi abbiamo partecipato in trentasette persone originariamente appar-tenenti a due distinti gruppi ma che si sono amalgamati con natura-lezza e amicizia fin dalla partenza per il viaggio. Eccovi le mete visitate. Senigallia. Cittadina di mare dove abbiamo alloggiato all'hotel Raffaello e dove abbiamo visitato: - la Rocca Roverasca, un grande castello con ampie torri circolari e fossati difensivi asciutti; - il Duomo e il Foro Annonario; - i Portici Ercolani dove abbiamo consumato una gustosa e caratteristica cenetta (offerta dalla Travel Land) a base di pesce e frutti di mare. Con una breve passeggiata dall'albergo si raggiungeva la struttura della Rotonda cui si ispirò Fred Bongusto in una sua nota canzone. Ancona. E’una città che annovera ambienti sia marini che montani ben ventilati. In pullman, su un alto monte, abbiamo raggiunto la Cattedrale, dedicata a San Ciriaco, che ha un principale molto bello strambato ad archi a tutto sesto in marmo. Imponente e austero è l'interno dotato anche di un’antica cripta mentre dall'esterno il panorama verso il mare permette la vista del Porto e del cantiere della Fincantieri dove sono costruite e manutenzionate anche navi per passeggeri. La visita è continuata in pullman e, percorrendo i viali alberati della città, abbiamo raggiunto prima il grande complesso pentagonale della Mole Vanvitelliana e poi, camminando, l'Arco di Traiano, la Piazza del Plebiscito e la Fontana del Calamo con le sue 13 cannelle. Dopo la sosta all'esterno dei locali ristorantini per la colazione del mezzogiorno, dal viale della Vittoria siamo giunti alla piazza IV Novembre che ospita il monumento ai caduti in pietra d’Istria. Dall’alto abbiamo ammirato l’affaccio verso il mare e la Spiaggia del Passetto che, scendendo, abbiamo aggiunto a piccoli gruppi. La roccia, per circa 1 km, è tutta traforata di grotte familiari ognuna delle quali presenta un fantasioso arredamento purtroppo non fotografabile (almeno ufficial-mente). Portonovo. Ha un Fortino Napoleonico costruito nel 1810 che far parte del sistema difensivo per il dominio del mare Adriatico. Abbiamo visitato la romanica chiesa di Santa Maria il cui complesso, restaurato nel 1960, offre anche un hotel fra il verde del bosco e il blu del mare. Fermo. In Piazza del Popolo, dopo una forzata sosta causata da riprese per un film in uscita nel prossimo autunno, abbiamo visitato il Palazzo degli Studi, la Biblioteca Comunale, la Pinacoteca Civica (con una natività di Rubens) e le Cisterne Romane. Il pranzo del mezzogiorno è stato consumato in Piazza del Popolo con piadine, prosciutto e vino di sostanza e colore. Nel pomeriggio abbiamo poi continuato la nostra escursione giornaliera raggiungendo in pullman la Riviera del Conero di cui abbiamo ammirato i godibili paesaggi e i piccoli centri urbani di Numana e di Sirolo ricchi di antichità, storia e arte. Jesi e Cingoli. Il primo si trova nel cuore delle colline marchigiane e la sua visita è iniziata dal Teatro dedicato al musicista Pergolesi: antico, piccolo e grazioso, quasi una bomboniera. Antichissimo è il suo sipario (che per questo non viene mai mosso) e che ha quindi imposto la limitazione al golfo mistico (dove si trova l'orchestra) e al proscenio (per gli attori) della porzione fruibile a fini artistici. Il teatro è in attività da 210 anni. Siamo poi stati al settecentesco Palazzo Pianetti che annovera una galleria di stucchi e di opere pittoriche di Lorenzo Lotto. Successivamente eccoci a Cingoli, bella cittadina romana con cinta muraria e i cui coni ottici panoramici ben le fanno meritare l'appellativo di “Balcone delle Marche”. Eremo di Fonte Avellana. Incastonato ai piedi del Monte Catria, fu fondato come Monastero negli anni 1000 con una bella impronta datagli da Pier Damiani e ha vissuto un periodo fecondo come centro culturale monastico venendo convertito in Eremo nel 1300. La sua struttura muraria è un trionfo di archi sia romani che gotici e anche ad ogiva. L’interno gode di un’acustica molto buona e nella chiesetta, mentre un monaco ci faceva da guida con la mascherina al viso, pur allontanandosi notevolmente da lui è stato sorprendente notare di poter continuare a sentire le sue spiegazioni. La documentazione assicura che intorno al 1312 ha qui soggiornato il sommo poeta Dante Alighieri. Abbiamo poi pranzato all'eremo, serviti dai sei efficienti e disinvolti frati. Fano. Cittadina rivolta verso il mare Adriatico e bagnata dal fiume Metauro, ha un centro storico molto ben conservato e un porto attrezzato per la pesca oltre a una lunga e bianca spiaggia verso levante. Fiorenzuola di Focara. E’ un piccolo borgo medievale a picco sul mare all’interno del Parco del Monte San Bartolo. E’ così bello che Dante l'ha citato più volte nella sua Divina Commedia. Gradara. Il suo castello è ancora intatto nella struttura e nei camminamenti di ronda con le postazioni per gli arcieri e per il lancio dall'alto della pece bollente contro gli assalitori. In molti abbiamo visitato anche le stanze dell'interno. In chiusura una nota curiosa: le Marche sono la regione che ha dato più Papi (10) alla Chiesa Cattolica e l’ultimo, Pio IX, oltre a essere stato l’ultimo sovrano dello Stato Pontificio (1870), ha anche il record del papato più lungo della storia dopo quello di Pietro con 31 anni, 7 mesi e 23 giorni. Se avete provato a contare quante mete abbiamo visitato in sei giorni, non potrete stupirvi dell’obbligo della nostra gratitudine verso la Travel Land e, in particolare, verso Eleonora per l'ottima organiz-zazione e verso Costanzo per l'assistenza fornita a tutti noi. Grazie anche all'autista Omar per la paziente disponibilità ad adattarsi alle varie necessità e alle guide signor Gianluca e signora Patrizia. Infine grazie agli amici Ornella e Giorgio sempre attenti ai movimenti dell'intero gruppo. A tutti un arrivederci al prossimo viaggio. Anna e Armando |
Titoli di giornali alquanto bizzarri, ma realmente pubblicati ...
- SVALIGIATO NEGOZIO DI VALIGIE (Il Mattino, 2002)
- SI E’ SPENTO L’UOMO CHE SI E’ DATO FUOCO (Giornale di Sicilia, 1998)
- LADRO SBAGLIA AUTO: SALE CON I CARABINIERI (La Stampa, 2003)
- FA MARCIA INDIETRO E UCCIDE IL CANE, FA MARCIA AVANTI E UCCIDE IL GATTO (Corriere della Sera, 1992)
- FERMATO, IN TASCA AVEVA 175 TARTARUGHE (Gente, 1993)
- MULTA DI 160.000 LIRE PERCHE’ IL MULO E’ PRIVO DI LUCI DI POSIZIONE (Cronaca vera, 1995)
- FERMI TUTTI: E’ UNA RAPINA! NON GLI CREDONO E LO PICCHIANO. (La Notte, 1995)
- SORDOMUTO TROVA PORTAFOGLIO MA NON RIESCE AD AVVERTIRE IL PROPRIETARIO (Corriere del Veneto, 2005)
- CINESE UCCISO A COLTELLATE: E’ GIALLO (La Nazione, 2012)
- ERA BRUTTA MA SI SPACCIAVA PER MODELLA: PARA’ DENUNCIA PER TRUFFA LA RAGAZZA CONOSCIUTA AL TELEFONO (Il Tirreno, 2001)
- FUNERALI A COSTI RIDOTTI. CINQUANTASEI RATE A PREZZI BLOCCATI. AFFRETTATEVI (Pubblicità in quotidiani vari)
- BUTTA IL TELEVISORE DAL SECONDO PIANO PERCHE’ L’INTER SBAGLIA IL RIGORE (Il Tirreno, 2011)
- DETENUTO CONDANNATO PER AVER DETTO “CARABINIERE” A UNA GUARDIA (Giornale di Brescia, 1996)
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