Articoli del giornalino n.1/2024 - Gennaio / Febbraio
STORIE DI PACE
La speranza è una bambina da nulla … è lei, quella piccina, che trascina tutto Qualche giorno fa una mia amica mi ha telefonato per dirmi che, la sera prima, ascoltando un servizio in TV sulla guerra tra palestinesi e israeliani, condotto a senso unico a favore di una parte, ha sentito montare in sé la rabbia spegnendo la Tv. La mattina dopo, riaccen-dendola, ha trovato la riproposizione dello stesso servizio e, di nuovo e puntuale, è tornata a montarle la rabbia. In effetti molti mass media alimentano il clima di conflitto e ci inducono a nutrire sentimenti di rabbia e odio: lo scontro di civiltà appare come inevitabile e la guerra l’unica soluzione. Noi però non dobbiamo cadere nella trappola: la rabbia e il desiderio di vendetta divorano il nostro spirito, frantumano l’immagine di Dio in noi e uccidono la nostra umanità. Io credo che dobbiamo imparare a disarmare il cuore e a guardare la storia da una diversa prospettiva: quella di Gesù sulla croce che dà la sua vita per ogni uomo e in ogni epoca. In questi tempi bui, non dobbiamo stancarci d’invocare la pace e di compiere gesti di pace; dobbiamo far emergere e dare risalto a quei fatti e a quelle storie che, qua e là, affiorano come barlumi di luce. Come la storia di Fadi, cristiano maronita, originario del Libano. Conobbi Fadi a New York, nel gennaio 1983; in quei giorni si era riacceso il pericolo della guerra nucleare tra URSS e USA, con il dispiegamento in Europa dei missili SS-20 sovietici e dei Pershing americani (euromissili). Tra noi giovani era forte il dibatto sulla pace e ci chiedevamo che posizione dovevamo assumere e che cosa dovevamo fare. Fadi ci raccontò la sua storia: nel Libano da anni infuriava la guerra civile tra cristiano-maroniti e arabi mussulmani, con stragi di civili da una parte e dall’altra. Il tutto acuito dalla presenza dei campi profughi dei palestinesi, scacciati dalla Giordania (settembre nero) e dagli interventi militari di Siria e Israele. Fadi venne catturato nel suo villaggio dalle milizie arabo-mussulmane che decisero di giustiziarlo affidandolo a un miliziano che, con il fucile in mano, lo condusse fuori dal villaggio, verso la fossa comune dove venivano gettati i corpi. Durante il tragitto, Fadi pensò a Gesù, che sulla croce aveva detto: “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno” e aveva donato la sua vita per ogni uomo. Anch’io sono alla fine della mia vita, si disse Fadi, non devo più pensare a me stesso, davanti a me c’è un altro uomo che posso amare. Così Fadi chiese al miliziano come si chiamasse, dove vivesse e cosa facesse prima della guerra. Il miliziano gli rispose, dapprima con diffidenza e durezza, poi incominciò a raccontagli di sé ed esternò tutta la sua disperazione. Gli disse che suo fratello era stato ucciso dai cristiani maroniti e che adesso lui cercava vendetta. Fadi ascoltava in silenzio e le parole cadevano in quel silenzio e la rabbia, la disperazione, lasciavano posto a un frammento di comprensione. Quando arrivarono alla fossa, il miliziano lo guardò negli occhi, abbassò il fucile e gli disse: “vai, sei libero”. Con Fadi ebbi modo d’incontrarmi ancora. L’ultima volta fu davanti ai tornelli della metropolitana, quando notai le sue mani, livide per il freddo e gli regalai i miei guanti. Ancora oggi dopo tanti anni porto nel cuore il suo sguardo limpido e profondo, uno sguardo che donava pace. Piccole storie, semi deposti nel cuore da cui può germogliare la speranza. Scriveva Charles Péguy: “La Speranza è una bambina da nulla che avanza tra le due sorelle grandi, la Fede e la Carità, senza neanche farsi notare ... ma è lei, quella piccina, che trascina tutto. Quando loro scendono lei sale … quando tutto scende solo lei risale e così le doppia, le decuplica, le allarga all’infinito”. Raccontiamo e viviamo storie di pace! Pietro Pinacci |
Comunicazione importante
Cari amici, nel porgervi anche a nome dell’intero Consiglio Direttivo i migliori auguri per un sereno e lieto anno nuovo, desidero anticiparvi delle importanti novità riguardanti alcune tematiche che sono state analizzate dal Direttivo della nostra associazione svoltosi nel pomeriggio del 12 dicembre. Come sapete, ormai da tempo è stata oggetto di discussione l’opportunità o meno di iscrivere la nostra associazione al Runts (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e, a tal proposito, abbiamo avuto un approfondito incontro con il consulente fiscale del CSV per valutare i pro e i contro di una nostra eventuale adesione. In sintesi estrema l’iscrizione al Runts offrirebbe l’unico vantaggio di poter godere di eventuali introiti economici derivanti da contributi comunali e/o dal 5/1.000 delle imposte Irpef. Poiché né l’una né l’altra di tali possibilità si sono mai fin qui verificate ed è altamente improbabile che si possano concretizzare in futuro, tutta una serie di onerosi obblighi che avrebbe comportato l’adesione al Runts ci hanno indotto a ritenere di dover, per il momento almeno, soprassedere all’iscrizione. Ciò peraltro comporta che, da un punto di vista economico, tutta l’attività dell’associazione debba essere finanziata dalle sole quote sociali e, anche in base alle risultanze dei nostri ultimi bilanci (con spese fisse mediamente di poco inferiori ai 5.000 €/anno), ciò risulterà possibile solo innalzando a €/anno 15 la quota annuale d’iscrizione a socio. Tale scelta è stata, benché a malincuore, unanimemente approvata dal Consiglio Direttivo. Un altro importante cambiamento, peraltro indipendente dall’iscrizione al Runts, è che d’ora innanzi ogni anno il Direttivo dell’associazione dovrà stabilire una data (tendenzialmente non superiore al primo trimestre del nuovo anno) entro la quale i soci avranno la possibilità di rinnovare la loro tessera o di iscriversi per la prima volta. Per il 2024 tale termine è stato unanimemente dal Direttivo indicato nel 31 marzo. Dopo tale data tutti i restanti ex soci dovranno essere depennati dal libro soci fermo restando che una loro eventuale adesione postuma (cioè successiva al 31 marzo) risulterà sempre possibile ma con emissione di una nuova tessera e previa ripresentazione della domanda (e conseguente compilazione dell’apposito modulo). Ovviamente la scelta di non iscriversi al Runts comporta la necessità di indire un’assemblea straordinaria per tornare a modificare lo statuto attualmente in essere. A tal fine il Consiglio Direttivo ha scelto la data dell’11 gennaio per la convocazione dell’Assemblea Straordinaria fissandola per le ore 7,30 in prima convocazione e per le ore 15,00 per la seconda facendo così combaciare la possibilità di rinnovare le tessere sociali e di partecipare, oltre che all’Assemblea con diritto di voto, anche alla successiva tombolata annuale che si terrà nei locali dell’oratorio della Parrocchia di Sant’Ambrogio ad Fontes al Villaggio Ambrosiano. Vi aspettiamo quindi numerosi e vi rinnoviamo i nostri sinceri auguri. Antonio Dallera |
Camminando tra affreschi e antica vestigia
Visita al monastero di San Maurizio Metti una città come Milano: la città per eccellenza dei capolavori nascosti. Metti una chiesa, conosciuta da pochi, in centro a Milano. Metti che un giorno, un gruppo di persone decidano di visitarla e se ne innamorino per i suoi capolavori, la sua storia, la sua particolarità. Arrivati in corso Magenta 15 ci troviamo davanti la Chiesa del Monastero di S. Maurizio. La sua facciata è sobria, “attenta a non attirare l'attenzione”. Ma, superata la soglia, si svela per quello che è. San Maurizio è molto particolare nella sua struttura e colpisce per la sua originalità. Era infatti la chiesa dell’ex Monastero Maggiore, il più vasto e antico cenobio femminile di Milano e fu iniziata nel 1503 non solo per la cittadinanza ma anche per le monache di clausura che però non potevano entrare in contatto con il pubblico. Ecco allora la singolare divisione della chiesa in due metà: quella verso la strada (la parte destinata ai fedeli) è separata da un tramezzo dal cosiddetto Coro delle Monache, riservato alle sole religiose (che sentivano Messa e si comunicavano grazie a una grata posta sul tramezzo stesso). Il convento era abitato da figlie di famiglie facoltose, obbligate al monachesimo per non disperdere il patrimonio. Al suo interno ogni centimetro quadrato è un capolavoro e ogni opera è connessa con storie e personaggi. Fu affrescata dai migliori artisti rinascimentali che operavano a Milano tra il 1510 e il 1575 circa molti dei quali dimostrano in alcune citazioni di aver subito il fascino della pittura di Leonardo da Vinci. In particolare gli affreschi di Bernardino Luini e figli sono la maggiore testimonianza dell'arte di questo artista a Milano. Tra i tanti capolavori ve ne raccontiamo solo alcuni perché chi ancora non conosce questa chiesa deve andare a visitarla di persona. Sull’altare maggiore “l’Adorazione dei Magi”, di Antonio Campi, ha sostituito una precedente opera di Bernardino Luini. Ad attirare l'attenzione dello spettatore non è tanto lo sguardo di S. Giuseppe o la curiosità del bambino Gesù, ma il sedere del cavallo dipinto in primo piano, un'insolita scelta del pittore che andava contro le convenzioni dell’epoca. L'invenzione piacque molto a Caravaggio che infatti copiò l'idea nel dipinto la "Conversione di Saulo". Stupendi gli affreschi sul tramezzo, tra cui “il martirio di San Maurizio” e “San Sigismondo che offre a San Maurizio il modello della chiesa”. Nella cappella dei Besozzi c'è un affresco che mostra la decapitazione di Santa Caterina d’Alessandria. Si narra che Bernardino Luini si fosse ispirato agli eventi di cronaca e scelse per il volto della santa quello di Bianca Maria Gaspardone, nota a tutti come la contessa di Challant. Oltre ai tradimenti e alle tante relazioni extraconiugali, la contessa fu accusata di aver richiesto l’uccisione di uno dei suoi amanti e per questo fu decapitata presso una delle porte laterali del Castello Sforzesco. Nel Coro delle monache ad attirare l'attenzione è il grande affresco “l’arca di Noè” con tanto di unicorni e “l'Annunciazione” che mostra, al posto della tradizionale colomba, un Gesù bambino che vola verso Maria. Finita la visita della chiesa, siamo usciti e, camminando abbiamo potuto ammirare le vestigia romane sulla quale il Monastero è stato costruito e anche qui abbiamo conosciuto una parte di Milano sconosciuta a partire dal circo. Poche città romane potevano vantare di possedere un circo, poiché era simbolo di un grande potere economico e militare visto il costo del mantenimento di una struttura così grande e dei cavalli. Nel Nord Italia, oltre a Milano, solo Aquileia possedeva un circo. Il circo romano di Milano era principalmente utilizzato per gare sportive a cavallo (guidati sia da bighe che da quadrighe) ed eccezionalmente per combattimenti tra gladiatori. Abbiamo quindi unito una visita culturale a una bella passeggiata per vie di Milano che nessuno di noi conosceva. A conferma che Milano ha tanto da offrire. Ora, tornati a casa, ci prepariamo per la prossima gita al palazzo Serbelloni Claudia Delissandri |
Un bel viaggetto di 2000 Km in Baviera…
Il giorno 5 ottobre siamo partiti da Segrate all'alba per un tour dei Castelli della Baviera lungo la "strada romantica". Dopo un comodo viaggio, intervallato dai necessari "pit-stop", siamo arrivati al Castello di Neuschwanstein (uno dei simboli della Baviera) fatto costruire dal "re delle favole" Ludwing II e reso ancora più famoso da Walt Disney che lo ha utilizzato nel suo cartone animato "La bella addormentata". Attualmente è stato anche stilizzato come logo della Disney. Il maestoso maniero ci ha stupiti per gli arredi delle sale interne e per il panorama circostante. Il confortevole hotel Best Western Plus a Fussen ci ha accolto per la cena e il pernottamento. Il secondo giorno siamo partiti per il Castello di Linderhof, dimora prediletta di Ludwing anche perché è l'unica che ha visto completata. La bellissima giornata assolata ci ha permesso di vedere in tutto il loro splendore i giardini e, una volta entrati nel Castello, è stato a dir poco faticoso trattenere le esclamazioni di meraviglia nel vedere le sontuose sale arredate in stile Rococò (sontuoso ma non kitch). Particolare è la sala degli specchi che sembravano rifletterla all'infinito. Il gruppo poi ha proseguito per la città di Augusta visitando il centro storico di questa città ricca e potente per secoli. Augusta è la terza città più importante della Baviera dopo Monaco e Norimberga. Abbiamo visitato il centro storico con la bella Rathausplatz su cui si affacciano il Municipio e la chiesa di St. Peter am Perlach. Da sottolineare il complesso residenziale cattolico "Fuggerei," una città nella città, costruito per cittadini indigenti di Augusta che ne avevano i requisiti. Fondato nel 1500 è tuttora abitato. In serata sistemazione all'hotel Dorint, imponente e altissima costruzione circolare che svetta sulla città. Il terzo giorno ci siamo diretti verso Norimberga, con sosta ai borghi medievali di Nordlingen e Dinkelsbuhl ben conservati e pittoreschi. Nel pomeriggio eccoci poi a Norimberga, città ricca di monumenti storici, rigorosa e affascinante, dove si rispira un’atmosfera medioevale con il Castello imperiale e la Cattedrale di San Lorenzo. Colpisce particolar-mente il contrasto con la zona legata agli eventi del nazismo e con la maestosità degli edifici che ne doveva sottolineare la grandezza. In serata siste-mazione presso il Novina Hotel che ci ha ospitato anche la notte successiva. Il giorno dopo visita a Wurzburg, situata in "zona vinicola" e punto di arrivo della strada romantica: la cittadina si presenta con cascate di fiori sotto ai lampioni che la rendono molto piacevole alla vista. Anche qui le bellezze artistiche non mancano! Affascina il vecchio ponte sul fiume Meno con vista, che a qualcuno ha ricordato Praga, sul Duomo di San Kilian. Spettacolare anche la Residenz, il sontuoso castello dei principi-vescovi quasi completamente ricostruita dopo la distruzione del 1945. Nel pomeriggio ci siamo imbarcati sul battello per una piccola crociera fino a Versthocheim dove abbiamo visitato il bel giardino Rococò e l'orto botanico con una fontana che ci ha deliziato con i suoi zampilli. Rientro in hotel e la mattina dopo partenza per l'Italia passando dalla Svizzera e non più dall'Austria come all'andata. Per il pranzo abbiamo sostato al Lago di Costanza con possibilità di shopping al vicino centro commer-ciale. Insomma abbiamo fatto un viaggetto di circa 2000 km, come ci ha detto il nostro autista Fabrizio che, prima di partire ogni mattina, ci offriva un dolcetto e ad ogni sosta si trasformava in un abile barman. In conclusione un ringraziamento ad Ornella e Giorgio per l'organizzazione, alla deliziosa e discreta accompagnatrice Silvia e ai compagni di viaggio per la simpatia e la puntualità (e non è poco per un gruppo così numeroso...). Un saluto a tutti e ... alla prossima gita. Naddia e Marisa |
Vivere l’Avvento
in un tempo di desolazione La sala al secondo piano dell’Oratorio di Santo Stefano era finalmente quasi piena giovedì 30 novembre. Circa trenta persone infatti, nonostante la giornata di pioggia, si sono riunite per ascoltare le parole di Padre Giuseppe Hernandez. La sua riflessione si è articolata in quattro momenti. Dapprima ci si è soffermati sulle problematiche che affliggono attualmente la nostra terra, quali le guerre in diversi punti del pianeta e i cambiamenti climatici che provocano enormi sofferenze, soprattutto ai più deboli e che minacciano l’esistenza dell’intera umanità. Si è passati poi ad esaminare il contesto culturale in cui hanno la radice questi mali: questo nostro tempo caratterizzato dal crollo delle ideologie quali il marxismo che prometteva il Paradiso in terra e dalla corsa sfrenata del consumismo alla sete di denaro e potere che avvelena e svuota di significato la vita delle persone. La parte centrale della riflessione si è focalizzata sulle ragioni della speranza che, nella religione cristiana, è fondata sulla resurrezione di Cristo e sulla sua vittoria sulla morte. Si è approfondita la tematica richiamando la visione di San Paolo ma anche le parole di Benedetto XVI nell’enciclica Spes Salvi. Inoltre ci si è soffermati sull’interpretazione del libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo che, nell’immaginario collettivo, è sovente centrata sugli eventi catastrofici e terrificanti e sulla visione di un Dio che punisce (raffigurata plasticamente nell’affresco del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina). Padre Giuseppe ha sottolineato come l’Apocalisse sia, piuttosto, il libro della speranza. L’Apocalisse è sì un grande affresco della storia dell’uomo e dei mali che l’affliggono ma ci dice anche che i tempi nuovi sono già iniziati e che Cristo è in cammino con noi nella storia: il male non prevarrà e la Gerusalemme nuova scenderà dal cielo, come dono (Ap. 21,2). Quest’ultima riflessione ci ha portato quindi a riconoscere i segni di speranza che emergono nella storia di oggi. Denso di significati e particolarmente toccante è stato il video delle donne israeliane e palestinesi del movimento “Women Wage Peace” che hanno marciato insieme per la pace in Terra Santa sulle note del canto “Preghiera delle Madri”. Al termine della conferenza abbiamo ringraziato padre Giuseppe: ognuno ha colto sfumature diverse nel suo discorso e spunti di riflessione che potremo sviluppare in questo tempo di Avvento. Poi tutti insieme nella sala attigua abbiamo gustato una fetta di panettone e ci siamo scambiati gli auguri di Natale. La buona riuscita di quest’evento e la … nutrita partecipazione ci incoraggia a proseguire su questa strada di conferenze non temendo di affrontare temi “forti” che toccano il cuore delle persone e che ci portano a riflettere sul significato della nostra storia personale e sulla storia dell’umanità nonostante tutto in cammino verso il Regno. Pietro Pinacci |
SALUTO A SILVANA
Alla fine dello scorso mese di ottobre, dopo una lunga e sfinente malattia, la signora Silvana Alberti, moglie del nostro presidente onorario Paolo Bontempi, ci ha lasciati nascendo al cielo e, liberata da ogni tormentoso dolore, tornando alla casa del Padre. Un’altra socia di “vecchia data”, ora non più residente a Segrate, ha voluto ricordarla con uno scritto che, ricordando la cara Silvana, volentieri condividiamo con i nostri soci. Ciao Silvana, adesso anche tu te ne sei andata! Ti ricordi quando, nei nostri viaggi, fantasticavamo di riunirci tutti in un grande casolare in Umbria per formare la “Comunità Paradiso”? Quanto ridere! Io, per schivare compiti troppo gravosi, mi ero autoeletta la “mente” della compagnia e avevo assegnato a ciascuno di voi le varie mansioni: a te, visto che eri brava a cucinare, avevo destinato la cucina. Noi ti avremmo aiutata ma … solo per modo di dire. In questo momento sarai senz’altro già alle prese con qualche pentolone perché gli amici che ti hanno preceduta ti avranno sicuramente accalappiata, messo il grembiulino e relegata tra i f0rnelli a cucinare cibi doverosamente “paradisiaci”. Quaggiù resta memorabile la tua cassoeula: quante verze preparate! Ma tu non sei stata solo una cuoca provetta: sei stata una vera amica, allegra, disponibile, altruista e generosa. Da te si poteva venire sempre; la tua casa era aperta a tutti e si poteva stare insieme in allegra compagnia. Ora sono sicura che anche voi lassù, come noi ancora qui, rivivrete i bei momenti trascorsi fatti di gioia, di risate, di passeggiate e, naturalmente, anche di mangiate. Una piccola preghiera: ogni tanto buttate un occhio su di noi, non lasciateci da soli a confortarci quando la vostra mancanza diventa troppo triste da sopportare. Grazie! Marisa Resteghini |
Mantova: diario dal centro storico
Dopo un ottimo pranzo al ristorante “Materia Prima”, la nostra guida Liliana ci ha raggiunti per condurci alla scoperta del centro storico. Siamo partiti da Piazza Mantegna dove la nostra bravissima guida ha introdotto la visita con il racconto storico della crescita economica e culturale della città. Nel 1400, in pieno Medioevo e quando ancora la zona era paludosa e poverissima, i monaci Benedettini si insediarono e iniziarono a lavorare la lana e, più precisamente, i panni di lana da cui poi nacque la congregazione dei Lanaioli. Quest’ultima nel tempo divenne molto potente e influenzò a tal punto tutta la città che partecipò e si impegnò nella produzione e nel commercio della lana creando ricchezza e benessere per tutta la comunità. Abbiamo proseguito verso Piazza delle Erbe, vero cuore della città, su cui si affacciano la Basilica di Sant’Andrea, il Palazzo della Ragione con la Torre dell’Orologio, la Rotonda di San Lorenzo e il Palazzo Boniforte. La Basilica di Sant’Andrea apostolo fu progettata e costruita nel 1472 da Leon Battista Alberti per ordine dei Gonzaga per accogliere le reliquie del Sangue di Cristo. La facciata è uno dei massimi esempi di architettura rinascimentale, la Cripta e il Presbiterio invece risalgono al 1500 mentre la Cupola è del 1700. L’interno a croce latina ha un’unica navata con volta a botte e sotto la Cupola si intravede la cripta dove sono custoditi i Sacri Vasi con la reliquia del Sangue di Cristo. Delle sei cappelle allineate sui fianchi, una è il mausoleo del Mantegna qui sepolto nel 1507. Nel Palazzo della Ragione (XIII sec.), dove si amministrava la giustizia, spicca la Torre dell’Orologio, primo orologio pubblico (seconda metà del XV secolo) con le fasi lunari, la congiunzione dei pianeti e i segni zodiacali a lettura astrologica. La Rotonda di San Lorenzo, monumento antico costruito nell’XI secolo per volontà di Matilde di Canossa, è ispirata al modello del Santo Sepolcro di Gerusalemme ed è rimasta per secoli inglobata e oscurata dalle case del Ghetto per essere finalmente riportata alla vista dopo il restauro nel 1926. Il Palazzo Boniforti, detto anche casa del Mercante Milanese, è uno degli edifici privati più antichi della città ed è situato di fronte alla Basilica di Sant’Andrea. L’edificio decorato in cotto fu fatto costruire dal mercante brianzolo nel 1455 in stile gotico, con fregi dorati e con un porticato rinascimentale. Proseguendo verso piazza Sordello (prima fondazione Etrusca) abbiamo percorso i portici animati da locali e bancarelle dove un tempo c’erano le Botteghe e le case degli artigiani affrescate a colori vivaci. Un passaggio coperto, detto Sottoportico dei Lattonai, collega gli edifici al Palazzo del Podestà eretto nel 1227 dove abbiamo ammirato la statua del poeta latino Virgilio, originario di Mantova e simbolo di giustizia. Non lontano svetta ben visibile la Torre della Gabbia dove venivano imprigionati e messi alla gogna i malfattori. Eccoci poi in Piazza Sordello con sul lato sinistro il Palazzo dei Bonacolsi, dimora storica della famiglia che dal Medioevo detenne il potere sulla città fino all’arrivo dei Gonzaga. Appena più avanti abbiamo trovato il Palazzo Arcivescovile (esattamente di fronte a Palazzo Ducale) e il Museo Diocesano intitolato a Francesco Gonzaga dove viene conservato il tesoro del Duomo che meriterebbe una visita dedicata. Il Duomo, edificato nel 1395 su commissione di Francesco Gonzaga e dedicato a San Pietro, domina Piazza Sordello. Fu costruito sulla chiesa romanica di San Pietro di cui si conservano solo le strutture murarie e il campanile mentre il fianco destro è in stile gotico fiorito. L’attuale facciata, in marmo di Carrara, è in stile Barocco (1756) e contrasta con il campanile romanico e i fianchi gotici. L’interno, diviso da colonne corinzie in cinque navate, ha soffitto a cassettoni e una cupola su progetto di Giulio Romano per il cardinale Ercole Gonzaga dopo l’incendio del 1545 mentre la Cappella del Santissimo Sacramento, legata al culto della reliquia del sangue di Cristo, risale al XVII° secolo. Giunti al termine della giornata eravamo tutti un po’ stanchi e infreddoliti ma ancora una volta soddisfatti e più ricchi di bellezza. Susanna |
IL GALATEO DI OGGI
Il galateo di Monsignor Giovanni Della Casa (1503 – 1556) aveva il compito di insegnare al pubblico di allora le buone usanze e il buon comportamento delle persone. Parlare di galateo oggi sembra una cosa un po’ anacronistica perché dà l’impressione che si parli dei tempi che furono. Nel 1987 Donato Lucifora scrisse “Il Galateo oggi” (tradotto poi in diverse lingue) e i suoi consigli sono molto in sintonia con il nostro vivere quotidiano (il nostro “bon ton”). Non si occupa solo di cose pratiche (es.: come si apparecchia la tavola, come si devono fare le presentazioni, etc…) ma ci suggerisce modalità per la nostra vita pratica. Per esempio l’autore dice di non dare giudizi avventati denigrando l’interlocutore con qualche appellativo oppure dichiarando “Io dico la verità a tutti i costi e non m’importa niente” trasformandoci così in persone indelicate e sfacciate o, ancora, cercando di essere spiritosi a tutti i costi e, in ultima analisi (cosa che si fa spesso!), occorre cercare di evitare di fare l’elenco di tutti i malanni che ci affliggono e di continuare a parlare solo di noi e delle nostre cose. Il nuovo galateo (chiamato ora Bon Ton) sovverte anche certe usanze o modi di dire che non hanno più la valenza di un tempo. Per esempio: non si deve più dire “Buon appetito” quando ci si incontra per un pranzo! Infatti, un tempo lontano, per gli aristocratici la tavola era un’occasione per conversare e creare conoscenze. La nobiltà non arrivava affamata a tavola e, quindi, augurare “buon appetito” era una scorrettezza (e lo è anche adesso). Tutti noi abbiamo ascoltato il Papa quando fa la sua omelia e chiude il discorso in Piazza San Pietro dicendo: “Buon pranzo!” e non “buon appetito”! Dire “salute” a chi starnutisce è visto come un gesto indelicato. E’ chi starnutisce che dovrebbe chiedere scusa per questo personale inconveniente. Incontrando una persona nuova si è soliti dire “Piacere” ma non si sa se sarà veramente un piacere per cui “piacere” si potrà dirlo alla fine del discorso se le cose saranno andate bene! In fin dei conti, il Bon Ton ci insegna che dobbiamo cercare di fare del nostro meglio per essere sempre e in ogni occasione persone di buon senso. Questa è una regola universale che si adatta sempre bene in tutte le stagioni della nostra vita! Fernanda |
Ecco alcuni nomi…particolari tovati sui campanelli delle nostre case!