Articoli del giornalino settembre / ottobre 2022
LA SORGENTE
E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi (1Gv 4,16) A pian del Re, sotto il Monviso, c’è una roccia dove è scritto: qui nasce il Po. Sotto, una minuscola polla d’acqua che si può attraversare con un balzo. Poi innumerevoli rivi che si rincorrono l’un l’altro, si fondono, diventano cascata d’acqua e corrono giù, verso la pianura. Guardando il grande fiume, percorso da chiatte e barche, si fa fatica a credere che tutto abbia inizio da quell’esile rigagnolo. E, sovente, mi domando: dove è finito quel rigagnolo? Quelle poche gocce, celate nel cuore del grande fiume, avranno memoria della sorgente, dell’istante in cui tutto è cominciato? Così è l’amore di Dio in noi: scaturisce dal cuore, come una piccola sorgente, e poi cresce, si propaga, incontra altre correnti, diventa un grande fiume. Così è del bene in noi: tutto ciò che abbiamo donato non va smarrito. Diventa vita per donare altra vita. Così è del regno di Dio: Il piccolo seme diventa albero rigoglioso, l’esile rigagnolo cascata d’acqua che dona ristoro, vita in abbondanza. Quelle poche gocce recano impressa l’immagine della sorgente e non si stancano di raccontare la loro storia, dove e quando tutto è incominciato. E, con stupore, ascoltano altre storie, vedono la vita crescere intorno a sé. Acqua dolce, acqua buona. Che scaturisce dal cuore, dalle profondità dell’essere. Per diventare altra vita. Nello stupore del dono di sé. Pietro Pinacci |
UNA VIRTU’ PREZIOSA:
LA PUNTUALITA’ La puntualità è una virtù molto importante nella vita di tutti noi. Già nella Bibbia c’erano accenni e consigli per praticare questa virtù. Nell’Ecclesiaste (versetto 3:1) troviamo scritto: “Per ogni cosa c’è un tempo fissato, un tempo per piantare e un tempo per sradicare”. Infatti gli agricoltori seminano nel periodo giusto perché la puntualità permette loro di ottenere buoni risultati. San Paolo nella lettera ai Filippesi (2:3-6) dice che se siamo puntuali possiamo rispettare gli altri e il loro tempo prezioso. Quindi possiamo dedurne il consiglio che fare aspettare gli altri equivale a rubare il loro tempo. La puntualità trasmette compe-tenza perché quando siamo puntuali dimostriamo che la nostra vita non è in balia delle circostanze ma che siamo noi ad averne il controllo. La puntualità è sinonimo di affidabilità. Le persone apprezzano chi mantiene la parola data e guadagnano stima presso i familiari e gli amici. I datori di lavoro apprezzano chi arriva puntuale e rispetta le scadenze. San Paolo dice: “Tutto sia fatto con diligenza e ordine” (Corinti 14:20) e ai Filippesi dice: “Guardate con interesse alle vostre cose ma anche a quelle degli altri (Filippesi 2:4). Dal lato pratico chi non è puntuale può perdere il treno, l’aereo; può essere scavalcato quando prende appuntamenti e finisce per arrabbiarsi con sé stesso. Quindi, a ogni età, è sempre utile programmare le nostre cose con un po’ d’anticipo. “I piani del diligente sono sicuri per il vantaggio” (proverbi 21:5). Puntuali sempre! Fernanda |
IO E SERGIO: DUE VECCHIETTI AL BAR
Qualche giorno fa, durante la colazione al Bar Teatrio in piazzetta dei Fiori, ho incontrato una vecchia conoscenza segra-tese, molto anziana per la verità, ma certamente ancora molto lucida. Si chiama Sergio ed è un ex camionista in pensione che gira in carrozzella ed è ben infor-mato sulle notizie che appaiono sui quotidiani. Cittadino italiano ma di padre tedesco, all’età di 14 anni fu inviato da Hitler ad assediare Leningrado reiterando poi faticosamente in Germania dove ritrovò una Berlino già distrutta dalle artiglierie sovietiche. Mi ha detto: "Ho scoperto una nuova Berlino" e mi ha ricordato una gitarella nella capitale fatta assieme qualche tempo fa con il "Movimento della Terza Età", esprimendo la propria meraviglia per la bellezza e la ricchezza della nuova Berlino. Ricordando le distruzioni e i cadaveri lasciati in Ucrania dalle truppe e dall’aviazione russa, non si può ignorare l'analogia con quanto avvenuto a Berlino e a Dresda durante la seconda guerra mondiale. La storia si ripete. Anche da noi in Italia, durante la guerra ci furono distruzioni e morti; furono distrutti aeroporti, fabbriche, caserme, etc…ma l'aviazione inglese si sforzò di non colpire i civili. Il pur dolorossimo incidente della scuola di Gorla, nell’hinterland milanese, fu deprecato da tutti anche fuori dall’Italia. A questo punto Sergio mi ha riferito di una recente intervista, trasmessa da una tv tedesca, nella quale tre maghi russi hanno previsto che la fine del conflitto in Ucraina avverrà per il decesso di Putin. Non sarebbe una novità nella storia della Russia: altri protagonisti dell'imperialismo russo in Europa (da Pietro il Grande a Caterina di Russia e a Stalin) sono stati colpiti da sindromi improvvise che li hanno portati alla morte (ictus o ischemie varie).Una sorte analoga per Putin potrebbe favorire non solo la fine della guerra in Ucraina ma anche il rafforzamento dell’Europa e di tutto l'Occidente. Forse ne trarrebbero vantaggi anche i molti avversari che lo zar di Mosca ha bastonato e che puntano a una rivincita. Bruno Colle |
PARMA: ARTE E PRELIBATEZZE
Pronti, via… finalmente! Dopo due tentativi falliti causa covid, si parte per Parma, città di Verdi e Toscanini, del prosciutto crudo e del parmigiano. Siamo tutti motivati, anche chi l’ha già visitata, poiché con una guida si gusta e si assapora meglio. Tiziana, esauriente, gentile e determinata, ci aspetta e ci fa entrare subito nel clima del potere ducale dei Farnese illustrandoci il complesso monumentale della Pilotta che ospitava i servizi del Ducato. E’ stato molto gradevole ascoltare le spiegazioni seduti tra i giardini in un clima caldo e confortevole. Attraverso stradine lungo le quali avremmo gradito soffermarci più a lungo, siamo giunti alla piazza della Cattedrale e del Battistero. Il constatare le similitudini tra le città di Cremona, Parma e Mantova ha suscitato molto interesse e un ampliamento di orizzonti in chiave architettonica. Il Duomo è dedicato a Santa Maria Assunta ed è luogo di arte, storia e sacralità, ricco di opere d’arte e affreschi bellissimi che hanno affascinato tutti noi. Il Battistero dell’Antelami, adornato di statue simboliche, è stato bersaglio di numerose fotografie. Ci ha colpito anche l’esposizione delle opere d’arte della Galleria Nazionale che ospita capolavori di ogni genere e, in questo periodo, la Mostra “Farnese” con quadri di Tiziano e oggetti preziosi riportati a Parma da Capodimonte dove erano stati spostati dai Borbone di Parma. Torniamo alla Pilotta al cui interno si trova il Teatro Farnese tutto in legno, unico in Europa e non più utilizzato dal Teatro Regio. Bisogna accelerare, ci aspetta un ristorante tipico, accogliente e con personale molto disponibile. Dopo aver gustato un buon pranzo siamo andati a visitare un caseificio di parmigiano reggiano e abbiamo sgranato gli occhi: chi aveva mai visto una tale quantità di forme? La sosta allo spaccio è d’obbligo e tutti acquistiamo qualche prelibatezza. Anche questa gita è terminata e nel ritorno ci siamo consolati progettando la partecipazione ai prossimi viaggi. Elide Rattellini |
ABITARE IL BELLO
Visita al Museo Fondazione Zani Il 28 aprile 2022 con il Movimento della Terza Età abbiamo visitato la casa Museo Fondazione Paolo e Carolina Zani dove si nota subito una scritta a firma Paolo Zani: “Ho collezionato per esprimere il mio gusto, per appagare la mia curiosità, per abitare il bello attraverso l’arte insieme alla moglie Patrizia e alla figlia Carolina”. Si tratta di una splendida villa costruita negli anni 70 dall’architetto bresciano Fedrigolli. Paolo Zani ne è stato il terzo proprietario e l’acquistò all’inizio del 1980. Paolo Zani era il proprietario della Liquigas e aveva avuto la possibilità di girare il mondo appassionandosi all’acquisto di arredi, oggetti e tele inizialmente prediligendo lo stile barocco e rococò (1700-1800). Impiegò circa 30 anni per mettere insieme la sua ricca collezione formata da 1.200 pezzi di cui 450 disposti nel giardino. Purtroppo la figlia Carolina morì nel 2017 a soli 27 anni a causa di un melanoma. Nel 2018 morì anche Paolo Zani. Fortunatamente era già riuscito a realizzare la fondazione dedicata alla figlia Carolina (un angioletto è simbolo della fondazione) che da sostegno a studenti interessati all’arte. Gli splendidi giardini sono in parte all’italiana, un lato all’inglese più spontaneo e in parte alla francese (statue e giochi d’acqua). Addentrandoci nella dimora, dove non è possibile fotografare, ci si trova in un mondo di meraviglie: cassettoni con inserti di carapace di tartaruga, porcellane del 1.700, un dipinto di puttini stile Boucher con il rosa Pompadour e un mosaico rappresentante San Pietro, con tessere minuscole in pasta di vetro, che sembra un dipinto. Ci sono anche una commode turchese italiana con piano in marmo giallo di Siena e quadri di Canaletto (uno appartenuto a Ponti e Sofia Loren e un secondo allo scià di Persia) e poi, ancora, tele di Guardi e Marieschi quasi tutte con vedute di Venezia. L’immensa sala da pranzo si presenta con la tavola imbandita: i piatti sono danesi con decori floreali e mostrano una flora tipica del nord Europa, diversi mobili dell’ebanista Maggiolini e più lampadari di Murano. Una Wunderkammer in cui c’è allestita una mostra temporanea di porcellane Ming e Ouing. Paolo Zani aveva voluto realizzare una domus romana, addirittura con l’impluvio (ora coperto) che fungeva da piscina: il tutto in marmo. Nel salone dell’ottagono un tavolo ottagonale in marmo con inserti di corallo, lapislazzuli e alabastro: un lavoro immane per 8 artigiani durato undici anni. In un angolo un piccolo presepe con inserti di corallo e tanti piccoli oggetti tutti in minuscoli coralli. L’ultimo acquisto di Zani è stato nel 2018: un quadro di Guardi, realizzato per un ambasciatore inglese, che rappresenta Paese (Treviso) dove l’ambasciatore abitava e che molto ricorda il paesaggio inglese. La camera da letto matrimoniale si presenta con paraventi cinesi in “lacca orientale” del 1.600 ognuno costituito da dodici pannelli. Da notare che ogni strato doveva asciugare almeno tre mesi in ambiente umido e che, una volta asciutto, veniva intagliato sempre sui due lati. Poteva capitare che per realizzare un paravento potessero servire fino a trenta anni. Da un paravento, Zani ha ricavato una splendida cabina armadio. Nella camera sono presenti quadri di Pietro Longhi illustranti il ridotto della Fenice di Venezia e il carnevale. Ai lati del letto due comò veneziani con cassetti particolari e, su una piccola parete, sei tempere su carta di Giacomo Guardi figlio perfettamente conservate. Insomma un’abitazione dove ovunque guardi trovi un pezzo d’arte. Ottimo il pranzo presso l’agriturismo Al Rocol in Franciacorta o, meglio, in Curtefranca poiché, al tempo, non si pagava dazio sul vino. Interessante la spiegazione delle scelte fatte passando dal vino nero alla produzione del vino bianco, delle caratteristiche del territorio e del metodo utilizzato per le bollicine. Dopo acquisti di vini e grappe e prima del rientro a Segrate, sosta sul lago d’Iseo per una rilassante passeggiata. Gemma Fabiane |
LA PRIMAVERA NELL’ARTE
Ancora un incontro con l’arte in cui ci ha accompagnati Isabella con un’ampia scelta di opere ispirate alla primavera. Lo splendore della natura che fiorisce ha affascinato da sempre la sensibilità degli artisti antichi e moderni. Abbiamo iniziato con il “Ramo di mandorlo in fiore” di Van Gogh: opera influenzata dalla conoscenza delle stampe giapponesi come si capisce dal taglio dell’immagine, dai contorni neri e marcati dei rami, dall’assenza della prospettiva, dall’uso di colori particolarmente luminosi. L’opera ha tuttavia un significato più profondo perché è stata dipinta in occasione della nascita del figlio dell’amato fratello Theo: il ramo fiorito, che annuncia l’imminente arrivo della primavera, è la metafora della nascita di una nuova speranza e rappresenta, come lui stesso scrive, un momento di calma e di serenità in una fase di vita per lui molto tormentata. Sono seguite le sempre molto originali composizioni di Giuseppe Arcimboldo con le sue due serie sulle stagioni (1563-1573) che a coppie si guardano. La sua Primavera è composta da fiori di diversi colori e dimensioni ed è rivolta verso l’Estate, composta prevalentemente da verdure e frutti. Abbiamo analizzato anche opere di Klimt, Silvestro Lega, Giacomo Balla e i diversi modi di esprimere le loro sensazioni sulla primavera. Non ci aspettavamo di trovare in questa rassegna Andy Warhol, l’artista più famoso della “pop art”. Rispetto alle serie più note, come la riproduzione del viso di Marilyn o di Mao o della lattina della zuppa Campbell, abbiamo visto un soggetto ben diverso: la serie Flowers. Partendo da una fotografia di fiori d’ibisco pubblicata su una rivista nel 1964, rielaborò l’immagine infinite volte fino a farne un’opera grafica e decorativa. Ebbero un grandissimo successo e divennero un momento fondamentale del suo percorso artistico. Naturalmente non poteva mancare uno dei capolavori più celebri del Rinascimento, la “Primavera” di Botticelli (1482-85), su cui ci siamo soffermati a lungo perché è un dipinto complesso da interpretare. Risulta ancor oggi un affascinante anagramma del quale è difficile trovare una soluzione accettata da tutti. C’è l’interpretazione della filosofia neoplatonica, come un’allegoria del regno di Venere, dove le tre Grazie simboleggiano i tre oggetti dell’amore: il piacere, la castità e la bellezza e c’è anche il riferimento al “Giardino d’amore” del Poliziano che inducono a considerare le figure come personificazioni dei mesi dell’anno a esclusione di quelli invernali. La ricchezza della vegetazione ha spinto a indagare sul significato simbolico di fiori e piante, riprodotti con meticolosa maestria. Si sono cercati anche riferimenti a fatti e personaggi della famiglia Medici. Osservazioni importanti e interessanti ma è innegabile che, anche senza di esse, si sia rimasti affascinati da quelle figure che, su un prato punteggiato da tantissimi fiori e sullo sfondo di alberi d’arancio, sembrano condurre un’armonica danza. Come sempre abbiamo avuto piccole incursioni nelle altre arti con la lettura di alcuni Haiku, brevi componimenti giapponesi ispirati alla natura; di versi di Angelo Poliziano, una delle personalità più importanti alla corte di Lorenzo il Magnifico e con l’ascolto della Primavera di Vivaldi. Laura Re |
A Giorgio
Lo scorso giugno ci ha lasciato Giorgio Quaglia per raggiungere il luogo che ha tenuto fedelmente e con coraggio come meta finale per tutta la sua vita. Giorgio è stato da sempre nostro grande amico e un instancabile collaboratore di CMTE e la sua dipartita ci ha lasciato tutti profondamente addolorati. Per ricordarne la grandezza d’animo e la sua incrollabile Fede riportiamo le sue commoventi parole e quelle dei suoi familiari. " Grazie per avermi accompagnato alla mia festa nell'incontro con il Signore e per la vicinanza che avete espresso a mia moglie Rachele, ai miei figli Tommaso, Marta e Pietro, con Claudia, Michele e Cristina, ai miei cari nipoti, a mio fratello Gianni e alla sua famiglia" (Giorgio). “Noi familiari abbiamo potuto godere della presenza di Giorgio a casa in questi due mesi di malattia. Nonostante l'ossigeno e la mancanza di voce, Giorgio ha trasmesso tanto amore a noi e agli amici che lo venivano a visitare o gli scrivevano, ed era felice di questi incontri. In questo periodo ha messo da parte l'aver sempre il controllo della situazione per decidere di lasciarsi amare da tutti senza mai lamentarsi. Grazie a tutta la comunità.”(Famiglia Quaglia) Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo... Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace. (S. Agostino) |
Per la rubrica Te se ricordet i temp indrèe
PECI Ogni estate, finita la scuola e prima di andare al mare con la mia famiglia, andavo per qualche settimana a Masano, una frazione di Caravaggio, dagli zii Dino e Pina. A Masano c’erano Giovanni, Ermanno e gli altri amici con i quali trascorrevo le giornate giocando interminabili partite a pallone, facendo le corse in bicicletta sulla strada per Caravaggio, facendo il bagno nudi nei fossi con le prove di coraggio a chi resisteva di più nelle acque gelide del fontanile, oppure facendo spedizioni per rubare le angurie e i meloni nelle anguriere. Lo so che rubare non è una cosa da fare, ma se mettiamo in conto che le nostre vittime lo sapevano e, ovviamente a condizione che non esagerassimo, fingevano di non vederci, non era un furto ma un’appropriazione con il consenso dei derubati. Un amico particolare che ogni estate correvo a salutare quando arrivavo a Masano era Peci: il suo nome era Giuseppe ma per tutti lui era Peci. Peci, a causa di non so quale malattia contratta appena nato (la gente parlava di forti febbri), aveva le gambe e le braccia rattrappite. Ricordo di averlo sempre visto su un trabiccolo di legno con la ruota davanti guidata da una barra, come fosse il timone di una barca, che, quando lo spingevamo sulle stradine di campagna per portarcelo in giro con noi, Peci azionava tenendola sotto le ascelle e spostando il peso del corpo da una parte all’altra per curvare. Quando il tempo era buono, Peci passava le sue giornate davanti alla porta di casa accanto all’officina dello zio Dino e lì, grandi e piccoli, tutti quelli che passavano si fermavano a scambiare qualche parola con lui. Ogni anno, quando mi vedeva, mi faceva la stessa domanda alla quale avevo già preparato la risposta: “Cosa c’è di bello e di nuovo a Milano? E il Duomo?” E io, ogni volta, gli raccontavo le meraviglie del Duomo e della grande città inventando spudoratamente e aggiungendo qualcosa di nuovo ai racconti dell’anno prima. “La scorsa settimana sono andato a Milano con il mio papà e siamo passati da piazza del Duomo: mi sono ricordato che mi avevi chiesto quante sono le guglie, con una scala interna siamo saliti sul tetto del Duomo e ho cominciato a contarle ma, a un certo punto, ho perso il conto perché c’erano guglie dappertutto e non riuscivo a capire quelle che avevo già contato e quelle da contare. Saranno almeno 200 o 300 o di più (in realtà sono solo 135) e sulla guglia più alta, c’è la statua della Madonna tutta d’oro che i milanesi chiamano Madonnina perché è talmente in alto (sono 108 metri ma da come la raccontavo sembravano almeno il doppio) che, vedendola da giù, sembra piccola piccola ma sarà alta almeno sette o otto metri, forse dieci”. In realtà è alta (solo) poco più di quattro metri. “E dentro? Com’è il Duomo dentro?” E’ grandissimo, la chiesa di Masano ci starà più di dieci volte, il soffitto è così alto che se ci metti il nostro campanile non arriva a toccarlo. L’altare centrale è tutto d’oro e sotto l’altare, c’è la tomba di San Carlo. Poi ci sono delle finestre grandissime con tanti vetri colorati che formano dei quadri con scene della vita dei Santi e sul pavimento, che è di marmo di tutti i colori, ci sono le tombe dei vecchi Arcivescovi di Milano e la gente che ci passa sopra si ferma a leggerne il nome.” “Ma non si può andare con i piedi sulle tombe, è peccato.” “No, Peci, ci passano sopra ma non fanno peccato.” Mentre parlavo gli occhi di Peci si perdevano nel vuoto come se stesse vedendo tutte le meraviglie che gli descrivevo e questa era la molla che mi spingeva a esagerare e amplificare ogni particolare del mio racconto. Vederlo sognare ad occhi aperti mi incoraggiava a dargli sempre nuove emozioni. “Come mi piacerebbe andare a vedere il Duomo di Milano.” “Peci, quando sarò grande e avrò la macchina, verrò a prenderti e ti porterò a fare il giro di Milano: ti farò vedere il Duomo, il Castello Sforzesco e lo stadio di San Siro dove gioca il Milan (Peci era milanista), staremo in giro tutto il giorno e andremo anche al ristorante.” A queste parole Peci cominciava a ridere e ad agitarsi fino quasi a rovesciare il suo trabiccolo e a tutti quelli che passavano raccontava che Paolo, il nipote di Dino e Pina, quando avrebbe avuto la patente lo avrebbe portato a Milano e anche al ristorante. Peci è morto senza vedere il Duomo di Milano quando io non avevo ancora la patente. Quando Peci e il Creatore si sono trovati faccia a faccia, penso che ci siano stati attimi di imbarazzo. No, Peci non era il tipo che si lamentava della propria condizione e non avrà fatto nessuna rimostranza: lui era felice e rideva sempre; gli bastava che noi spingessimo il suo trabiccolo e lo portassimo con noi per sentirsi felice come lo sarebbe stato uno di noi “normali” se l’avessero portato in aereo fino in Cina o in America. Peci era felice di starsene all’ombra degli alberi guardando noi che giocavamo a pallone, ci arrampicavamo sugli alberi o facevamo il bagno nei fossi. Bastava che dividessimo con lui l’anguria o il melone che avevamo rubato ai contadini per farlo sentire come al banchetto del re; era così felice che lo diceva a tutti come se fosse stato lui in prima persona a compiere il misfatto e, forse per questo, i derubati fingevano di non vederci. Quando si sono trovati faccia a faccia Peci e il Creatore penso che quello più in imbarazzo sia stato il Creatore. Peci lo avrà guardato con i suoi occhi sempre sorridenti senza parlare e lui si sarà sentito in colpa per avergli negato la gioia di una corsa dietro a un pallone, di tuffarsi nell’acqua limpida della Rognola, di arrampicarsi sugli alberi e di fare tutte quelle cose che i bambini di questo mondo fanno con la più grande naturalezza. Lui, Peci, gli avrà spalancato il suo sorriso a tutta bocca ancora più felice di quando io gli raccontavo, esagerando spudoratamente, le meraviglie del Duomo; contento di trovarsi davanti al padrone di casa di quella meraviglia che riusciva a vedere semplicemente ascoltando le mie parole. Spero che vedendolo da lassù e rendendosi conto che sulla conta delle guglie, sull’altezza della Madonnina e su tutto il resto su cui lo avevo imbrogliato non se la sia presa a male. Paolo Ardrizzi |
LA CITTA’ NUOVA
“E’ una città nuova nella città”, così ha esordito con entusiasmo Emanuela, la nostra guida, prima di farci entrare nel quartiere più moderno di Milano. Oggi si intende con il nome di Porta Nuova il grande complesso d’espansione edilizia che ruota intorno alla piazza Gae Aulenti alla cui realizzazione hanno partecipato importanti studi di progettazione internazionali con la costruzione di modernissimi e arditi grattacieli. Nelle torri Diamante, Unicredit e Solaria (ancora in via di completamento) predominano il vetro e l’acciaio mentre le due torri del Bosco Verticale sono ricchissime di vegetazione e, in certe ore del giorno, si rispecchiano nelle pareti delle torri vicine. Sono stati realizzati anche centri culturali e per avvenimenti speciali, ville urbane e residenze condominiali con tutti i servizi necessari. La zona si estende da Porta Garibaldi a palazzo Lombardia includendo il quartiere Garibaldi, le Varesine e parte dell’Isola che, per lungo tempo degradata, è stata così rivitalizzata. Intorno c’è la vecchia Milano che, con i suoi edifici riqualificati, fa un contrasto bellissimo come si vede dall’ampia passeggiata sulla passerella sopra via Melchiorre Gioia. Molto spazio è stato dato alle aree verdi e ai parchi pubblici come la Biblioteca degli Alberi, già molto cresciuti; spazi molto vissuti e graditi dagli abitanti della zona che avevano avuto perplessità e disagi durante la realizzazione delle nuove strutture ma che ora la vedono molto valorizzata. La nostra guida, ammiratrice delle nuove tecniche costruttive che hanno superato il concetto dello spazio interno chiuso da robuste pareti per realizzare strutture esterne più leggere e modulabili, conosce bene i punti più interessanti della zona e ci ha fatto entrare nel quartiere non dalla più nota e scenografica salita da corso Como, ma da una deliziosa strada giardino, situata dove un tempo c’erano i binari delle Varesine. Ci ha indicato gli scorci e gli angoli più interessanti, i giochi di luci tra gli edifici che si rispecchiano l’uno nell’altro e la curiosa installazione di Alberto Garutti con le trombe che si snodano per quattro livelli intorno al cavedio e da cui si possono sentire “le voci della città” cioè i suoni e i rumori provenienti dai vari luoghi e livelli della struttura. Ma, accanto alla città modernissima e a quella otto/novecentesca, abbiamo trovato i resti di un’epoca più lontana, testimonianza della Milano quattrocentesca e sforzesca. Scendendo pochi gradini siamo arrivati al Ponte delle Gabelle e alla Conca dell’Incoronata che, oggi ormai asciutta, serviva un tempo a superare il dislivello tra la cerchia dei Navigli e il Naviglio della Martesana e ne rappresenta l’ultimo resto all’interno delle mura spagnole. Qui un locale che certamente la sera ospita la “movida” milanese ma che al momento appare silenzioso e tranquillo, ci ha offerto col suo verde ombroso e le pareti rivestite di gelsomini un gradito momento di riposo e di ristoro alla fine di un pomeriggio interessante e impegnativo. Laura Re |
DAL RAGUSANO ALLE EGADI
Un viaggio in Sicilia vale sempre la pena! Abbiamo visto panorami stupendi, un mare turchese, ci siamo avvicinati a un’isola nata 7 milioni di anni fa dove le diverse invasioni e occupazioni hanno segnato il territorio, la lingua e la cultura. Abbiamo visitato borghi di pescatori oggi diventati centri turistici alla moda; tante chiese che testimoniano come in passato fossero anche centri di potere e luoghi didattici. Ancora molto forte è l’attaccamento al Santo Patrono che diventa il grande protagonista delle sagre delle varie città. A Modica (RG) esiste un luogo, chiamato “limite delle matrici”, dove i sostenitori di San Giorgio e di San Pietro si scontravano e si “menavano” per imporre il proprio Santo come protettore della città. Anche la Madonna Guerriera con tanto di spada è patrona della città e testimonia il carattere cavalleresco e guerriero dei Normanni che abitarono la zona. Nel Ragusano, oltre a Modica, abbiamo visitato Ragusa, Ragusa Ibla, Noto, Scicli e vari luoghi legati alle vicende del commissario Montalbano. Architetture barocche, città arroccate o ricostruite dopo il terremoto del 1693, caverne naturali nella roccia che furono utilizzate come tombe, catacombe, abitazioni e luoghi di difesa contro le scorrerie dei pirati e dei Turchi. Alla riserva naturale di Vendicari abbiamo imparato molto sugli uccelli che la abitano come, ad esempio, i fenicotteri rosa e il cavaliere d’Italia e sulla flora. La pesca del tonno è stata a lungo alla base dell’economia dell’isola: 64 stabilimenti per la lavorazione del tonno in Sicilia e 62 saline necessarie alla sua conservazione. La calata delle reti era una vera e propria cerimonia religiosa e collettiva. Il 3 maggio alle 4 del mattino, le campane richiamavano la popolazione sulla costa: le barche venivano adornate di fiori, le reti benedette e poi si calavano. Da maggio a settembre si pescava il tonno e si è arrivati a pescarne anche 11.000 a Favignana! A Marzameni, piccolo borgo di pescatori, sorprende la vastità della piazza, ma è qui, sulla piazza, che donne e bambini riparavano le reti: più di 3 chilometri quadrati di reti! Abbiamo attraversato la Sicilia in diagonale da sud-est a nord-ovest con due brevi soste a Caltagirone e Piazza Armerina. Caltagirone è famosa per le sue ceramiche colorate e, arroccata sulla collina, si mostra in tutto il suo splendore osservandola dall’alto della sua famosa scalinata (più di 143 gradini) adornata di fiori. Uno spettacolo! Ma il viaggio avrebbe avuto senso anche solo per visitare la Villa Romana del Casale (IV sec. a.C.) a Piazza Armerina. Apparteneva a un ricco romano di cui però non si conosce l’identità. A causa dello smottamento dovuto al terremoto gran parte della villa è andata distrutta, ma si sono ben conservati i pavimenti. I mosaici che li ricoprono svelano parecchi aspetti della vita sociale ed economica del tempo. Più di 120 milioni di tessere policrome che rappresentano in maniera molto realistica persone e animali feroci probabilmente utilizzati a Roma negli spettacoli del Colosseo ma anche donne in bikini (non abbiamo inventato nulla!), tigri, leoni e cinghiali che coprono una superficie di 3.500 metri quadrati! Arrivati in serata a Trapani abbiamo passeggiato sul lungomare, visto il porticato che serviva come mercato del pesce e ci siamo immersi nella movida della città. Il giorno dopo ci aspettavano le isole Egadi e in particolare Favignana e Levanzo. Col battello abbiamo fatto una mini crociera ammirando deliziose calette e nuotando in un mare blu chiazzato di turchese. A Favignana, vicino al porticciolo, si vedono i resti di un importante stabilimento per la lavorazione del tonno voluto dai Florio, signori dell’isola, che hanno costruito lì vicino la loro villa all’inizio del secolo scorso: Villa Florio. Levanzo, più piccola, ci accoglie con le sue casette bianche con le imposte turchesi. Un gioiellino! Ultimo giorno alla Riserva Naturale dello Zingaro: 8 chilometri di costa e relativo entroterra protetti. Abbiamo fatto il bagno in compagnia dei saraghi che nuotavano a riva insieme a noi. Breve sosta a San Vito lo Capo e poi Marsala. Interessante il Museo Archeologico che contiene reperti antichissimi e i resti di una nave punica (II e I sec. a.C.) e le saline con numerose vasche che ancora producono sale. E’ stato un viaggio bellissimo, ricco di stimoli di ogni tipo attraverso una terra antichissima circondata da un mare meraviglioso Paola Perodi |
UNA GIURNADA DE PAURA
A l’era un sabet, sì sabet desdott de dicember del 2021 e eren appena passà i vundes e meza. Mi, sprufundà sulla mia pultrona, a seri adrè a legg un quaj coss in sul giurnalett del MTE quand, all’impruvis, u sentì un gran frecass che vegniva de fora e che la fa tremà la cà: la mobilia la se scorliva e dai scafall ghè burlà giò di liber e un para de statuet africane (record d’un viag d’alter mument) che, dato che eren de legn durr, a sin minga rott. Sarà durà 10/15 secund al massim, el tempo de rendes cunt che quel che avevi appena sentì a l’era una bella scossa de terremot. Ti te restet lì blucà come ona statua de gess e te se guardet inturna quasi ad aspettà che succeda ammò quaj cos. Ma per fortuna, accumpagnà da un silensi general e che sottolineava, se mai che ne fudess stà bisogn, la paura che un pù quasi tuch avem pruvà, le conseguenze fisiche sin limità a un pù di tremarella e de diarea! Intant che me riprendi un pù, cuminci a tira su i liber e i alter robett che eren burlà giò e a guardam inturna: mur, port, finester, … ma, per fortuna, a ghera nient de rott. Impruvisament senti sunà alla porta: a l’era l’inquilina del pian de sota, la sciura Melia, che l’era vegnuda a dumandam se avevi sentì anca mì el terremot. Poveretta, a l’era tutta stremida, bianca me un strasc pena lavà e la tremava me na foja al vent. U cercà de dag un pù di conforto e de curagg ma se l’avess savù la fifa che avevi pruvà mì … Comunque, cara la mia gent, vedè i terremot e i so conseguens alla tv e sentì sulla propria pell quel boato che se avisina – BOOOM – e subit adrè i murr e i mobili che tremen … Forse sarà capità anche a vialter de sentì una quaj scussetta né? Bè, savì cosa ve disi? Che a mì quella scussetta lì la ma fa risparmià almen tri scatulett dela famosa magnesia! Gianfranco |
Ecco qualche esempio trovato in rete…
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