Articoli del giornalino n.2/2024 - Marzo/Aprile
IL CAMMINO DELL’UOMO
<< L’universalità di Dio consiste nella molteplicità infinita dei cammini che conducono a Lui, ciascuno dei quali è riservato a un uomo. >> Martin Buber Nell’eremo sulla riva del torrente, sul limitare del bosco, viveva un anziano eremita. Negli anni aveva raggiunto la fama di saggio: molti lo andavano trovare per chiedergli consiglio riguardo alla propria vita. Marco, novizio di un monastero benedettino, da qualche tempo era tormentato da una strana inquietudine. Cosa vorrà il Signore da me, si domandava, cosa devo fare per piacergli, quali opere devo compiere? A mano a mano che si avvicinava il tempo di profferire i voti, sentiva crescere l’agitazione. Così decise di far visita all’eremita. Forse lui saprà leggere nel mio cuore, si disse, e indicarmi la via da seguire. A lungo parlò il novizio e, con stupore, si accorse che raccontava cose che non aveva mai confidato a nessuno. Quando terminò il suo racconto, l’eremita rimase a lungo in silenzio. Poi, repentinamente, gli chiese: “Ma tu, a chi vorresti assomigliare?”. Il novizio lo guardò stupito. “Non so”, rispose, “forse al nostro padre Benedetto. Sì, vorrei essere perfetto nell’osservare la regola e, come lui, fondare monasteri per dare gloria al Signore”. L’eremita lo guardò e sorrise. “Ho detto qualcosa di sbagliato? O forse è troppo l’ardire?” disse il novizio. “No, hai detto bene, ma c ’è qualcosa di più; vieni con me”. L’eremita prese il suo bastone e si incamminarono lungo il torrente. Dopo un po’ si fermarono davanti a una pozza d’acqua stagnante. “Cosa vedi?” domandò l’eremita. “Nulla” rispose il novizio “l’acqua è troppo torbida”. Ripresero il cammino e, poco dopo, si fermarono davanti a una cascatella. “Cosa vedi?” domandò l’eremita. “Nulla”, rispose il novizio, “la schiuma m’impedisce di vedere il fondo”. Allora s’inoltrarono nel bosco e si fermarono davanti a uno specchio d’acqua calma, in un anfratto tra le rocce. “Cosa vedi?” domandò ancora l’eremita. “Nulla, c’è troppo buio” rispose sconfortato il novizio. “Vieni”, disse l’eremita, “riposiamo un poco”. Si sedettero sull’erba e rimasero in silenzio. Si avvicinava l’ora del tramonto e il buio si fece ancora più fitto. All’improvviso un raggio di sole filtrò tra le rocce e si posò sull’acqua. Una libellula dorata disegnava arabeschi di luce; un pesce guizzò in alto, poi si ritrasse tra i sassi, là sul fondo dello stagno. Il novizio si alzò in piedi, si sporse verso lo specchio d’acqua e, nitidi, riconobbe i tratti del suo volto. “E, adesso, cosa vedi?” chiese l’eremita, per un’ultima volta. “Sì, è la tua immagine, svelata da un raggio di sole. E’ questo che Dio vuole da te: illuminato dalla sua grazia, scaldato dal suo amore, far rifulgere l’’immagine che ha pensato dall’eternità. Di Benedetto ce ne già stato uno; ha compiuto il suo disegno, non serve una sua copia. Il Signore ti ha tratto dal nulla e ha soffiato in te la vita. E la vita, in te, si è manifestata in modo unico e meraviglioso. Guarda il cielo: pullula di stelle. Alcune più luminose, altre meno, ognuna in una posizione diversa. Insieme compongono le costellazioni, dicono bellezza e armonia. Se mancasse una sola stella, il disegno sarebbe incompiuto. Vai, là dove il Signore ti ha posto, per costruire il suo Regno. Sacra è ogni vita, sacro ogni suo attimo”. Sul volto del novizio scese una lacrima. Abbracciò l’eremita, lo ringraziò e tornò al monastero. Quella sera era di turno in cucina e incominciò a pelare le patate. A ogni gesto il suo cuore sobbalzava, come la prima volta che nella cappella aveva intonato un salmo. Nel segreto intesseva un dialogo d’amore con il suo Creatore. Un‘allodola si posò sul davanzale e, piano piano, si avvicinò al novizio. Il novizio l’accarezzò. Sommessamente, scaturì un canto di lode. Pietro Pinacci |
CAPODANNO A PALERMO
Cosa fate a Capodanno? Sto organizzando una gita a Palermo: perché non venite anche voi? Ed è stato così che lo scorso settembre abbiamo deciso di iscriverci a una gita del famoso, almeno per noi, gruppo degli Anziani d’Egitto. Poi non ci abbiamo pensato più sino al momento di partire visto che l’unica nostra preoccupazione sarebbe stata la preparazione delle valigie e la prenotazione del taxi che ci portasse all’aeroporto. Sveglia prima dell’alba e, dopo un viaggio veloce, siamo arrivati a Palermo che ci accolti con un clima, per noi che veniamo dal nord, decisamente primaverile. All’arrivo abbiamo trovato ad aspettarci il nostro autista e, una volta a bordo del pullman, abbiamo conosciuto Francesca, la nostra informatissima guida con cui abbiamo iniziato subito a scoprire la città. La prima tappa è stata il palazzo dei Normanni, sede dell’assemblea regionale siciliana, che ospita al suo interno la Cappella Palatina quasi interamente rivestita di meravigliosi mosaici dorati. Francesca ci ha fatto notare l’influenza sull’architettura del palazzo dei vari popoli che hanno governato la Sicilia: Bizantini, Arabi e Normanni. Abbiamo visto anche le sale che attualmente sono destinate a funzioni istituzionali quali l’assemblea della presidenza e degli assessorati. Il giorno dopo siamo andati a Monreale dove abbiamo visitato il Duomo e, anche qui, abbiamo ammirato degli splendidi mosaici e visitato anche il bellissimo chiostro costruito dai Benedettini. Ci siamo poi diretti verso Cefalù, delizioso paese sul mare dove abbiamo visitato il Duomo che è stato fatto edificare da Ruggero II nel 1200 perché potesse diventare in futuro il suo mausoleo. Abbiamo consumato un ottimo pranzo a base di pesce e poi abbiamo passeggiato per il paese e visto gli interessanti lavatoi di epoca medievale. Il terzo giorno abbiamo visitato palazzo Steri (già sede del tribunale dell’inquisizione) e abbiamo visto le celle con ancora dei graffiti sul muro disegnati dai prigionieri. Successivamente ci siamo recati al vicino Palazzo Abatellis, sede della galleria d’arte della Regione Sicilia. Si tratta di un museo ricco di opere d’arte che, tra l’altro, custodisce il grande affresco del trionfo della morte e l’annunziata di Antonello da Messina. Nel pomeriggio alcuni di noi sono andati ad ascoltare il concerto al teatro Massimo. Alla sera grande cenone con abiti eleganti e un ricco menù con i rituali brindisi e baci di mezzanotte. Purtroppo non è stato possibile infilarci nella festa in piazza e vedere il concerto di Elodie perché le transenne erano chiuse. Peccato! Il primo dell’anno Francesca ci ha permesso di riposare fino a tardi e così ci siamo incontrati verso le 10,30 e siamo andati a visitare alcune chiese del centro di Palermo: quella di Santa Caterina d’Alessandria, quella del Gesù o Casa Professa e quella di Santa Maria dell’Ammiraglio detta Martorana. Poi abbiamo fatto una passeggiata nel mercato di Ballarò dove, alcuni di noi, hanno gustato cibi di strada tradizionali: pane e panelle, panino con la milza e crocché nonché dolcetti vari. Francesca ci ha detto che in epoche passate in questo quartiere convivevano pacificamente mussulmani, ebrei e cristiani e questo fatto è ancora oggi evidente perché i nomi delle strade sono scritti in tre lingue. L’ultimo giorno abbiamo visitato la cosiddetta palazzina cinese fatta costruire alla fine del diciottesimo secolo dal Re Ferdinando III di Borbone come sua residenza di svago e la Villa Malfitano fatta costruire tra il 1885 e il 1889 da Giuseppe Whitaker, ricchissimo imprenditore discendente da una famiglia inglese stabilitasi a Palermo nella seconda metà del XIX secolo. La villa in stile neoclassico, è circondata da un grande parco e ospita una collezione di mobili antichi, oggetti d’arte, arazzi, porcellane, ecc… Attualmente la villa è di proprietà di una fondazione istituita dalla figlia di Whitaker. Penultima tappa del nostro viaggio è stata al Monte Pellegrino e al santuario di Santa Rosalia detta Santuzza, patrona della città. Il viaggio si è concluso con una rapida visita a Mondello, graziosa cittadina balneare vicino a Palermo. E’ stata proprio una bella vacanza: ci siamo divertiti e siamo stati in ottima compagnia. E cosa dire di Ornella e Giorgio che conosciamo da tantissimo tempo ma non avevamo mai visto nel ruolo di accompagnatori di un gruppo? Possiamo dire che sono stati veramente bravi, attenti a tutte le necessità di ognuno di noi, mettendocela tutta per risolvere qualsiasi problema si presentasse e tutto questo sempre col sorriso sulle labbra. Grazie ancora ragazzi!!! Rita e Peter Marcucci |
Dedicato ad una nostra grande amica scrittrice
L’ANGOLO DI FERNANDA L’IRA L’ira è uno dei sette vizi capitali (con superbia, avarizia, lussuria, gola, invidia e accidia) e, nel vangelo di Matteo, è celebre l’ira di Gesù che scacciò i mercanti dal tempio di Gerusalemme accusandoli di farvi mercimonio. A questo punto possiamo chiederci: l’ira è sempre un vizio da combattere? Non necessariamente e, tuttavia, sono diversi i fattori che potrebbero fare diventare l’ira sbagliata e pericolosa: se ci arrabbiamo per cose non importanti, se ragioniamo in modo sproporzionato o d’impulso e senza riflettere. San Tommaso parla dell’ira nella “Questione 46 della Somma Teologica” e ci ricorda che l’ira non nasce senza essere provocata da un dolore o da una tristezza e, perciò, è facile che ci sfugga di mano perché non ascolta la ragione. Per spiegarci meglio l’ira San Tommaso (filosofo e teologo) ci invita a guardare gli ubriachi. Se sono molto ubriachi perdono il controllo della ragione e non si adirano perché non sono in grado di fare alcuna valutazione sui motivi che scatenano l’ira. Invece coloro che sono solo leggermente ubriachi si adirano perché l’alcol altera la loro percezione di torti subiti reali o presunti. A volte l’ira si scatena perché ci sentiamo disprezzati. Aristotele (384 – 322 a.C.), filosofo dell’antica Grecia, nel suo libro “Etica Nicomachea” dice che adirarsi è facile ma che non è di tutti adirarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel momento giusto e per una giusta causa. Quindi ci è richiesto uno sforzo di dominio su noi stessi ancora più grande per non adirarsi. La saggezza popolare suggerisce di contare fino a dieci prima di lasciarci andare a uno scatto d’ira per preservare il nostro benessere spirituale anche perché potremmo fraintendere (in modo errato) le relazioni del nostro interlocutore. In questo nostro mondo dove molte ideologie confliggono fra di loro, l’ira trova un terreno fertile per questa fragile umanità. Fernanda LA CULTURA Nella giornata mondiale della pace del primo gennaio 2021, Papa Francesco ha parlato di cultura come “percorso di pace e strumento per debellare l’indifferenza, lo scarto e lo scontro”. Il Presidente della Repubblica ha sottolineato che “la cultura è tutt’altro che una condizione statica e inerte, che si nutre di confronto e si sviluppa nel dialogo e nelle relazioni”. Quel dialogo che oggi sembra così complicato dal troppo parlare in monologhi di egocentrismo e indifferenza. Ma essere “acculturati” non significa accumulare erudizione per esibirsi come primi della classe perché l’autentica cultura è la capacità di usare quanto si è appreso e utilizzarlo per cambiare e migliorare noi stessi. Ci aiuta a correggerci quando sbagliamo e a non desiderare di sottomettere gli altri alle nostre aspettative. La cultura ci insegna a ricordare i nostri limiti, ci ricorda che le nostre certezze possono non coincidere con la verità e ci suggerisce di imparare da chi ne sa più di noi. La società moderna ha bisogno della “cultura dell’ascolto” perché ascoltare non vuol dire abbandonarsi al relativismo del consenso dei tuttologi ma confrontarsi con loro e sapere definire con rispetto i nostri confini accettando i loro. “La cultura è un tesoro che seguirà il suo possessore in qualsiasi luogo” (proverbio). SAPER RICONOSCERE I NOSTRI ERRORI Alessandro Manzoni diceva che “E’ men male l’agitarsi nel dubbio che riposar nell’errore”. L’errore più grande è quello di sottovalutare l’errore. Noi facciamo quotidianamente errori mentali, intellettuali e di ragione. Gli errori mentali sono tipici di coloro che dicono di non sbagliare mai, che sanno d’aver sempre ragione e che, quando devono trovare le cause dei propri mali, sostengono che non sia colpa loro. Gli errori intellettuali sono quelli che in ogni circostanza interpretano la realtà come piace a loro: “Questo è giusto perché io vedo il mondo così”. Gli errori della ragione sono infine quelli imperfetti dal punto di vista logico. Se io dico che x è uguale a y, devo analizzare eventuali divari che potrebbero dimostrarne la diversità. Si ragiona spesso per stereotipi e condividiamo idee per gruppi di appartenenza culturale o politica. Nel libro del filosofo francese Edgar Morin “I sette saperi necessari”, si parla di un sapere particolare per l’essere umano: il saper riconoscere i propri errori. Credere di sapere tutto ci può far sbagliare e impedirci di imparare e di migliorare. Questo ce lo diceva già il filosofo greco Epitteto (50 – 135 d.C.). Se fosse vissuto in questi nostri tempi chissà cosa avrebbe pensato di tutti quei tuttologi che sono in circolazione! |
IL COMPONIMENTO
Il mio breve racconto è una storia realmente avvenuta e si svolge presso le aule di ripetizione dell’Oratorio Santo Stefano, presso la mia cittadina di Segrate.
A una bambina di seconda elementare, la maestra aveva detto di farsi aiutare perché aveva presentato un cattivo componimento.
Ebbene la maestra le aveva chiesto di scrivere cosa vedeva dalla finestra della sua abitazione e lei aveva scritto: “Io vedo il muro” e aveva consegnato il componimento.
Io le ho consigliato di lavorare con la fantasia: alzare gli occhi al cielo e vedere il sole, la luna, le stelle o le nuvole. Inventarsi di vedere dei bambini che corrono nel prato, una montagna con gli sciatori, il mare con i nuotatori, un bellissimo disegno tutto colorato che i grandi chiamano murales.
Vedi alla tua età nel componimento “Descrivi come hai trascorso le vacanze in montagna” io, che non avevo mai visto le montagne, utilizzai la mia immaginazione; scrissi che con i miei genitori ci eravamo recati con la nostra macchina sull’Etna, a Catania; che scendevamo a valle con gli sci e lo slittino; che con le fiaccole di notte si sciava insieme con gli altri, divertendoci moltissimo e che mantenevo i contatti telefonicamente con gli amici rivedendoli in montagna.
La mia maestra era a conoscenza che mio padre purtroppo era malato e, inoltre, che non avevamo economicamente le possibilità di recarci in vacanza; che non possedevamo la macchina né tantomeno il telefono in casa.
La bimba mi ha risposto: “Non bisogna mentire”.
Allora le ho spiegato che non è una bugia scrivere utilizzando la propria fantasia ma lei insisteva che la maestra e i genitori sostengono che bisogna dichiarare soltanto la verità e mai le bugie.
Ho confermato che i genitori e la maestra hanno ragione perché non bisogna nascondere loro nulla.
In questo caso però era diverso e alla fine sono riuscita a convincerla e per premio le ho regalato un calendario di quest’anno.
Lei mi ha ringraziato sorridendo e dicendomi: “In casa nostra abbiamo ancora il calendario dell’anno scorso, ma i giorni non corrispondono!”
Deliziosa.
Gianna Distefano
Tratto dal libro: Racconti sparsi di Giò, di Gianna Distefano. Rudis Edizioni.
Il mio breve racconto è una storia realmente avvenuta e si svolge presso le aule di ripetizione dell’Oratorio Santo Stefano, presso la mia cittadina di Segrate.
A una bambina di seconda elementare, la maestra aveva detto di farsi aiutare perché aveva presentato un cattivo componimento.
Ebbene la maestra le aveva chiesto di scrivere cosa vedeva dalla finestra della sua abitazione e lei aveva scritto: “Io vedo il muro” e aveva consegnato il componimento.
Io le ho consigliato di lavorare con la fantasia: alzare gli occhi al cielo e vedere il sole, la luna, le stelle o le nuvole. Inventarsi di vedere dei bambini che corrono nel prato, una montagna con gli sciatori, il mare con i nuotatori, un bellissimo disegno tutto colorato che i grandi chiamano murales.
Vedi alla tua età nel componimento “Descrivi come hai trascorso le vacanze in montagna” io, che non avevo mai visto le montagne, utilizzai la mia immaginazione; scrissi che con i miei genitori ci eravamo recati con la nostra macchina sull’Etna, a Catania; che scendevamo a valle con gli sci e lo slittino; che con le fiaccole di notte si sciava insieme con gli altri, divertendoci moltissimo e che mantenevo i contatti telefonicamente con gli amici rivedendoli in montagna.
La mia maestra era a conoscenza che mio padre purtroppo era malato e, inoltre, che non avevamo economicamente le possibilità di recarci in vacanza; che non possedevamo la macchina né tantomeno il telefono in casa.
La bimba mi ha risposto: “Non bisogna mentire”.
Allora le ho spiegato che non è una bugia scrivere utilizzando la propria fantasia ma lei insisteva che la maestra e i genitori sostengono che bisogna dichiarare soltanto la verità e mai le bugie.
Ho confermato che i genitori e la maestra hanno ragione perché non bisogna nascondere loro nulla.
In questo caso però era diverso e alla fine sono riuscita a convincerla e per premio le ho regalato un calendario di quest’anno.
Lei mi ha ringraziato sorridendo e dicendomi: “In casa nostra abbiamo ancora il calendario dell’anno scorso, ma i giorni non corrispondono!”
Deliziosa.
Gianna Distefano
Tratto dal libro: Racconti sparsi di Giò, di Gianna Distefano. Rudis Edizioni.
PALAZZO SERBELLONI:
UNA BELLEZZA NASCOSTA Guardando la facciata esterna del palazzo, all'inizio di c.so Venezia, non ti aspetteresti la bellezza nascosta nel suo interno, perché è un neoclassico molto sobrio. Edificato negli anni 1660-70 è una delle tante dimore eccellenti che fiancheggiavano il viale, chiamato allora corso di Porta Orientale, attraverso il quale transitava l'Arciduca Ferdinando D'Austria, quando, da palazzo Reale si spostava nella residenza di caccia alla Villa Reale di Monza. Dovendo risultare edifici di rappresentanza vennero costruiti in regime d'esenzione. Tanto per dire che allora, come oggi, il popolo si sobbarcava la maggioranza degli oneri che venivano “scansati" dai più abbienti. In un angolo del cortile, il fondatore della casata Gabrio I, capitano di ventura, gonfa-loniere delle truppe pontificie e cavaliere di Malta, saluta i visitatori, rap-presentato in un bel busto mar-moreo. Sarà proprio lui, imparentandosi con Busto Arconati, a dar inizio alla discendenza milanese dei Serbelloni, consacrata poi alla nobiliarieta' lombarda dal figlio di Gabrio III, Gian Galeazzo, che sposa una Visconti e fa portare a termine i lavori del palazzo. L'architetto Cantoni aveva il problema della planimetria, dato che uno dei lati era percorso dal Naviglio e non risultava perpendicolare rispetto al corso. Ideò perciò un trapezio rettangolo con facciata diagonale. Attraverso una bellissima scala ellittica si sale al primo piano, aperto al pubblico. In una delle sale di rappresentanza compare lo stemma familiare che comprende: un cervo, forse dallo spagnolo “cerbellon" da cui Serbelloni, una pianta di sorbo, lo stemma comunale, il biscione visconteo, la scritta SPQR (riservata ai cittadini romani) e la croce di Malta. Si passa poi in una scenografica e immensa sala da ballo, detta: “salone napoleonico". Nel 1776 furono ospitati a palazzo Napoleone e la moglie Giusep-pina, in realtà il salone all'epoca non era completato. Due balconcini nelle pareti corte, contrapposte, ospitavano cantanti, coristi e orchestrali durante lo svolgersi delle feste. I pavimenti sono ancora originali, come i maestosi lampadari in cristallo di Boemia. I rivestimenti però non sono in vero marmo, ma in scagliola. Per un lungo periodo del ‘900 una zona del palazzo è stata sede del Circolo della Stampa. La famiglia decise poi di togliere ogni arredo, affittando le sale per eventi e ricevimenti privati. Una di queste prende nome dal Parini che fu precettore di Gian Galeazzo, al quale si ispirò per il suo “giovin signore". Pare sia stato allontanato a seguito di pettegolezzi insistenti circa un probabile adulterio, che riguardavano la madre del suo discepolo M. Teresa Vittoria Visconti. Al termine delle sale, due boudoir concludono il percorso. Il secondo è una vera chicca, vi son rappresentate, ad opera di Francesco Podesti, le vicende romantiche di Amore e Psiche alternate a fregi e ricchezza di decori. Affreschi splendidamen-te conservati che allietano lo sguardo. Da ultimo, un'uscita sul giardino interno col suo piccolo “mausoleo", ci ha consentito di intravedere per un attimo un paio di eredi della famiglia, ora Gola-La Latta, attuali residenti di un'ala del palazzo, salire sulla loro Porsche e uscire verso il corso, sottraendosi in fretta ai nostri occhi curiosi. Elisa Vigevano |
Conoscete gli alimenti
che stimolano i processi cognitivi? Può capitare, soprattutto con l’avanzare dell’età, di non avere una buona prontezza mentale, di dimenticarvi di qual sa o di avere difficoltà nel concentrarvi. Ecco che l’alimentazione ci viene incontro: alcuni cibi, infatti, grazie alle loro proprietà, favorlscono memoria e concentrazione. Eccone alcuni! Il pesce Possiedono un’alta concentrazione di Omega-3, che favorisce un corretto funzlonamento dei neuroni. Il pesce è quindi ottimo per la nostra concentrazlone. La frutta secca La maggior parte della frutta secca contiene acidi grassi essenziali che aiutano il nostro cervello a funzionare nel modo migliore. In particolare, le noci contenqono il ferro, che aiuta la concentrazione e la capacità di immagazzinare lnformazioni. Le verdure crocifere Cosa sono le verdure crocifere? Cavoli, cavoletti e broccoli: sono grandissimi alleati della memoria c della nostra salute mentale. Il cioccolato fondente Il cioccolato fondente aumenta il flusso di sangue al cer ello e ci mantiene pronti a ricevere informazionl utili. Per quest o motivo, questo alimento può aiutarci a sviluppare lc nostre capacità di apprendimento. Gli spinaci Chi spinaci coni c ngono una buona quantit à di acido folico, che previene l’invecchiamento mentale e favorisce lo sviluppo della memoria moria. I frutti rossi Mirtilli, more, lamponi, robes, fragole e ciliegie contengono fito-nutrienti e antiossidanti che migliorano l’attività dei nostri neuroni favorendo la concentrazione. I legumi I legumi contengono grandi quantità di proteine, che aiutano il cervello. Inoltre, anche questi alimenti contengono l’acido folico, che è un ottimo alleato per la memoria. Ringraziamo la fonte, il sito altraeta, accessibile all’indirizzo web https://altraeta.it/ |
MANTOVA, LENTA E AFFASCINANTE
Mantova è una città di provincia che sempre affascina e stupisce. Sabato 25 novembre vi abbiamo trascorso una giornata con visita a Palazzo Ducale alla mattina e giro in centro città e shopping nel pomeriggio. La visita a Palazzo Ducale è stata molto istruttiva e interessante. La guida preparata è stata molto esaustiva e ha illustrato molto bene le varie stanze, i saloni e i molteplici appartamenti del palazzo collocandoli nel periodo storico corrispondente alle vicissitudini della famiglia Gonzaga e non solo. La particolare Camera degli Sposi ci ha lasciati a bocca aperta nel guardare all’insù gli affreschi del Mantegna che occupano tutte le volte del soffitto e tutte le pareti adeguandosi perfettamente ai limiti architettonici dell’ambiente. Sembrava quasi che lo spazio fosse dilatato fino all’esterno del castello: bello, bello, bello!!! Una città con il fiume è lenta e affascinante e Mantova esprime tutta la sua provincialità nella finezza dei suoi negozi e dei suoi luoghi di ritrovo. Sicché, dopo un pranzo ottimo in un ristorante in centro, la visita pomeridiana è stata accompagnata dalla stessa guida sempre pronta a garantire spiegazioni esaurienti. Su un lato della grande e centrale Piazza Sordello, il Duomo, la cattedrale di San Pietro Apostolo, con la sua facciata in marmo bianco è molto imponente e ne vale la visita. Ma, più che altro, lo shopping nei negozi in centro è avvenuto all’insegna del gusto. Zucca e sbrisolona hanno fatto le parti del leone, ma nei negozi/boutique sotto i portici del centro erano esposte tutte le prelibatezze tipiche di un territorio ricco e generoso. Non molto soddisfacente il Mercatino di Natale, per chi lo ha visitato, perché privo di articoli natalizi con solo esposizione e vendita di prodotti gastronomici. Del resto, non si va a Mantova per i mercatini di Natale ma per la sua storia, per la sua architettura e la sua arte. Ci torniamo? Anna Sandrone |
Questa volta eccoci in compagnia del grande filosofo Snoopy…